HIV nel cervello: dalla speranza alla prudenza
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HIV nel cervello: dalla speranza alla prudenza
HIV nel Cervello: dalla speranza alla prudenza
Con l’introduzione della terapia antiretrovirale di combinazione (ART) la demenza associata all’HIV e’ ampliamente comparsa nelle pratica clinica. Tuttavia, negli ultimi anni, pazienti da lungo tempo in ART inclusi quelli con un’infezione molto ben controllata, hanno cominciato a lamentare leggeri problemi di memoria e lentezza, difficolta’ nella concentrazione, pianificazione e multiattivita’. Studi neuropsicologici hanno confermato che il danneggiamento cognitivo avviene in una sostanziale (dal 15 al 50%) proporzione di questi pazienti.
In aggiunta, il danneggiamento neurocognitivo puo’ riguardare l’aderenza al trattamento e per ultimo dare luogo ad un’aumentata morbilita’.
Brevemente dopo l’infezione primaria l’HIV-1 entra nelle cellule mononucleari del cervello, e si colloca nei macrófagi perivascolari e cellule microgliali. La replicazione dell’HIV-1 in queste cellule porta all’immunoattivazione e la produzione di proteíne virali ed infiammatorie che eventualmente conducono al declino cognitivo e disfunzione motoria in un certo numero di pazienti.
Mentre nella periferia le cellule T di memoria centrale sono il maggior reservoir del virus, le cellule T normalmente non risiedono nel cervello per lunghi periodi di tempo.. Normalmente le cellule microgliali esprimono l’antigene CD4 a bassi livelli ma probabilmente sovraregolano l’espressione durante l’attivazione cellulare. Oltre CD4 ,anche macrófagi e microglia esprimono CCR5 sulla loro superficie.
I macrófagi perivascolari, le cellule microgliali e gli astrociti sono i principali tipi cellulari infettati dall’HIV. Questi tipi cellulari possono essere infetti attivamente, persistentemente o latentemente. Circa il 5-20% degli astrociti perivascolari possono essere infettati e la loro quantita’ di infezione si correla con la gravita’ di encefalite e demenza. Le cellule gliali nel cervello hanno una percentuale di turnover molto basso ed il virus potrebbe risiedere potenzialmente in queste cellule per estesi periodi di tempo. In vitro gli studi dimostrano che una quantita’ di macrófagi e astrociti puo’ servire come reservoir a lungo termine per l’infezione da HIV e puo’ produrre virus completamente replicativi seguendo la stimolazione con citokine anche dopo diversi mesi.
Studi sugli animali indicano che il virus entra nel cervello e infetta i macrófagi residenti subito dopo l’infezione sistemica e che i livelli di DNA virale nel cervello non diminuiscono con la ART. Il virus puo’ anche evolvere da se’ nel cervello dando luogo a specifiche mutazioni.
Mentre i prodotti virali possono avere effetti tossici diretti contro neuroni o astrociti, il meccanismo primario di danno neuronale e’ probabilmente un risultato del processo infiammatorio iniziato dalle cellule infettate dall’HIV-1.
In assenza di trattamento, i livelli di HIV-1 RNA nel Liquido cerebro spinale rimangono stabili in pazienti neurológicamente stabili per diversi anni, ma tendono ad aumentare con la progressione clinica della malattia. Differenti dinamiche di decadenza dell’HIV-1 RNA vengono osservate dopo inizio della ART nel liquido cerebro spinale e nel plasma : sia parallela o piu’ lenta nel liquido cerebro spinale riflettendo la principale fonte di replicazione virale (sistemica o intratecale). Nei pazienti in ART con avanzata soppressione HIV-1 RNA a livelli non rilevabili, la relazione tra liquido cerebro spinale HIV-1 RNA e stato neurologico non sembra venga mantenuto. I markers del liquido cerebro spinale o attivazione macrofagica possono rimanere abnormemente elevati nei pazienti in trattamento con replicazione soppressa tanto nel liquido cerebro spinale che nel plasma.
Negli ultimi anni, lo studio della penetrazione degli antirretrovirali (ARV) nel Sistema Nervoso Centrale ha guidato il concetto che la persistenza di disordini neurocognitivi associati all’HIV (HAND) nonostante la soppressione virologica e la guarigione immunitaria sotto ART sta in relazione ad un inadeguato trattamento dell’infezione nel SNC dovuto alla relativamente povera penetrazione di molti ARV attraverso la barriera emato-encefalica. E’ stato stabilito un punteggio della efficacia della penetrazione nel Sistema Nervoso Centrale aggiornato nel 2010. Questo punteggio e’ stato considerato essere correlato alla replicazione virale residua nel Liquiido cerebro spinale e stato neurocognitivo. Tuttavia la sua inutilita’ e’ stata sabilita solo in studi incrociati.
Nella recente relazione dello stesso (CHARTER) gruppo, il punteggio CPE e funzione neurocognitiva sono stati valutati prospettivamente nella coorte ALLRT, uno studio che ha arruolato da 26 ACGT clinical trials degli Stati Uniti.Sono stati analízzati un totale di 2636 partecipanti con almeno uno studio neurologico e una viremia non rilevabile <50 copie/ml. I partecipanti avevano un Follow-up medio di 4.7 anni.
Il punteggio medio CPE e’ stato di 2.0
Il punteggio medio CPE e’ stato di 1.5 tra le osservazioni in cui c’erano tre ARV o meno in regime ed e’ stato 2.5 quano c’erano piu’ di tre ARV in regime. Nessuno dei partecipanti che prendevano tre ARV o meno avevano un punteggio CPE piu’ alto di 2.5, laddove 43% delle osservazioni fra i partecipanti che prendevano piu’ di tre farmaci ARV avevano punteggi CPE di 3 o piu’ alti. Il 51 % dei partecipanti erano nello stesso regime ARV nello stesso periodo di analisi e da allora avevano lo stesso CPE.
Nelle analisi di regressione, non c’era associazione tra CPE e punteggi neuropsicologici.
La piu’ lunga durata dal momento di inizio dell’ARV era associata ad una migliore performance o rilievi neuropsichici.
Nel finale multivariato modello lineare di regressione, per ogni unita’ di aumento in CPE c’era un aumento associato del punteggio neuropsicologico fra i partecipanti con piu’ di 3 ARV nel regime ma non fra i partecipanti che prendevano 3 ARV o meno.
Gli autori concludono che alcune persone possono richiedere piu’ di 3 ARV per trattare l’HIV nel SNC ma questi risultati non possono essere usati per sostenere cambi nei regimi e predire come evolveranno cambiamenti nello stato neurocognitivo di un particolare individuo.
L’orizzonte non era completamente chiaro, ma la speranza era che aumentando il numero di farmaci efficaci in combinazione potremmo agire sul reservoir del cervello. In parallelo numerosi gruppi stavano annunciando a breve termine dei trials di eradicazione pilota che interessava medicinali quali inibitori HDAC e IL-7.
In un interessante editoriale/opinione che dev’essere pubblicato in AIDS nei primi del 2011, IL gruppo di Baltimora del John Hopkins di Janice Clements argomenta per una pausa poiche’ pensano che questi approcci potrebbero essere dannosi per il SNC.
Ci ricordano dapprima che l’eradicazione dell’HIV non puo’ considerarsi ottenuta fino a quando l’HIV e’ anche eliminato dai reservoirs di tutti i tessuti, e che le strategie di eradicazione focalizzate sui reservoirs delle cellule T da soli possono non essere sufficienti. In particolare, la considerazione ha bisogno di essere fatta per i reservoirs che stanno dentro il cervello che coinvolge altri tipi di cellule.
Le attuali strategie per provare l’eradicazione possono esere divise in quattro categorie :
Riattivazione dell’HIV dalla latenza
Secondo gli autori, e’ un punto critico che prima che questi approcci siano applicati agli esseri umani, i loro effetti sui reservoirs del SNC siano studiati. La riattivazione del virus nel cervello potrebbe potenzialmente avere devastanti conseguenze cusando un danno neuronale. Anche in presenza di ART ,ci si aspetta che le primarie proteíne virali vengano formate dal DNA provirale, e dentro il cervello queste proteine possono causare danno neuronale non solo nel sito di infezione ma anche in regioni distanti.
Terapia genetica
Come manipolare le cellule T CD4+ per bloccare l’espressione di CCR5.
L’autore sostiene che questo non avrebbe un impatto sul reservoir del cervello.
Un’altra strategia e’ aumentare il numero di copie integrate di DNA pro vírale HIV in una cellula dissociando il complesso Rev-integrasi.
Secondo gli autori, questa strategia potrebbe potenzialmente essere efficace in una varieta’ di tipi cellulari, tuttavia, morte di un sostanziale numero di cellule dentro il cervello in un breve periodo di tempo potrebbe portare alla rottura della barriera emato-encefalica con edema e danneggiamento della funzione cerebrale.
L’ultima strategia e’ l’intensificazione della HAART che ha fallito, attualmente, nel colpire i reservoirs.
Infine, gli autori pensano che se deve andare avanti un’eliminazione mediata immunitariamente dei reservoirs nel cervello, allora le strategie hanno bisogno di essere sviluppate per graduale eliminazione dei reservoirs. Devono essere sviluppati anche approcci antiinfiammatori per bloccare gli effetti secondari dei danni neuronali mediati dagli effetti citotossici delle cellule T.
In conclusione, se dev’essere ottenuta l’eradicazione dell’HIV bisogna prima risolvere dei problemi fondamentali riguardo i reservoir del cervello poiche’ numerosi approcci considerati potrebbero potenzialmente avere conseguenze devastanti.
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link] 21/12,2010
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