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Il sole malato

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Messaggio Da Rafael Mar 14 Giu - 20:17

Qualche volta, il male lascia un segno evidente: sono le macchie violacee del morbo di Kaposi.Uno e’ davanti allo specchio, o sotto la doccia , e “vede”.
Qualche volta è una specie di fungo candido, lo chiamano “mughetto”, che compare nella bocca: porta anche un po’ di febbre. “Due anni fa” mi racconta Giovanni “si sono ingrossate le ghiandole; poi mi e’ venuta fuori questa roba bianca”.
E’ sdraiato, una tuta sportiva troppo larga rende ancora più spettrale, più fragile, la figura del malato.
Ha trentacinque anni, ne dimostra il doppio. Lavorava all’aeroporto: siringa. E’ come si dice in termine tecnico, nella fase terminale. Credo fatichi anche a rendersi conto della realtà . E’ scivolatoin una fase di delirio: con un coltello, cercava di colpire sua madre. Hanno dovuto ricorrere ai lacci di contenzione, come per i matti furiosi.
Ha avuto qualche guaio con la giustizia, per via delle dosi: sul braccio, disegnato coi punti d’inchiostro indelebile, c’è un indiano che perde le piume nelle pieghe cadenti della pelle. “Dove?” chiedo, indicando quell’avvilito guerriero, tatuato in qualche ore di noia. “Dentro” , risponde.
Quando le forze lo aiutavano, la psicosi acuta che lo eccitava lo spingeva ad atteggiamenti teatrali :”So che ce l’ho”, gridava, “ma è colpa della società”.
Adesso se lo rimprovera. Le parole gli escono a fatica, mormorate come una confessione: “Ho mia madre, e un fratello appena sposato. Vengono quando possono. Diciamo: due volte la settimana.
“Sono religioso e prego, quando mi capita. Ma le orazioni le ricordo sì e no. Il momento più brutto è quando non si riesce a dormire; è lunghissima la notte. Sogno con gli occhi aperti: paesi caldi, dove c’è il sole, la vita. La cosa che rimpiango è una sola: la salute; bisognerebbe tenerla in conto.
“Mi hanno portato qui in coma. AIDS: che debbo pensare? Ho paura della morte, come tutti.”.
E’ distrutto . Forse anche rassegnato . Gli si è abbassata la vista, non può neppure dare un’occhiata al giornale, o alla TV. Neanche il sonno lo aiuta: si assopisce in u dormiveglia tormentoso.
“Mi dispiace per mia madre. Non ce l’ho con nessuno: tutto mio appare lontano. Chi mi ha messo nel sangue quella roba? Come si fa a dirlo dopo quindici anni? Deve essere stata una ragazza mora. Non ce l’ho con lei. Era una che accompagnavo, così. Neppure un amore, o una passione. E’ finita: e ho venduto tutto, i tappeti, la macchina nuova. L’avevo voluta rossa, e sportiva.
“Sa che cosa mi divertiva nel mio lavoro? Guardare le valigie che imbarcavano sugli aere i:mi piaceva immaginare la faccia del padrone, che tipo era, che cosa faceva, dove andava. Un indovinello: qui non c’è niente da pronosticare. Tutte vicende che si assomigliano. Niente da leggere nel futuro.
Rafael
Rafael

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