Antinori: Hiv e disturbi cognitivi
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Antinori: Hiv e disturbi cognitivi
Hiv e disturbi cognitivi: per i malati invecchiamento precoce
L’Aidsprovoca disturbi di tipo cognitivo in almeno il 40% dei soggetti in cura con la terapia antiretrovirale (art), e nel 2-3% dei casi porta anche a forme di demenza. A spiegarlo è Andrea Antinori, dell’Istituto Spallanzani di Roma, a un convegno sulla terapia antiretroviale all’Istituto superiore di sanità.
“Si sa da tempo che il virus dell’hiv – precisa – ha nel sistema nervoso centrale uno dei suoi bersagli, che utilizza come serbatoio per stabilizzarsi e replicarsi. La novità è che mentre la terapia è riuscita a migliorare notevolmente la vita dei malati di aids, riducendo tutte le principali manifestazioni cliniche della malattia, nel 40% dei soggetti in cura permangono disturbi del settore cognitivo, di lieve o moderata entità, che comunque influenzano e compromettono la vita quotidiana e lavorativa. Si tratta di disturbi dell’attenzione, della memoria, di funzioni esecutive e di coordinamento del movimento. Solo nel 2-3% dei casi portano a manifestazioni gravi, come la demenza”.
Un problema questo che è diventato più evidente “con l’allungamento della sopravvivenza di questi pazienti, proprio grazie alla art – continua Antinori – Il virus, oltre a provocare l’immunodeficienza, porta anche ad una immunoattivazione, cioè ad uno stato di infiammazione cronica. Non è detto che l’abbattimento della carica virale nel plasma sia sufficiente ad abbattere l’immunoattivazione a livello neurologico. Diciamo che i soggetti con hiv sono destinati a un invecchiamento precoce”.
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L’Aidsprovoca disturbi di tipo cognitivo in almeno il 40% dei soggetti in cura con la terapia antiretrovirale (art), e nel 2-3% dei casi porta anche a forme di demenza. A spiegarlo è Andrea Antinori, dell’Istituto Spallanzani di Roma, a un convegno sulla terapia antiretroviale all’Istituto superiore di sanità.
“Si sa da tempo che il virus dell’hiv – precisa – ha nel sistema nervoso centrale uno dei suoi bersagli, che utilizza come serbatoio per stabilizzarsi e replicarsi. La novità è che mentre la terapia è riuscita a migliorare notevolmente la vita dei malati di aids, riducendo tutte le principali manifestazioni cliniche della malattia, nel 40% dei soggetti in cura permangono disturbi del settore cognitivo, di lieve o moderata entità, che comunque influenzano e compromettono la vita quotidiana e lavorativa. Si tratta di disturbi dell’attenzione, della memoria, di funzioni esecutive e di coordinamento del movimento. Solo nel 2-3% dei casi portano a manifestazioni gravi, come la demenza”.
Un problema questo che è diventato più evidente “con l’allungamento della sopravvivenza di questi pazienti, proprio grazie alla art – continua Antinori – Il virus, oltre a provocare l’immunodeficienza, porta anche ad una immunoattivazione, cioè ad uno stato di infiammazione cronica. Non è detto che l’abbattimento della carica virale nel plasma sia sufficiente ad abbattere l’immunoattivazione a livello neurologico. Diciamo che i soggetti con hiv sono destinati a un invecchiamento precoce”.
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