Un nuovo sguardo sui disturbi cutanei da HIV-1 (2a parte)
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Un nuovo sguardo sui disturbi cutanei da HIV-1 (2a parte)
Disordini primari dermatologici associati all’HIV-1
Dermatite seborroica. Questa e’ una identita’ caratterizzata da eritema e presenza di squame della parte centrale della faccia, che coinvolge la superficie nasolabiale e sopracciglia, come pure lo scalpo. Si e’ scoperto in oltre il 40% dei pazienti sieropositivi e in piu’ dell’80% dei pazienti con AIDS comparato con il 3% della popolazione sieronegativa. Berger e Greenen el 1991 hanno riportato che questa condizione potrebbe essere una reazione ipersensibile alle spore del Pityrosporum, ma la sua associazione e’ ancora dubbiosa. Tuttavia , recenti studi hanno fallito nel dimostrare ogni crescita fungina o una salita nel livello dei titoli di IgG contro le spore nei pazienti sieropositivi.
Istologicamente, le lesioni della dermatite seborroica nei pazienti senza HIV-1 dimostrano aspetti fungiformi e col tempo diventano meno spongiotiche e sviluppano delle prese follicolari delle cellule ortocheratotiche e paracheratotiche.
I campioni di biopsia cutanea presi dalle lesioni dei pazienti AIDS dimostrano una diffusa parakeratosi, necrosi cheratocitiche, leucoexocitosi ed infíltrati perivascolari superficiali di plasma cellule. Queste sezioni si dimostrano anche espressioni di proteine che hanno subito uno schock termico, un fenomeno che non avviene nei pazienti sieronegativi. La dermatite seborroica e’ stata legata alla depressione della funzione delle cellule T e in pazienti con infezione HIV-1, appare ai primi stadi e peggiora quando il conteggio dei linfociti CD4+ declina. Quindi, puo’ essere usata come un marker per la progressione della malattia.
Xerosi. La secchezza della cute e’ una delle manifestazioni piu’ comuni scoperte nei pazienti con infezione HIV-1 Questa condizione viene scoperta in piu’ del 20% della gente sieropositiva. Si presenta soprattutto alle estremita’, e denota una delle principali cause di prurito nei pazienti AIDS. Si e’ suggerito che la sua patogenesi includa cambi nella microcircolazione, la fornitura di nutriente della cute, e nella produzione di sudore e olio nella cute. La Xerosi e’ stata anche messa in relazione a certi effetti sulla popolazione di mast cellule della pelle ed alla diminuita innervazione cutanea causata dall’AIDS. I rapporti dimostrano che tali sostanze come la calcitonina, péptide e tali mediatori come la sostanza P sono diminuiti nella pelle di questi pazienti. La xerosi e’ stata presa da vari autori come un marker per la progressione poiche’ e’ in correlazione anche con il declino della conta dei linfociti T CD4+.
Dermatite atopica. Questa condizione di infiammazione cronica della pelle viene osservata in approssimativamente dal 30% al 50% dei pazienti con HIV-1/AIDS comparata al 2%, 20% della popolazione sieronegativa. Questa e’ un disordine pruriginoso mediato dalle Th2 citokine, le cui caratteristiche morfologiche includono acantosi e spongiosi, come pure infíltrati cellulari composti da linfociti, monociti ed eosinófili.
La patogenesi di questo disordine e’ stato collegato all’ipereosinofilia e ad alti livelli di IgE secondario all’equilibrio Th1-Th2. I cambiamenti nell’innervazione cutanea e neurotrasmettitori peptidergici sono pure relazionati a questa malattia.
Uno studio attuato su 74 pazienti con dermatite atopica ha dimostrato che il 53% era colonizzato da una tossina della sindrome da shock tossico prodotta dallo Staphilococcus aureus. Questi superantigeni penetrano nella pelle e si legano alle cellule di Langerhans, quindi stimolando il rilascio di IL-4 e IL-5 che amplificano ulteriormente la produzione della risposta della allergene specifica IgE. In generale,la dermatite atopica si pensa inizi in individui predisposti dalla produzione di una citosina dominante Th2 che aumenta il rilascio di IgE. Questo equilibrio tra citochine Th1/Th2 viene praticamente osservato in tutti i pazienti AIDS, especialmente negli ultimi stadi, quando la situazione predispone a manifestazioni atopiche.
Psoriasi. Questa e’ un disordine infiammatorio cronico della pelle di presunta origine autoimmunitaria scoperto nel 2% della popolazione generale. La causa della psoriasi e’ ancora dibattuta, ma e’ generalmente accettato che abbia una componente ereditaria, ed una natura iperproliferativa epidermica, guidata da linfociti attivati. La prevalenza di psoriasi negli individui sieropositivi e’ simile a quella delle loro controparti sieronegative. Tuttavia , le lesioni psoriasiche nei pazienti AIDS tende a essere piu’ seria, estesa, distruttiva e recalcitrante.
Da notare , la prevalenza dell’artrite psoriasica e’ grandemente aumentata nella popolazione HIV-1/AIDS comparata con la sua controparte immunocompetente.
La patogenesi della psoriasi nel contesto dell’infezione da HIV-1 e’ stata associata con molti eventi immunologici che includono una diminuzione del numero delle cellule di Langerhans, ma anche con un potenziale effetto epidermico proliferativo dello stesso HIV-1, un’alterata CD8:CD4 ratio e alte síntesi di ossido nitrico guidato dall’HIV-1 nei macrófagi.Questa associazione ha attualmente portato ad un’ oscura ipotesi che coinvolge la psoriasi e l’artrite psoriasica con un retroterra retrovirale.
Infatti, nei pazienti con conosciuto rischio di esposizione HIV-1, una recente manifestazione di psoriasi puo’ a volte essere un marker dell’infezione da HIV-1.
L’espansione della patogenesi della psoriasi, la causa scatenante dell’attivazione linfocitaria rimane sconosciuta; tuttavia, i self-antigeni possono giocare un ruolo nella rottura della tolleranza periferica. Recentemente , c’e´una crescente prova che collega certe condizioni di origine autoimmune a retrovirus endogeni umani (HERVs). Gli HERVs sono sequenze genomiche che usano la trascriptasi inversa e che possono muoversi da un sito cromosomico ad un altro, appartenendo a una classe di elementi parassitari che rappresentano un 40% dei genoma dei mammiferi.
Questi elementi sono stati integrati nel nostro genoma milioni di anni fa, quando i retrovirus esogeni hanno infettato le cellule in germinazione; una volta integrate queste sequenze sono state trasmesse verticalmente come mutazioni di geni essenziali in una modo mendeliano. I retrovirologi spesso si riferiscono agli HERVs come pro virus difettivi con delezioni accumulate, quadro di mutazioni, o blocco di codoni in gag, pol o env cornici di aperta lettura, che limitano la loro capacita’ di infezione. L’attivazione di queste sequenze dormienti del genoma e’ stata collegata alla patogenesi di numerose malattie autoimmuni, includendo la maggioranza della artropatie croniche ed il lupus eritematoso sistemico. Numerose HERVs vengono espresse nei linfociti, cheratinociti e molti altri tessuti nel normale sangue periferico.
Da notare , che l’ipotesi di associare l’HERVs con la psoriasi e’ risultata dal rilievo di particelle similvirali che assemblano il retrovirus murino di tipo C in placche psoriasiche. Le scoperte microscopiche sono state ulteriormente supportate dal rilievo di p27, una particella simile a retrovirus nella pelle e linfociti dei pazienti psoriasi, e piu’ recentemente, dal rilievo di un aumento nei titoli di anticorpi IgG contro il virus della leucemia murina nel siero dei pazienti con psoriasi comparati con i controlli sani.
Una spiegazione ragionevole di questa associazione coinvolge l’imitazione come principale fenomeno. Nel contesto dell’infezione virale, similitudini fra gli aminoacidi virali e quelli trovati nelle proteine dell’ospite, portano ad una reazione autoimmune mediata sia dai linfociti T che dagli autoanticorpi che possono durare anche dopo la risoluzione dell’infezione virale.
L’attivazione di HERVs non dipende solamente dall’infezione retrovirale, ma possono anche essere attivate in presenza di luce ultravioletta o da certe sostanze chimiche.
Recentemente, le sequenze di tre differenti famiglie di HERVs sono state identificate in lesioni psoriasiche. Le sequenze di famiglie W,E,K e una nuova sequenza della famiglia ERV-9/HERV-W sono state identificate per l’uso della catena di trascrittasi inversa-polimerasa. Questa sequenza contiene almeno due cornici aperte che potrebbero codificare per una proteina gag ed una proteasi retrovirale.L’espressione di questa sequenza e’ stata rilevata in 29 di 43 campioni di lesioni psoriasiche, ed in solo due su 21 di campioni di pelle normale. I sostenitori di questa teoria considerano il fenomeno di Koebner come il risultato del danno dei cheratinociti che espongono le proteine virali al sistema immunitario.
In aggiunta, Mallon e altri hanno suggerito la sregolazione immunitaria associata all’HIV-1 come un possibile scatenamento della psoriasi in quei pazienti portatori dell’allele HLA-Cw0602.
L’allele HLA-Cw0602 potrebbe essere un bersaglio per i linfociti CD8 che rispondono ai peptidi processati presentati nel contesto di maggiore istocompatibilita’ complesso-1 che rinforza l’argomento di un importante ruolo dei linfociti T CD8 nell’immunopatogenesi della psoriasi.
Follicolite eosinófila. Questa e’ una manifestazione cutanea quasi esclusivamente relazionata con l’infezione HIV-1, particolarmente nelle ultime fasi dell’AIDS. E’ stata descritta per la prima volta nel 1986 come una differente entita’ della malattia di Ofuji (papule follicolari pruriginose e pustule che coinvolgono palmi e piante dei piedi). Le follicoliti eosinofile (EF) si presentano con aumentati livelli sierici di IgE, eosinofilia e leucocitosi periferica;i palmi e le piante sono sottili. La piu’ comune presentazione di EF e’ un’eruzione eritematoso orticarioide papulare con alcune localizzate vescicole o pustole sulla faccia, collo. E parte superiore del tronco, quasi esclusivamente al di sopra della linea dei capezzoli.
Istologicamente le lesioni mostrano spongiosi follicolare e infiltrato infiammatorio di eosinófili, linfociti, istiociti, mastcellule e neutrofili intorno al rivestimento delle radici dei follicoli piliferi.
EF viene osservata tipicamente quando la conta cellulare di CD4+ precipita sotto le 300 cellule/mm3. L’indicata patogenesi coinvolge una risposta di Th2 citochina ad uno sconosciuto antigene (Pityrosporum ovale o Demodex folliculorum), con elevazione di interleukina -4, interleukina -5 e chemiokine.
Un’entita’ clinica, chiamata follicolite eosinofila necrotizzante, descrive lo spettro della malattia nei pazienti AIDS che sono atopici e sviluppano ulcerazione, noduli e necrosi follicolare dermica. La sua patogenesi indica un’inespressa risposta tipo Th2 a stimoli epicutanei in individui atopici.
EF e’ stata interpretata come un marker dell’infezione HIV-1 per soggetti che hanno un alto rischio di sviluppare infezioni opportunistiche, ma e’ anche parte della sindrome da ricostituzione immunitaria quando viene cominciata la terapia antiretrovirale.
Miscellanea di disturbi
Altre manifestazioni dermatologiche sono state associate primariamente con l’infezione da HIV-1. Fotodermatite, vitiligo ed altre alterazioni della pelle, porfiria cutanea tarda, granuloma anulare, pitiriasis rubra, pemfigo volgare e molte altre reazioni autoimmuni sono state riportate ma non e’ stata ancora stabilita una chiara associazione tra la patogenesi di ciascuno di questi disturbi e il retrovirus.
Nel caso della porfiria cutanea tarda, la presenza di questo disturbo nei pazienti HIV-1/AIDS si pensa sia secondaria ad un difetto nel sistema della citocromo ossidasi epatica. Questo danno potrebbe portare ad un’aberrazione nel metabolismo delle porfirine e successivamente causare porfiria. Fattori predisponenti per lo sviluppo di porfiria cutanea tarda nei pazienti HIV-1/AIDS sono la coinfezione con epatite C, abuso di alcool e consumo di farmaci epatotossici. Le maggiori precauzioni devono essere prese dai curatori di questi individui poiche i virioni HIV-1 sono stati isolati dal fluido vescicale dei pazienti sieropositivi con porfiria cutanea tarda.
Le reazioni farmacologiche cutanee (CDRs) vengono spesso riportate nei pazienti sieropositivi come direttamente collegate all’infezion de HIV-1.
CDRs includono un ampio spettro di disordini che variano dalle leggere reazioni morbilliformi (circa 70%) alla sindrome da necrolisi epidermica tossica di Steven-Johnson. La loro diretta connessione con l’HIV-1 e’ basata su due maggiori cambiamenti associati con l’infezione: l’induzione di vie metaboliche difettive e la modificazione della funzione immunitaria. L’infezione da HIV-1 induce la produzione di interferoni. Seguentemente, gli interferoni aumentano la produzione di xantina ossidasi, un superossido che distrugge il citocromo epatico, P-450. Modificazioni di questo sistema che metabolizza il farmaco amplifica il potenziale tossico di molti farmaci.
Inoltre, CDRs possono anche essere stimolate dalla sregolazione delle cellule T prodotte dalla deplezione delle cellule CD4+ da parte dell’HIV-1.
La sindrome di Steven-Johnson (SJS) , una reazione immunitaria cellulo-mediata, e’ prevalente nei pazienti sieropositivi piu’ che nelle loro controparti sieronegative. La SJS e’ comunmente osservata come conseguenza di un regime multifarmacologico che include farmaci sulfa e agenti antiretrovirali (es. nevirapina).
Cio’nonostante, c’e´un numero di rapporti che sostengono il concetto di eritema multiforme come manifestazione di sieroconversione da HIV-1. Non ci sono ancora sufficienti dati che supportino una relazione causa-effetto.
Piccoli animali modello per lo studio di complicazioni primarie relative all’HIV-1
Dovuto agli alti costi della ricerca sui primati non-umani, i modelli di roditori transgenici rappresentano il miglior approccio per riprodurre patologie viste nell’infezione HIV-1. Negli ultimi del 1990, una coppia di modelli roditori sembravano essere gli strumenti promettenti per studiare la patogenesi delle complicazioni associate all’HIV-1.
Questi modelli che esprimono transgenicamente il marker umano, CD4 e il corecettore, hCXCR4, o la chemiochina recettore, hCCR5, rispettivamente. Per quanto promettenti possano essere, sono stati osservati numerosi svantaggi in questi topi, che comprendevano una mancanza di cellule T CD4+ che si legano alla proteina gp120, e seguente mancanza di infettivita’ e replicazione nelle cellule bersaglio.
Da quella esperienza, sono stati creati dei modelli murini transgenici non-infettivi, mancanti dei geni gag e pol. Questi topi transgenici HIV-1 hanno sviluppato condizioni patologiche simili alle loro controparti con infezione HIV-1, incluso lo sviluppo di disturbi cutanei.
Tali lesioni sono state riportate come lesioni epidermiche proliferative accompagnate da progressiva ulcerazione dell’epidermide, o descritte come lesioni benigne che assomigliano a papillomi, lesioni simili al sarcoma di Kaposi o a linfoma a cellule B.
Tuttavia, mentre i modelli non infetti dei roditori non riproducevano similare patologia cutanea a quella osservata nei pazienti AIDS, un modello murino riportato di recente potrebbe ricapitolare i fenomeni immunologici osservati sulla pelle degli individui sieropositivi. In questo modello, i topi non.obesi , diabetici con grave immunodeficienza combinata sono trapiantati con parti di timo fetale umano e di fegato, seguito da un’irradiazione sub-letale e poi trapiantati con cellule staminali umane CD34 derivate da fegati fetali. Questi topi umanizzati chimerici dimostrano infiltrazione di leucociti derivati da cellule staminali (linfociti T e B ) in differenti organi, incluso il fegato, polmone, tratto gastrointestinale e innesti di pelle umana. Infine, questo modello e’ diventato un valido strumento per valutare la primaria infezione HIV-1 intra-rettale e l’efficacia dei farmaci anti-retrovirali.
Conclusioni
La patogenesi della maggior parte delle complicazioni relative all’HIV-1 non e’ completamente compresa dovuto alla complessita’ di questo nuovo virus e agli inconvenienti associati alla loro riproduzione in situazioni controllate. I disordini della pelle non sono l’eccezione: l’alta prevalenza di manifestazioni cutanee relative a questa malattia ci incoraggia a cercare piu’ credibili spiegazioni sulla patogenesi di questi disordini.
Le complicazioni secondarie relative all’HIV-1 stanno diventando meno prevalente poiche’ la HAART e’ piu’ diffusamente disponible. Tuttavia non si vede nessun cambiamiento nella prevalenza delle complicazioni primarie. Inoltre tali disordini quali l’acne, le infezioni stafilococciche, e l’eritema nodoso vengono osservate piu’ frequentemente come parte della sindrome da ricostituzione immunitaria.
Tutte le complicazioni dermatologiche primarie dei pazienti sieropositivi, vengono anche viste nei pazienti immunocompetenti.
Tali condizioni, quali dermatite atopica, psoriasi e dermatite seborroica sono problemi dermatologici estremamente comuni espressi dalla popolazione generale; tuttavia, il ruolo diretto del virus nella patogenesi di queste manifestazioni deve ancora essere scoperto. Cio’ nonostante,l’utilizzo di modelli di roditori infetti e non-infetti ha fallito nel riprodurre fenomeni immunologici e simili disordini morfologici cutanei quali quelli osservati nei pazienti AIDS. Migliori modelli animali, che possono includere i roditori umanizzati, potrebbero rappresentare un piu’ accettabile approccio per lo studio della patogenesi dei disordini relativi all’HIV-1 e lo sviluppo di piu’ efficaci forme di trattamento.
(fine)
24 jan,2011
Filiberto Cedeno-Laurent- Minerva Gomez-Flores- Nora Mendez
Jesus Ancer -Rodriguez
Dermatite seborroica. Questa e’ una identita’ caratterizzata da eritema e presenza di squame della parte centrale della faccia, che coinvolge la superficie nasolabiale e sopracciglia, come pure lo scalpo. Si e’ scoperto in oltre il 40% dei pazienti sieropositivi e in piu’ dell’80% dei pazienti con AIDS comparato con il 3% della popolazione sieronegativa. Berger e Greenen el 1991 hanno riportato che questa condizione potrebbe essere una reazione ipersensibile alle spore del Pityrosporum, ma la sua associazione e’ ancora dubbiosa. Tuttavia , recenti studi hanno fallito nel dimostrare ogni crescita fungina o una salita nel livello dei titoli di IgG contro le spore nei pazienti sieropositivi.
Istologicamente, le lesioni della dermatite seborroica nei pazienti senza HIV-1 dimostrano aspetti fungiformi e col tempo diventano meno spongiotiche e sviluppano delle prese follicolari delle cellule ortocheratotiche e paracheratotiche.
I campioni di biopsia cutanea presi dalle lesioni dei pazienti AIDS dimostrano una diffusa parakeratosi, necrosi cheratocitiche, leucoexocitosi ed infíltrati perivascolari superficiali di plasma cellule. Queste sezioni si dimostrano anche espressioni di proteine che hanno subito uno schock termico, un fenomeno che non avviene nei pazienti sieronegativi. La dermatite seborroica e’ stata legata alla depressione della funzione delle cellule T e in pazienti con infezione HIV-1, appare ai primi stadi e peggiora quando il conteggio dei linfociti CD4+ declina. Quindi, puo’ essere usata come un marker per la progressione della malattia.
Xerosi. La secchezza della cute e’ una delle manifestazioni piu’ comuni scoperte nei pazienti con infezione HIV-1 Questa condizione viene scoperta in piu’ del 20% della gente sieropositiva. Si presenta soprattutto alle estremita’, e denota una delle principali cause di prurito nei pazienti AIDS. Si e’ suggerito che la sua patogenesi includa cambi nella microcircolazione, la fornitura di nutriente della cute, e nella produzione di sudore e olio nella cute. La Xerosi e’ stata anche messa in relazione a certi effetti sulla popolazione di mast cellule della pelle ed alla diminuita innervazione cutanea causata dall’AIDS. I rapporti dimostrano che tali sostanze come la calcitonina, péptide e tali mediatori come la sostanza P sono diminuiti nella pelle di questi pazienti. La xerosi e’ stata presa da vari autori come un marker per la progressione poiche’ e’ in correlazione anche con il declino della conta dei linfociti T CD4+.
Dermatite atopica. Questa condizione di infiammazione cronica della pelle viene osservata in approssimativamente dal 30% al 50% dei pazienti con HIV-1/AIDS comparata al 2%, 20% della popolazione sieronegativa. Questa e’ un disordine pruriginoso mediato dalle Th2 citokine, le cui caratteristiche morfologiche includono acantosi e spongiosi, come pure infíltrati cellulari composti da linfociti, monociti ed eosinófili.
La patogenesi di questo disordine e’ stato collegato all’ipereosinofilia e ad alti livelli di IgE secondario all’equilibrio Th1-Th2. I cambiamenti nell’innervazione cutanea e neurotrasmettitori peptidergici sono pure relazionati a questa malattia.
Uno studio attuato su 74 pazienti con dermatite atopica ha dimostrato che il 53% era colonizzato da una tossina della sindrome da shock tossico prodotta dallo Staphilococcus aureus. Questi superantigeni penetrano nella pelle e si legano alle cellule di Langerhans, quindi stimolando il rilascio di IL-4 e IL-5 che amplificano ulteriormente la produzione della risposta della allergene specifica IgE. In generale,la dermatite atopica si pensa inizi in individui predisposti dalla produzione di una citosina dominante Th2 che aumenta il rilascio di IgE. Questo equilibrio tra citochine Th1/Th2 viene praticamente osservato in tutti i pazienti AIDS, especialmente negli ultimi stadi, quando la situazione predispone a manifestazioni atopiche.
Psoriasi. Questa e’ un disordine infiammatorio cronico della pelle di presunta origine autoimmunitaria scoperto nel 2% della popolazione generale. La causa della psoriasi e’ ancora dibattuta, ma e’ generalmente accettato che abbia una componente ereditaria, ed una natura iperproliferativa epidermica, guidata da linfociti attivati. La prevalenza di psoriasi negli individui sieropositivi e’ simile a quella delle loro controparti sieronegative. Tuttavia , le lesioni psoriasiche nei pazienti AIDS tende a essere piu’ seria, estesa, distruttiva e recalcitrante.
Da notare , la prevalenza dell’artrite psoriasica e’ grandemente aumentata nella popolazione HIV-1/AIDS comparata con la sua controparte immunocompetente.
La patogenesi della psoriasi nel contesto dell’infezione da HIV-1 e’ stata associata con molti eventi immunologici che includono una diminuzione del numero delle cellule di Langerhans, ma anche con un potenziale effetto epidermico proliferativo dello stesso HIV-1, un’alterata CD8:CD4 ratio e alte síntesi di ossido nitrico guidato dall’HIV-1 nei macrófagi.Questa associazione ha attualmente portato ad un’ oscura ipotesi che coinvolge la psoriasi e l’artrite psoriasica con un retroterra retrovirale.
Infatti, nei pazienti con conosciuto rischio di esposizione HIV-1, una recente manifestazione di psoriasi puo’ a volte essere un marker dell’infezione da HIV-1.
L’espansione della patogenesi della psoriasi, la causa scatenante dell’attivazione linfocitaria rimane sconosciuta; tuttavia, i self-antigeni possono giocare un ruolo nella rottura della tolleranza periferica. Recentemente , c’e´una crescente prova che collega certe condizioni di origine autoimmune a retrovirus endogeni umani (HERVs). Gli HERVs sono sequenze genomiche che usano la trascriptasi inversa e che possono muoversi da un sito cromosomico ad un altro, appartenendo a una classe di elementi parassitari che rappresentano un 40% dei genoma dei mammiferi.
Questi elementi sono stati integrati nel nostro genoma milioni di anni fa, quando i retrovirus esogeni hanno infettato le cellule in germinazione; una volta integrate queste sequenze sono state trasmesse verticalmente come mutazioni di geni essenziali in una modo mendeliano. I retrovirologi spesso si riferiscono agli HERVs come pro virus difettivi con delezioni accumulate, quadro di mutazioni, o blocco di codoni in gag, pol o env cornici di aperta lettura, che limitano la loro capacita’ di infezione. L’attivazione di queste sequenze dormienti del genoma e’ stata collegata alla patogenesi di numerose malattie autoimmuni, includendo la maggioranza della artropatie croniche ed il lupus eritematoso sistemico. Numerose HERVs vengono espresse nei linfociti, cheratinociti e molti altri tessuti nel normale sangue periferico.
Da notare , che l’ipotesi di associare l’HERVs con la psoriasi e’ risultata dal rilievo di particelle similvirali che assemblano il retrovirus murino di tipo C in placche psoriasiche. Le scoperte microscopiche sono state ulteriormente supportate dal rilievo di p27, una particella simile a retrovirus nella pelle e linfociti dei pazienti psoriasi, e piu’ recentemente, dal rilievo di un aumento nei titoli di anticorpi IgG contro il virus della leucemia murina nel siero dei pazienti con psoriasi comparati con i controlli sani.
Una spiegazione ragionevole di questa associazione coinvolge l’imitazione come principale fenomeno. Nel contesto dell’infezione virale, similitudini fra gli aminoacidi virali e quelli trovati nelle proteine dell’ospite, portano ad una reazione autoimmune mediata sia dai linfociti T che dagli autoanticorpi che possono durare anche dopo la risoluzione dell’infezione virale.
L’attivazione di HERVs non dipende solamente dall’infezione retrovirale, ma possono anche essere attivate in presenza di luce ultravioletta o da certe sostanze chimiche.
Recentemente, le sequenze di tre differenti famiglie di HERVs sono state identificate in lesioni psoriasiche. Le sequenze di famiglie W,E,K e una nuova sequenza della famiglia ERV-9/HERV-W sono state identificate per l’uso della catena di trascrittasi inversa-polimerasa. Questa sequenza contiene almeno due cornici aperte che potrebbero codificare per una proteina gag ed una proteasi retrovirale.L’espressione di questa sequenza e’ stata rilevata in 29 di 43 campioni di lesioni psoriasiche, ed in solo due su 21 di campioni di pelle normale. I sostenitori di questa teoria considerano il fenomeno di Koebner come il risultato del danno dei cheratinociti che espongono le proteine virali al sistema immunitario.
In aggiunta, Mallon e altri hanno suggerito la sregolazione immunitaria associata all’HIV-1 come un possibile scatenamento della psoriasi in quei pazienti portatori dell’allele HLA-Cw0602.
L’allele HLA-Cw0602 potrebbe essere un bersaglio per i linfociti CD8 che rispondono ai peptidi processati presentati nel contesto di maggiore istocompatibilita’ complesso-1 che rinforza l’argomento di un importante ruolo dei linfociti T CD8 nell’immunopatogenesi della psoriasi.
Follicolite eosinófila. Questa e’ una manifestazione cutanea quasi esclusivamente relazionata con l’infezione HIV-1, particolarmente nelle ultime fasi dell’AIDS. E’ stata descritta per la prima volta nel 1986 come una differente entita’ della malattia di Ofuji (papule follicolari pruriginose e pustule che coinvolgono palmi e piante dei piedi). Le follicoliti eosinofile (EF) si presentano con aumentati livelli sierici di IgE, eosinofilia e leucocitosi periferica;i palmi e le piante sono sottili. La piu’ comune presentazione di EF e’ un’eruzione eritematoso orticarioide papulare con alcune localizzate vescicole o pustole sulla faccia, collo. E parte superiore del tronco, quasi esclusivamente al di sopra della linea dei capezzoli.
Istologicamente le lesioni mostrano spongiosi follicolare e infiltrato infiammatorio di eosinófili, linfociti, istiociti, mastcellule e neutrofili intorno al rivestimento delle radici dei follicoli piliferi.
EF viene osservata tipicamente quando la conta cellulare di CD4+ precipita sotto le 300 cellule/mm3. L’indicata patogenesi coinvolge una risposta di Th2 citochina ad uno sconosciuto antigene (Pityrosporum ovale o Demodex folliculorum), con elevazione di interleukina -4, interleukina -5 e chemiokine.
Un’entita’ clinica, chiamata follicolite eosinofila necrotizzante, descrive lo spettro della malattia nei pazienti AIDS che sono atopici e sviluppano ulcerazione, noduli e necrosi follicolare dermica. La sua patogenesi indica un’inespressa risposta tipo Th2 a stimoli epicutanei in individui atopici.
EF e’ stata interpretata come un marker dell’infezione HIV-1 per soggetti che hanno un alto rischio di sviluppare infezioni opportunistiche, ma e’ anche parte della sindrome da ricostituzione immunitaria quando viene cominciata la terapia antiretrovirale.
Miscellanea di disturbi
Altre manifestazioni dermatologiche sono state associate primariamente con l’infezione da HIV-1. Fotodermatite, vitiligo ed altre alterazioni della pelle, porfiria cutanea tarda, granuloma anulare, pitiriasis rubra, pemfigo volgare e molte altre reazioni autoimmuni sono state riportate ma non e’ stata ancora stabilita una chiara associazione tra la patogenesi di ciascuno di questi disturbi e il retrovirus.
Nel caso della porfiria cutanea tarda, la presenza di questo disturbo nei pazienti HIV-1/AIDS si pensa sia secondaria ad un difetto nel sistema della citocromo ossidasi epatica. Questo danno potrebbe portare ad un’aberrazione nel metabolismo delle porfirine e successivamente causare porfiria. Fattori predisponenti per lo sviluppo di porfiria cutanea tarda nei pazienti HIV-1/AIDS sono la coinfezione con epatite C, abuso di alcool e consumo di farmaci epatotossici. Le maggiori precauzioni devono essere prese dai curatori di questi individui poiche i virioni HIV-1 sono stati isolati dal fluido vescicale dei pazienti sieropositivi con porfiria cutanea tarda.
Le reazioni farmacologiche cutanee (CDRs) vengono spesso riportate nei pazienti sieropositivi come direttamente collegate all’infezion de HIV-1.
CDRs includono un ampio spettro di disordini che variano dalle leggere reazioni morbilliformi (circa 70%) alla sindrome da necrolisi epidermica tossica di Steven-Johnson. La loro diretta connessione con l’HIV-1 e’ basata su due maggiori cambiamenti associati con l’infezione: l’induzione di vie metaboliche difettive e la modificazione della funzione immunitaria. L’infezione da HIV-1 induce la produzione di interferoni. Seguentemente, gli interferoni aumentano la produzione di xantina ossidasi, un superossido che distrugge il citocromo epatico, P-450. Modificazioni di questo sistema che metabolizza il farmaco amplifica il potenziale tossico di molti farmaci.
Inoltre, CDRs possono anche essere stimolate dalla sregolazione delle cellule T prodotte dalla deplezione delle cellule CD4+ da parte dell’HIV-1.
La sindrome di Steven-Johnson (SJS) , una reazione immunitaria cellulo-mediata, e’ prevalente nei pazienti sieropositivi piu’ che nelle loro controparti sieronegative. La SJS e’ comunmente osservata come conseguenza di un regime multifarmacologico che include farmaci sulfa e agenti antiretrovirali (es. nevirapina).
Cio’nonostante, c’e´un numero di rapporti che sostengono il concetto di eritema multiforme come manifestazione di sieroconversione da HIV-1. Non ci sono ancora sufficienti dati che supportino una relazione causa-effetto.
Piccoli animali modello per lo studio di complicazioni primarie relative all’HIV-1
Dovuto agli alti costi della ricerca sui primati non-umani, i modelli di roditori transgenici rappresentano il miglior approccio per riprodurre patologie viste nell’infezione HIV-1. Negli ultimi del 1990, una coppia di modelli roditori sembravano essere gli strumenti promettenti per studiare la patogenesi delle complicazioni associate all’HIV-1.
Questi modelli che esprimono transgenicamente il marker umano, CD4 e il corecettore, hCXCR4, o la chemiochina recettore, hCCR5, rispettivamente. Per quanto promettenti possano essere, sono stati osservati numerosi svantaggi in questi topi, che comprendevano una mancanza di cellule T CD4+ che si legano alla proteina gp120, e seguente mancanza di infettivita’ e replicazione nelle cellule bersaglio.
Da quella esperienza, sono stati creati dei modelli murini transgenici non-infettivi, mancanti dei geni gag e pol. Questi topi transgenici HIV-1 hanno sviluppato condizioni patologiche simili alle loro controparti con infezione HIV-1, incluso lo sviluppo di disturbi cutanei.
Tali lesioni sono state riportate come lesioni epidermiche proliferative accompagnate da progressiva ulcerazione dell’epidermide, o descritte come lesioni benigne che assomigliano a papillomi, lesioni simili al sarcoma di Kaposi o a linfoma a cellule B.
Tuttavia, mentre i modelli non infetti dei roditori non riproducevano similare patologia cutanea a quella osservata nei pazienti AIDS, un modello murino riportato di recente potrebbe ricapitolare i fenomeni immunologici osservati sulla pelle degli individui sieropositivi. In questo modello, i topi non.obesi , diabetici con grave immunodeficienza combinata sono trapiantati con parti di timo fetale umano e di fegato, seguito da un’irradiazione sub-letale e poi trapiantati con cellule staminali umane CD34 derivate da fegati fetali. Questi topi umanizzati chimerici dimostrano infiltrazione di leucociti derivati da cellule staminali (linfociti T e B ) in differenti organi, incluso il fegato, polmone, tratto gastrointestinale e innesti di pelle umana. Infine, questo modello e’ diventato un valido strumento per valutare la primaria infezione HIV-1 intra-rettale e l’efficacia dei farmaci anti-retrovirali.
Conclusioni
La patogenesi della maggior parte delle complicazioni relative all’HIV-1 non e’ completamente compresa dovuto alla complessita’ di questo nuovo virus e agli inconvenienti associati alla loro riproduzione in situazioni controllate. I disordini della pelle non sono l’eccezione: l’alta prevalenza di manifestazioni cutanee relative a questa malattia ci incoraggia a cercare piu’ credibili spiegazioni sulla patogenesi di questi disordini.
Le complicazioni secondarie relative all’HIV-1 stanno diventando meno prevalente poiche’ la HAART e’ piu’ diffusamente disponible. Tuttavia non si vede nessun cambiamiento nella prevalenza delle complicazioni primarie. Inoltre tali disordini quali l’acne, le infezioni stafilococciche, e l’eritema nodoso vengono osservate piu’ frequentemente come parte della sindrome da ricostituzione immunitaria.
Tutte le complicazioni dermatologiche primarie dei pazienti sieropositivi, vengono anche viste nei pazienti immunocompetenti.
Tali condizioni, quali dermatite atopica, psoriasi e dermatite seborroica sono problemi dermatologici estremamente comuni espressi dalla popolazione generale; tuttavia, il ruolo diretto del virus nella patogenesi di queste manifestazioni deve ancora essere scoperto. Cio’ nonostante,l’utilizzo di modelli di roditori infetti e non-infetti ha fallito nel riprodurre fenomeni immunologici e simili disordini morfologici cutanei quali quelli osservati nei pazienti AIDS. Migliori modelli animali, che possono includere i roditori umanizzati, potrebbero rappresentare un piu’ accettabile approccio per lo studio della patogenesi dei disordini relativi all’HIV-1 e lo sviluppo di piu’ efficaci forme di trattamento.
(fine)
24 jan,2011
Filiberto Cedeno-Laurent- Minerva Gomez-Flores- Nora Mendez
Jesus Ancer -Rodriguez
Rafael- Messaggi : 814
Data d'iscrizione : 21.12.10
Re: Un nuovo sguardo sui disturbi cutanei da HIV-1 (2a parte)
Da un paio di settimane ho i brufoli! Nemmeno quando ero ragazzina ne avevo...ho cominciato ora, potrebbe significare che il mio sistema immunitario si sta ricostruendo? Sarebbe ora, mi sono rotta le scatole di girare sempre intorno a 300!
Ospite- Ospite
Re: Un nuovo sguardo sui disturbi cutanei da HIV-1 (2a parte)
No, non credo proprio. La sindrome da ricostituzione immunitaria compare quando, in stato di deplezione di CD4 (con CD4 molto bassi) si inizia la HAART e, se ricordo bene, tu la terapia antiretrovirale e' da un po' che la stai facendo.
Rafael- Messaggi : 814
Data d'iscrizione : 21.12.10
Re: Un nuovo sguardo sui disturbi cutanei da HIV-1 (2a parte)
Allora sono nell'età dello sviluppo!!! Diventerò signorina!
Ospite- Ospite
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