I migranti si ammalano in Italia
I migranti si ammalano in Italia
All’arrivo in Italia, gran parte dei migranti gode di buona salute: diversamente, uomini donne e bambini in cerca di una vita migliore non avrebbero potuto affrontare un viaggio tanto duro quanto dall’esito incerto. I casi di infezioni respiratorie, febbre, ipotermia e denutrizione, che si registrano al momento dello sbarco, sono legati soprattutto alla logorante traversata in mare. Arrivano sani i migranti, dunque. Ma poi si ammalano in Italia. Come testimoniano i dati dell’Inmp (Istituto nazionale per la promozione e la salute delle popolazioni migranti), su oltre 9 mila persone giunte a Lampedusa nel mese di aprile, per esempio, sono stati rilevati solo un caso di tubercolosi, uno di malaria e uno di Hiv. Perché allora si parla di malattie di ritorno come la tubercolosi? E soprattutto si additano i migranti come untori?
La risposta è semplice: una volta entrati in Italia, i migranti diventano immigrati a tutti gli effetti. E sebbene molti vi si stabiliscano in modo regolare (ad oggi sono circa 5 milioni gli stranieri con permesso di soggiorno), una parte rilevante (attualmente circa 700 mila) vi rimane da irregolare, vivendo ai margini della società. Allontanatisi dai circuiti assistenziali e senza più un’identità, questi “invisibili” non sempre riescono a ricevere le cure mediche necessarie, sia per loro diffidenza sia per la scarsa consapevolezza dei loro diritti.
Tuttavia, l’utilizzo dei servizi sanitari sembra essere minimo in generale per tutti gli immigrati. Infatti, sebbene la legge italiana garantisca cure mediche a tutti, sia a quelli registrati che ai clandestini (D.L.vo 286/98 – Testo unico sull’Immigrazione), la maggior parte ha comunque “paura” a rivolgersi ai medici. Ed è qui che si genera una grave, ma poco conosciuta, emergenza. Come ha spiegato Foad Aodi, presidente della Comunità Araba in Italia e dell’Associazione Medici Stranieri, durante la presentazione del convegno “Salute e Migranti – Un approccio all’integrazione e alla cooperazione sanitaria”, organizzato dalla Federazione Nazionale dei Medici (FNOMCeO) a giugno in Sicilia: “Queste persone si ammalano quando sono già nel nostro paese, alcuni mesi dopo il loro arrivo, per problemi economici, psicologici, abitativi e lavorativi”. Cioè in seguito al peggioramento delle loro condizioni di vita.
Una volta trasferiti nei centri di accoglienza, molti degli immigrati si disperdono, fanno perdere le proprie tracce ed entrano a far parte della fascia più povera e disagiata della comunità: affrontano condizioni economiche precarie, vivono in abitazioni degradate e igienicamente inadeguate e svolgono lavori duri e non tutelati (fattori che li espongono a rischi elevati per la salute fisica e psicologica). “È per questo – dice Foad Aodi - che l'incidenza maggiore dei ricoveri si ha in traumatologia, ortopedia e, per le donne, ginecologia”. A queste seguono le malattie dell'apparato digerente, circolatorio e respiratorio.
In sostanza quindi la popolazione straniera ricorre soprattutto ai servizi di pronto soccorso e alla medicina d’urgenza, e raramente a visite preventive o di controllo. Da qui il manifestarsi di malattie infettive (tra cui la tubercolosi), che sempre più spesso vengono segnalate in Italia come riemergenti. E’ chiaro dunque che la necessità più urgente nel nostro paese è garantire agli immigrati il diritto fondamentale alla salute, spingendoli ad usufruire maggiormente dei servizi sanitari e delle strutture assistenziali. “Tante sono le persone che già accedono alle cure, ma molte altre non ne usufruiscono o hanno smesso di farlo per paura, soprattutto in seguito alla proposta di legge [avanzata nel 2009] secondo la quale i medici avrebbero dovuto denunciare gli irregolari”, commenta ancora Foad Aodi. “Perciò c’è bisogno che venga fatta più informazione tra gli immigrati”. Per raggiungere quest'obiettivo, dicono dunque gli esperti, sarebbe necessaria una rete informativa che, anche per mezzo di mediatori culturali, fornisca assistenza psicologica e legale, così che gli immigrati possano diventare a tutti gli effetti cittadini.
La risposta è semplice: una volta entrati in Italia, i migranti diventano immigrati a tutti gli effetti. E sebbene molti vi si stabiliscano in modo regolare (ad oggi sono circa 5 milioni gli stranieri con permesso di soggiorno), una parte rilevante (attualmente circa 700 mila) vi rimane da irregolare, vivendo ai margini della società. Allontanatisi dai circuiti assistenziali e senza più un’identità, questi “invisibili” non sempre riescono a ricevere le cure mediche necessarie, sia per loro diffidenza sia per la scarsa consapevolezza dei loro diritti.
Tuttavia, l’utilizzo dei servizi sanitari sembra essere minimo in generale per tutti gli immigrati. Infatti, sebbene la legge italiana garantisca cure mediche a tutti, sia a quelli registrati che ai clandestini (D.L.vo 286/98 – Testo unico sull’Immigrazione), la maggior parte ha comunque “paura” a rivolgersi ai medici. Ed è qui che si genera una grave, ma poco conosciuta, emergenza. Come ha spiegato Foad Aodi, presidente della Comunità Araba in Italia e dell’Associazione Medici Stranieri, durante la presentazione del convegno “Salute e Migranti – Un approccio all’integrazione e alla cooperazione sanitaria”, organizzato dalla Federazione Nazionale dei Medici (FNOMCeO) a giugno in Sicilia: “Queste persone si ammalano quando sono già nel nostro paese, alcuni mesi dopo il loro arrivo, per problemi economici, psicologici, abitativi e lavorativi”. Cioè in seguito al peggioramento delle loro condizioni di vita.
Una volta trasferiti nei centri di accoglienza, molti degli immigrati si disperdono, fanno perdere le proprie tracce ed entrano a far parte della fascia più povera e disagiata della comunità: affrontano condizioni economiche precarie, vivono in abitazioni degradate e igienicamente inadeguate e svolgono lavori duri e non tutelati (fattori che li espongono a rischi elevati per la salute fisica e psicologica). “È per questo – dice Foad Aodi - che l'incidenza maggiore dei ricoveri si ha in traumatologia, ortopedia e, per le donne, ginecologia”. A queste seguono le malattie dell'apparato digerente, circolatorio e respiratorio.
In sostanza quindi la popolazione straniera ricorre soprattutto ai servizi di pronto soccorso e alla medicina d’urgenza, e raramente a visite preventive o di controllo. Da qui il manifestarsi di malattie infettive (tra cui la tubercolosi), che sempre più spesso vengono segnalate in Italia come riemergenti. E’ chiaro dunque che la necessità più urgente nel nostro paese è garantire agli immigrati il diritto fondamentale alla salute, spingendoli ad usufruire maggiormente dei servizi sanitari e delle strutture assistenziali. “Tante sono le persone che già accedono alle cure, ma molte altre non ne usufruiscono o hanno smesso di farlo per paura, soprattutto in seguito alla proposta di legge [avanzata nel 2009] secondo la quale i medici avrebbero dovuto denunciare gli irregolari”, commenta ancora Foad Aodi. “Perciò c’è bisogno che venga fatta più informazione tra gli immigrati”. Per raggiungere quest'obiettivo, dicono dunque gli esperti, sarebbe necessaria una rete informativa che, anche per mezzo di mediatori culturali, fornisca assistenza psicologica e legale, così che gli immigrati possano diventare a tutti gli effetti cittadini.
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