CHAARM project nel 2011: un anno di scoperte e sfide da affrontare
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CHAARM project nel 2011: un anno di scoperte e sfide da affrontare
Il lungo ma promettente cammino della ricerca contro l’HIV
Il 2011 conclude il secondo anno del progetto di ricerca CHAARM (Combined Highly Active Anti-Retroviral Microbicides), finanziato dal Settimo Programma Quadro dell’Unione Europea.
Avviato nel gennaio del 2010, con una durata di quattro anni, il progetto riunisce 31 partners provenienti da 8 Stati membri dell’Unione Europea ai quali si aggiungono paesi extraeuropei quali Svizzera, Ucraina, Sud Africa e Stati Uniti.
Il consorzio annovera tra i suoi partecipanti Istituti di Ricerca, Università, società private e associazioni di cittadini (pazienti), facendo di questa varietà un punto di forza: la collaborazione scientifica e la condivisione del sapere tra i diversi partner permettono infatti tempi di azione e sviluppo molto più rapidi che nel caso di attività di ricerca individuali.
Le attività del progetto CHAARM si basano sui risultati dello studio CAPRISA 004, il cui esperimento ha chiaramente dimostrato le potenzialità dei microbicidi nella lotta contro l’AIDS.
Obiettivo del progetto è allargare il campo del sapere attraverso l’individuazione di nuovi e più efficaci microbicidi, che permetterebbe non solo un avanzamento nella ricerca di nuovi composti ma anche l’esplorazione di nuove soluzioni preventive.
Tra le aree sotto maggior osservazione, vi è la ricerca verso le possibili sinergie tra diversi composti anti-microbici, che potrebbe favorire lo sviluppo di terapie più efficaci e non resistenti al virus.
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Gli attuali progressi
L’attività di CHAARM copre le diverse aree di ricerca necessarie all’individuazione di microbicidi anti HIV, dall’analisi di ingredienti attivi, alla verifica di metodi di somministrazione fino alla preparazione di studi sull’uomo.
Attualmente, gli sforzi dei ricercatori si sono concentrati sulle prime due fasi. La ricerca di un efficace composto antivirale è un processo lungo ma vitale: il tempo a disposizione e le risorse economiche richiedono infatti che solo le soluzioni più promettenti accedano alla fase di verifica successiva.
Sebbene sia accertato il potenziale di prevenzione in alcuni composti già sperimentati, la ricerca di nuovi metodi resta fondamentale. “Studi clinici su microbicidi sono stati recentemente interrotti a causa della mancanza di concreti benefici sui pazienti coinvolti” spiega il Dott. Alcami dell’ISCIII, Instituto de Salud Carlos III, in Spagna. “Questo comporta quindi un’ulteriore ricerca sui dosaggi ma allo stesso tempo dimostra l’urgente bisogno di identificare nuovi composti che possono essere utilizzati come potenziali microbicidi”.
Immagine - 2 Prof. Verrips, Università di Utrecht, Paesi Bassi
Se da un lato questo tipo di analisi richiede estrema pazienza da parte dei ricercatori, dall’altra il lavoro sembra cominciare a dare risultati concreti con nuovi promettenti composti che arrivano alla luce.
Il Dott. Theo Verrips dell’Università di Utrecht, in Olanda, è solo uno dei ricercatori operanti in questa area ma il suo laboratorio e i colleghi dell’University College di Londra hanno esaminato migliaia di anticorpi di lama per giungere alla individuazione di due famiglie ad alto potenziale di neutralizzazione. “Insieme ad altri gruppi, abbiamo determinato con molta precisione dove questi anticorpi si legano”, afferma il Dott. Verrips.
Questa informazione ha permesso al team di identificare una serie di composti in grado di neutralizzare più del 90% delle varietà testate: una percentuale che supera di gran lunga l’azione di altri composti analizzati in passato. L’obiettivo consiste nel selezionare qualche inibitore d’ingresso al virus per procedere successivamente con i test.
In ogni caso il Dott. Verrips, sebbene fiducioso a proposito dei composti scoperti nel suo laboratorio, non esclude la possibilità di complicazioni nelle fasi successive. “La parte più complessa” spiega “è ora verificare se questi anticorpi possano essere utilizzati in un microbicida”.
Questo dimostra quindi che l’identificazione di composti efficaci non è il fine ultimo del processo di ricerca. I nuovi composti devono essere testati per quanto riguarda la stabilità e la fattibilità della produzione, cosí come per la loro capacità di essere somministrati sotto forma di medicinale. Inoltre, come spiega il Dott. Alcami, le particelle che appaiono moderatamente efficaci nei test in vitro vengono spesso modificate per accrescerne la loro funzione e successivamente testate nuovamente per determinarne i risultati.
Grazie alla collaborazione con Spoluka Chemical Company, un altro partner del progetto CHAARM, il laboratorio del Dott. Alcami ha potuto progredire in questo senso. Dopo una prima fase di studio su composti relativamente inattivi, il team di ricercatori ha effettuato ripetute modifiche al fine di migliorarne l’attività antivirale. “Negli ultimi cicli di test abbiamo riscontrato un’ottima attività di questi composti”, afferma il Dott. Alcami, e “abbiamo instaurato una collaborazione altamente produttiva”.
Tuttavia, il giusto equilibrio tra la resistenza e la sicurezza si rivela necessario: l’aumento dell’efficacia può spesso condurre ad un aumento della tossicità.
In ogni caso il Dott. Alcami considera questa un elemento promettente del progetto, sottolineando come il suo team abbia scoperto alcune molecole interessanti e promettenti tra le oltre duecento testate. “Riuscire ad identificarne una rappresenterebbe un passo molto importante in questo campo”, aggiunge.
Ovviamente qualunque potenziale microbicida deve essere in grado di funzionare anche fuori dall’ambiente del laboratorio. Come afferma il Dott.Alcami “quello che scopriamo in vitro a volte è molto interessante ma è necessario dimostrare gli stessi risultati (proof of concept) in modelli in vivo e successivamente in studi clinici”.
Immagine - 3 Prof. Alcamí, Instituto de Salud Carlos III, Spain
Questo aspetto è oggetto di altre attività eseguite nell’ambito del progetto CHAARM, focalizzate sull’elemento umano della ricerca. In alcuni casi questo significa studiare l’ambiente vaginale nel quale questi microbicidi saranno impiegati, come nel caso del laboratorio del Dott. Gary Coulton della Saint George University, a Londra; in altri casi comporta la pianificazione di studi umani necessari a testare la sicurezza dei potenziali prodotti.
Infine, uno degli aspetti più rilevanti del progetto, sul quale l’acronimo stesso è costruito (la C di “Combining”), è lo sforzo dedicato allo studio degli effetti combinati dei differenti agenti retrovirali. È ben nota infatti la capacità del virus HIV di mutare rapidamente e sviluppare velocemente resistenza ai composti antivirali.
La speranza dei ricercatori coinvolti è quella di risolvere questo problema attraverso la combinazione di due o più composti dotati di diversi meccanismi di azione. Questo potrebbe infatti, da una parte aumentare l’efficacia dei microbicidi, dall’altra ridurre il problema di virus resistenti e, per questa ragione, vengono effettuati test sulla resistenza degli antivirali e sulla sinergia con altri medicinali.
Le attività di ricerca di CHAARM sono completate dal lavoro dei partner non scientifici, ugualmente coinvolti nel progetto. Dal momento che una delle principali sfide di CHAARM è l’effettiva adozione dei risultati, anche dopo la conclusione del progetto, la comunicazione e disseminazione delle attività verso l’esterno si rivela fondamentale.
Immagine - 4
Con questo obiettivo CHAARM ha organizzato il suo primo evento in occasione della tredicesima Conferenza Europea sull’AIDS, EACS, tenutasi a Belgrado a Novembre 2011, nel quale dibattiti ed interventi si sono concentrati sull’importanza del coivolgimento della comunità di pazienti nei programmi di ricerca contro l’HIV/AIDS. (Maggiori informazioni sull’evento sono disponibili sil sito di CHAARM o sul sito di EACS).
La collaborazione tra i partner
La capacità di CHAARM di combinare ed integrare gli sforzi dei vari attori ha rappresentato fino ad ora un’inestimabile punto di forza, che ne fa pregio del progetto europeo. Nel corso del primo anno del progetto, collaborazioni strette tra i partner hanno permesso di completare attività in anticipo rispetto alle previsioni. Dal momento che condurre tutta la ricerca in un’unica sede sarebbe impraticabile e poco efficiente – richiedendo esperienza e capacità contemporaneamente in aree troppo diverse tra loro – l’abilità di lavorare insieme si è rivelata vitale.
Nella scoperta di nuovi composti, ad esempio, i dati sono stati condivisi tra i partner responsabili rispettivamente dello studio dell’attività antivirale dei composti, della loro ottimizzazione per quanto riguarda la struttura e della loro sintesi. Inoltre, essendo prevista l’analisi di sostanze con diversi meccanismi di azione, parallelamente, i partner hanno lavorato nelle diverse aree della ricerca cosí da determinare le soluzioni migliori. Queste sinergie permettono al gruppo di ricercatori di lavorare simultaneamente seppur ciascuno nel proprio campo, facilitando cosí la rapidità di svolgimento dell’intero processo.
Immagine - 5
Il fatto che molti partner di CHAARM avessero già collaborato in passato allo sviluppo di microbicidi ha sicuramente facilitato il lavoro.
“Questo é stato molto importante perché si è evitato di perdere un anno cercando di familiarizzare con gli altri ricercatori”, afferma il Dott. Verrips. “Il primo incontro tra i partner si è rivelato già estremamente produttivo”. Verrips continua poi spiegando quanto influisca positivamente il fatto di conoscere le specialità di ciascuno e sapere esattamente chi contattare al momento del bisogno. Le varie competenze dei partner del progetto coinvolti, dice, si completano a vicenda.
Immagine - 6 Prof. Roitt, Middlesex University, Regno Unito
“Si tratta inoltre di un progetto molto ben amministrato” riporta il Dott. Roitt della Middlesex University a proposito del consorzio. Il coordinatore, il Professor Charles Kelly del King’s College di Londra, concorda sul buon funzionamento del consorzio cosi composto e dei benefici che ne conseguono.
Sfide all’orizzonte
Nonostante i promettenti risultati, una sfida importante nel campo della ricerca scientifica riguarda l’effettiva possibilità che questi composti, testati e rifiniti, siano capaci effettivamente di essere sviluppati in microbicidi.
Si potrà produrre un efficace composto su larga scala? I composti saranno stabili ad alte temperature e in grado di essere rilasciati attraverso strumenti appropriati? Come risponderanno una volta inseriti nel corpo umano colpito dal virus dell’HIV?
Con il concludersi del secondo anno di studio, il precedente lavoro di verifica e raffinamento darà l’avvio allo sviluppo mirato di pochi composti specifici, sebbene il successo nelle fasi preliminari non garantisca un prodotto effettivamente realizzabile.
Molti partner si mostrano ottimisti grazie ai successi dei primi due anni di lavoro – il Dott.Verrips si dichiara “molto speranzoso che i buoni risultati siano confermati”, il Dott. Jurgens Joosens dell’Università di Anversa, in Belgio, definisce questo “un momento eccitante” e il Dott. Roitt definisce “incoraggianti” i risultati – ma le complicazioni non sono affatto una novità in questo tipo di ricerca.
Sebbene un prodotto incontri tutti i criteri scientifici richiesti e possa essere sviluppato come microbocida efficace, resta poi la questione di far adottare i metodi di prevenzione dalla comunità. Come indicato dal Dott. Verrips, qualunque prodotto realizzato dovrà essere “women –friendly” per permettere alla scienza di essere veramente efficace contro l’epidemia del virus.
Fortunatamente, dice, i gel microbicidi si sono mostrati tali, ma l’adozione da parte del consumatore è in ogni caso un elemento fondamentale da tenere in considerazione con l’avanzare dell’attività di ricerca.
Infine, l’aspetto finanziario non è da tralasciare tra le problematiche, specialmente in questo caso in cui il prodotto offre pochi ritorni agli enti finanziatori. Molti dei progetti contano sui contributi del settore privato e no profit, i quali sono stati fortemente compromessi dall’attuale crisi economica.
Tuttavia, in questo momento, l’impegno di CHAARM sembra promettere bene, afferma il Dott. Alcami, il quale ritiene che “il progetto stia procedendo verso la buona direzione”, come confermato anche dal Dott. Verrips che parla di “buone prospettive”.
Per maggiori informazioni
Web: [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]
Ms. Hinano Spreafico D. F.
Minerva Consulting & Communication Sprl.
32-34 Avenue de Tervuren, B-1040 Bruxelles - Belgium
Tel. +32.02.5441888
Fax. +32.02.5345561
Mob. +32.(0)477.513161
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E-mail: hinano AT minerva-communication DOT eu
Skype user: hinano.spreafico
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Il 2011 conclude il secondo anno del progetto di ricerca CHAARM (Combined Highly Active Anti-Retroviral Microbicides), finanziato dal Settimo Programma Quadro dell’Unione Europea.
Avviato nel gennaio del 2010, con una durata di quattro anni, il progetto riunisce 31 partners provenienti da 8 Stati membri dell’Unione Europea ai quali si aggiungono paesi extraeuropei quali Svizzera, Ucraina, Sud Africa e Stati Uniti.
Il consorzio annovera tra i suoi partecipanti Istituti di Ricerca, Università, società private e associazioni di cittadini (pazienti), facendo di questa varietà un punto di forza: la collaborazione scientifica e la condivisione del sapere tra i diversi partner permettono infatti tempi di azione e sviluppo molto più rapidi che nel caso di attività di ricerca individuali.
Le attività del progetto CHAARM si basano sui risultati dello studio CAPRISA 004, il cui esperimento ha chiaramente dimostrato le potenzialità dei microbicidi nella lotta contro l’AIDS.
Obiettivo del progetto è allargare il campo del sapere attraverso l’individuazione di nuovi e più efficaci microbicidi, che permetterebbe non solo un avanzamento nella ricerca di nuovi composti ma anche l’esplorazione di nuove soluzioni preventive.
Tra le aree sotto maggior osservazione, vi è la ricerca verso le possibili sinergie tra diversi composti anti-microbici, che potrebbe favorire lo sviluppo di terapie più efficaci e non resistenti al virus.
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Gli attuali progressi
L’attività di CHAARM copre le diverse aree di ricerca necessarie all’individuazione di microbicidi anti HIV, dall’analisi di ingredienti attivi, alla verifica di metodi di somministrazione fino alla preparazione di studi sull’uomo.
Attualmente, gli sforzi dei ricercatori si sono concentrati sulle prime due fasi. La ricerca di un efficace composto antivirale è un processo lungo ma vitale: il tempo a disposizione e le risorse economiche richiedono infatti che solo le soluzioni più promettenti accedano alla fase di verifica successiva.
Sebbene sia accertato il potenziale di prevenzione in alcuni composti già sperimentati, la ricerca di nuovi metodi resta fondamentale. “Studi clinici su microbicidi sono stati recentemente interrotti a causa della mancanza di concreti benefici sui pazienti coinvolti” spiega il Dott. Alcami dell’ISCIII, Instituto de Salud Carlos III, in Spagna. “Questo comporta quindi un’ulteriore ricerca sui dosaggi ma allo stesso tempo dimostra l’urgente bisogno di identificare nuovi composti che possono essere utilizzati come potenziali microbicidi”.
Immagine - 2 Prof. Verrips, Università di Utrecht, Paesi Bassi
Se da un lato questo tipo di analisi richiede estrema pazienza da parte dei ricercatori, dall’altra il lavoro sembra cominciare a dare risultati concreti con nuovi promettenti composti che arrivano alla luce.
Il Dott. Theo Verrips dell’Università di Utrecht, in Olanda, è solo uno dei ricercatori operanti in questa area ma il suo laboratorio e i colleghi dell’University College di Londra hanno esaminato migliaia di anticorpi di lama per giungere alla individuazione di due famiglie ad alto potenziale di neutralizzazione. “Insieme ad altri gruppi, abbiamo determinato con molta precisione dove questi anticorpi si legano”, afferma il Dott. Verrips.
Questa informazione ha permesso al team di identificare una serie di composti in grado di neutralizzare più del 90% delle varietà testate: una percentuale che supera di gran lunga l’azione di altri composti analizzati in passato. L’obiettivo consiste nel selezionare qualche inibitore d’ingresso al virus per procedere successivamente con i test.
In ogni caso il Dott. Verrips, sebbene fiducioso a proposito dei composti scoperti nel suo laboratorio, non esclude la possibilità di complicazioni nelle fasi successive. “La parte più complessa” spiega “è ora verificare se questi anticorpi possano essere utilizzati in un microbicida”.
Questo dimostra quindi che l’identificazione di composti efficaci non è il fine ultimo del processo di ricerca. I nuovi composti devono essere testati per quanto riguarda la stabilità e la fattibilità della produzione, cosí come per la loro capacità di essere somministrati sotto forma di medicinale. Inoltre, come spiega il Dott. Alcami, le particelle che appaiono moderatamente efficaci nei test in vitro vengono spesso modificate per accrescerne la loro funzione e successivamente testate nuovamente per determinarne i risultati.
Grazie alla collaborazione con Spoluka Chemical Company, un altro partner del progetto CHAARM, il laboratorio del Dott. Alcami ha potuto progredire in questo senso. Dopo una prima fase di studio su composti relativamente inattivi, il team di ricercatori ha effettuato ripetute modifiche al fine di migliorarne l’attività antivirale. “Negli ultimi cicli di test abbiamo riscontrato un’ottima attività di questi composti”, afferma il Dott. Alcami, e “abbiamo instaurato una collaborazione altamente produttiva”.
Tuttavia, il giusto equilibrio tra la resistenza e la sicurezza si rivela necessario: l’aumento dell’efficacia può spesso condurre ad un aumento della tossicità.
In ogni caso il Dott. Alcami considera questa un elemento promettente del progetto, sottolineando come il suo team abbia scoperto alcune molecole interessanti e promettenti tra le oltre duecento testate. “Riuscire ad identificarne una rappresenterebbe un passo molto importante in questo campo”, aggiunge.
Ovviamente qualunque potenziale microbicida deve essere in grado di funzionare anche fuori dall’ambiente del laboratorio. Come afferma il Dott.Alcami “quello che scopriamo in vitro a volte è molto interessante ma è necessario dimostrare gli stessi risultati (proof of concept) in modelli in vivo e successivamente in studi clinici”.
Immagine - 3 Prof. Alcamí, Instituto de Salud Carlos III, Spain
Questo aspetto è oggetto di altre attività eseguite nell’ambito del progetto CHAARM, focalizzate sull’elemento umano della ricerca. In alcuni casi questo significa studiare l’ambiente vaginale nel quale questi microbicidi saranno impiegati, come nel caso del laboratorio del Dott. Gary Coulton della Saint George University, a Londra; in altri casi comporta la pianificazione di studi umani necessari a testare la sicurezza dei potenziali prodotti.
Infine, uno degli aspetti più rilevanti del progetto, sul quale l’acronimo stesso è costruito (la C di “Combining”), è lo sforzo dedicato allo studio degli effetti combinati dei differenti agenti retrovirali. È ben nota infatti la capacità del virus HIV di mutare rapidamente e sviluppare velocemente resistenza ai composti antivirali.
La speranza dei ricercatori coinvolti è quella di risolvere questo problema attraverso la combinazione di due o più composti dotati di diversi meccanismi di azione. Questo potrebbe infatti, da una parte aumentare l’efficacia dei microbicidi, dall’altra ridurre il problema di virus resistenti e, per questa ragione, vengono effettuati test sulla resistenza degli antivirali e sulla sinergia con altri medicinali.
Le attività di ricerca di CHAARM sono completate dal lavoro dei partner non scientifici, ugualmente coinvolti nel progetto. Dal momento che una delle principali sfide di CHAARM è l’effettiva adozione dei risultati, anche dopo la conclusione del progetto, la comunicazione e disseminazione delle attività verso l’esterno si rivela fondamentale.
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Con questo obiettivo CHAARM ha organizzato il suo primo evento in occasione della tredicesima Conferenza Europea sull’AIDS, EACS, tenutasi a Belgrado a Novembre 2011, nel quale dibattiti ed interventi si sono concentrati sull’importanza del coivolgimento della comunità di pazienti nei programmi di ricerca contro l’HIV/AIDS. (Maggiori informazioni sull’evento sono disponibili sil sito di CHAARM o sul sito di EACS).
La collaborazione tra i partner
La capacità di CHAARM di combinare ed integrare gli sforzi dei vari attori ha rappresentato fino ad ora un’inestimabile punto di forza, che ne fa pregio del progetto europeo. Nel corso del primo anno del progetto, collaborazioni strette tra i partner hanno permesso di completare attività in anticipo rispetto alle previsioni. Dal momento che condurre tutta la ricerca in un’unica sede sarebbe impraticabile e poco efficiente – richiedendo esperienza e capacità contemporaneamente in aree troppo diverse tra loro – l’abilità di lavorare insieme si è rivelata vitale.
Nella scoperta di nuovi composti, ad esempio, i dati sono stati condivisi tra i partner responsabili rispettivamente dello studio dell’attività antivirale dei composti, della loro ottimizzazione per quanto riguarda la struttura e della loro sintesi. Inoltre, essendo prevista l’analisi di sostanze con diversi meccanismi di azione, parallelamente, i partner hanno lavorato nelle diverse aree della ricerca cosí da determinare le soluzioni migliori. Queste sinergie permettono al gruppo di ricercatori di lavorare simultaneamente seppur ciascuno nel proprio campo, facilitando cosí la rapidità di svolgimento dell’intero processo.
Immagine - 5
Il fatto che molti partner di CHAARM avessero già collaborato in passato allo sviluppo di microbicidi ha sicuramente facilitato il lavoro.
“Questo é stato molto importante perché si è evitato di perdere un anno cercando di familiarizzare con gli altri ricercatori”, afferma il Dott. Verrips. “Il primo incontro tra i partner si è rivelato già estremamente produttivo”. Verrips continua poi spiegando quanto influisca positivamente il fatto di conoscere le specialità di ciascuno e sapere esattamente chi contattare al momento del bisogno. Le varie competenze dei partner del progetto coinvolti, dice, si completano a vicenda.
Immagine - 6 Prof. Roitt, Middlesex University, Regno Unito
“Si tratta inoltre di un progetto molto ben amministrato” riporta il Dott. Roitt della Middlesex University a proposito del consorzio. Il coordinatore, il Professor Charles Kelly del King’s College di Londra, concorda sul buon funzionamento del consorzio cosi composto e dei benefici che ne conseguono.
Sfide all’orizzonte
Nonostante i promettenti risultati, una sfida importante nel campo della ricerca scientifica riguarda l’effettiva possibilità che questi composti, testati e rifiniti, siano capaci effettivamente di essere sviluppati in microbicidi.
Si potrà produrre un efficace composto su larga scala? I composti saranno stabili ad alte temperature e in grado di essere rilasciati attraverso strumenti appropriati? Come risponderanno una volta inseriti nel corpo umano colpito dal virus dell’HIV?
Con il concludersi del secondo anno di studio, il precedente lavoro di verifica e raffinamento darà l’avvio allo sviluppo mirato di pochi composti specifici, sebbene il successo nelle fasi preliminari non garantisca un prodotto effettivamente realizzabile.
Molti partner si mostrano ottimisti grazie ai successi dei primi due anni di lavoro – il Dott.Verrips si dichiara “molto speranzoso che i buoni risultati siano confermati”, il Dott. Jurgens Joosens dell’Università di Anversa, in Belgio, definisce questo “un momento eccitante” e il Dott. Roitt definisce “incoraggianti” i risultati – ma le complicazioni non sono affatto una novità in questo tipo di ricerca.
Sebbene un prodotto incontri tutti i criteri scientifici richiesti e possa essere sviluppato come microbocida efficace, resta poi la questione di far adottare i metodi di prevenzione dalla comunità. Come indicato dal Dott. Verrips, qualunque prodotto realizzato dovrà essere “women –friendly” per permettere alla scienza di essere veramente efficace contro l’epidemia del virus.
Fortunatamente, dice, i gel microbicidi si sono mostrati tali, ma l’adozione da parte del consumatore è in ogni caso un elemento fondamentale da tenere in considerazione con l’avanzare dell’attività di ricerca.
Infine, l’aspetto finanziario non è da tralasciare tra le problematiche, specialmente in questo caso in cui il prodotto offre pochi ritorni agli enti finanziatori. Molti dei progetti contano sui contributi del settore privato e no profit, i quali sono stati fortemente compromessi dall’attuale crisi economica.
Tuttavia, in questo momento, l’impegno di CHAARM sembra promettere bene, afferma il Dott. Alcami, il quale ritiene che “il progetto stia procedendo verso la buona direzione”, come confermato anche dal Dott. Verrips che parla di “buone prospettive”.
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