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Le sfide ancora aperte dell'immunologia

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Messaggio Da Gex Dom 13 Nov - 22:52

Contro la tubercolosi, la malaria, l'Hiv. E persino i tumori

MILANO - Il Nobel ha 109 anni. In 23 occasioni quello per la medicina è finito nelle mani di un immunologo: non poco per un settore della medicina "minuscolo" al confronto di corazzate come l'oncologia o le neuroscienze. «L'immunologia ha dato molto alla scienza: la scoperta della ricombinazione dei geni delle immunoglobuline, ad esempio, ha contribuito a farci capire che il rapporto fra DNA, RNA e proteine è molto più dinamico e complesso di quello che credevamo — osserva l'immunologo Alberto Mantovani —. Soprattutto, l'immunologia ha cambiato la vita sul pianeta. Con i vaccini ad esempio, che salvano silenziosamente milioni di vite umane, o anche con gli anticorpi monoclonali, che hanno rivoluzionato la diagnostica: senza di essi moltissimi test sui tumori o altre malattie non sarebbero possibili».


Fino alla scoperta degli anticorpi monoclonali, negli anni '70, non erano stati fatti grossi passi avanti nel sogno che Behring e Paul Ehrlich (suo collega e un po' rivale, Nobel per la medicina nel 1908) covavano fin dalla fine dell'Ottocento: trovare anticorpi e vaccini che sconfiggessero i tumori. Con gli anticorpi monoclonali lo scenario è cambiato, si può essere molto più precisi nel "puntare" contro il bersaglio e l'immunologia ha trovato nuovo vigore. Tanto che proprio di recente due delle maggiori riviste mediche del mondo, Nature e Lancet, hanno definito i prossimi anni come il "decennio dei vaccini". Mantovani spiega perché: «Innanzitutto dovremo spenderci perché ci sia una maggior condivisione dei vaccini che già esistono: a dieci anni dalla nascita della Global Alliance for Vaccines and Immunization, creata per migliorare l'accesso ai vaccini nei Paesi in via di sviluppo, due milioni e mezzo di bambini con meno di tre anni muoiono ogni anno per malattie infettive che potrebbero essere prevenute facilmente con vaccini poco costosi e ormai "banali" per noi occidentali. Ma siamo di fronte a un "decennio dei vaccini" anche perché abbiamo bisogno di nuove armi: non abbiamo vaccini per la tubercolosi, per la malaria, per l'HIV. Abbiamo già due vaccini che prevengono i tumori, quelli perHPV e per l'epatite B, ma vorremmo trovarne di terapeutici. La strada è stata imboccata e abbiamo a disposizione molte più conoscenze rispetto a un secolo fa: per questo c'è molto fermento e anche tanta speranza attorno ai vaccini».

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