Centouno progetti per Hiv e epatite B
Centouno progetti per Hiv e epatite B
Non mancano in Italia ricercatori sulle malattie infettive:
il 35% di loro ha meno di 40 anni
L'Hiv MILANO - Nonostante la fuga di cervelli i ricercatori in Italia non mancano. Lo testimoniano gli oltre 100 progetti su infezioni da HIV, epatite B e infezioni fungine che hanno partecipato alla prima edizione del Gilead Followship program, un’iniziativa che consentirà, grazie a un fondo di 450000 euro, la realizzazione dei 16 progetti giudicati vincitori. «Ricevere 101 progetti su tre patologie di nicchia come queste testimonia come in Italia esiste una rete di ricercatori maturi e di alto livello – commenta Mauro Moroni, presidente del Comitato di valutazione dell’iniziativa e Professore Ordinario di Malattie infettive e tropicali dell’Università di Milano -. La numerosità e la qualità dei progetti ha reso difficile il compito del comitato di valutazione». I progetti vincitori coinvolgono complessivamente 92 ricercatori di tutta Italia, oltre un terzo dei quali (il 35%) di età inferiore ai 40 anni. Un aspetto di cui si è tenuto conto nella scelta dei progetti è stato il loro impatto sociale, mentre altri principi cui dovevano ottemperare erano l’indipendenza della ricerca, la presumibile ricaduta positiva e valutabile sui pazienti e la possibilità di essere realizzati in tempi di medio-brevi.
NOVE PROGETTI SULL'HIV - Sono stati 9 i progetti premiati nell’area dell’HIV. «Appartengono a 4 aree specifiche considerate importanti sia dal punto di vista sociale che strettamente scientifico – spiega Barbara Ensoli Direttore del Centro Nazionale AIDS – Istituto Superiore di Sanità e Vicepresidente Commissione Nazionale per la lotta contro l’AIDS -. La prima è quella dell’offerta del test. Abbiamo un problema di sommerso, rappresentato dalle persone positive che non sanno di esserlo e continuano a infettare». Intervenire in maniera attiva per individuarle ha indubbiamente importanti riflessi sociali. La seconda area di ricerca riguarda l’aderenza alla terapia: anche se può essere migliorata grazie a nuove formulazioni dei farmaci, è essenziale l’educazione del paziente. «Il terzo è un punto oggi chiave e riguarda gli immigrati, che rappresentano circa il 30% degli infettati – aggiunge l’esperta -. La quarta area è fondamentale dal punto di vista scientifico ed è quella dell’ immunoattivazione cronica e della carica virale residua». Nonostante il successo della terapia nel controllare l’infezione, il virus riesce a sopravvivere all’interno di alcune cellule denominate “santuari”. È da questi che dipende la carica virale residua presente in alcuni pazienti, ma anche una condizione di attivazione cronica del sistema immunitario. «È come se il sistema immunitario fosse in uno stato di allarme continuo – spiega la Ensoli - e si pensa che l’immunoattivazione cronica sia responsabile di patologie che prima non esistevano in questi pazienti come quelle cardiovascolari, altri tipi di tumori, problemi renali e l’invecchiamento precoce».
EPATITE B- Cinque dei sei progetti vincitori nell’ambito dell’epatite B riguardano l’emersione dell’infezione (in un caso insieme a quella da HIV) in popolazioni difficili, quali gli extracomunitari e i clandestini. «L’epidemiologia del virus B è sostenuta in Italia da queste popolazioni difficili in cui l’infezione è sommersa e non può essere affrontata adeguatamente: l’emersione dal sommerso rappresenta un meccanismo sociale per affrontare queste patologie» spiega Felice Piccinino Ordinario di Malattie Infettive della Seconda Università di Napoli. Altro aspetto interessante che verrà indagato da un altro gruppo di ricercatori premiati riguarda la possibilità di prevedere precocemente lo sviluppo del tumore al fegato in questi pazienti. Solo un progetto ha invece vinto nell’area delle infezioni fungine sistemiche: si propone di migliorare le possibilità di diagnosi delle infezioni polmonari da funghi che complicano la chemioterapia e i trapianti di midollo nei pazienti leucemici.
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il 35% di loro ha meno di 40 anni
L'Hiv MILANO - Nonostante la fuga di cervelli i ricercatori in Italia non mancano. Lo testimoniano gli oltre 100 progetti su infezioni da HIV, epatite B e infezioni fungine che hanno partecipato alla prima edizione del Gilead Followship program, un’iniziativa che consentirà, grazie a un fondo di 450000 euro, la realizzazione dei 16 progetti giudicati vincitori. «Ricevere 101 progetti su tre patologie di nicchia come queste testimonia come in Italia esiste una rete di ricercatori maturi e di alto livello – commenta Mauro Moroni, presidente del Comitato di valutazione dell’iniziativa e Professore Ordinario di Malattie infettive e tropicali dell’Università di Milano -. La numerosità e la qualità dei progetti ha reso difficile il compito del comitato di valutazione». I progetti vincitori coinvolgono complessivamente 92 ricercatori di tutta Italia, oltre un terzo dei quali (il 35%) di età inferiore ai 40 anni. Un aspetto di cui si è tenuto conto nella scelta dei progetti è stato il loro impatto sociale, mentre altri principi cui dovevano ottemperare erano l’indipendenza della ricerca, la presumibile ricaduta positiva e valutabile sui pazienti e la possibilità di essere realizzati in tempi di medio-brevi.
NOVE PROGETTI SULL'HIV - Sono stati 9 i progetti premiati nell’area dell’HIV. «Appartengono a 4 aree specifiche considerate importanti sia dal punto di vista sociale che strettamente scientifico – spiega Barbara Ensoli Direttore del Centro Nazionale AIDS – Istituto Superiore di Sanità e Vicepresidente Commissione Nazionale per la lotta contro l’AIDS -. La prima è quella dell’offerta del test. Abbiamo un problema di sommerso, rappresentato dalle persone positive che non sanno di esserlo e continuano a infettare». Intervenire in maniera attiva per individuarle ha indubbiamente importanti riflessi sociali. La seconda area di ricerca riguarda l’aderenza alla terapia: anche se può essere migliorata grazie a nuove formulazioni dei farmaci, è essenziale l’educazione del paziente. «Il terzo è un punto oggi chiave e riguarda gli immigrati, che rappresentano circa il 30% degli infettati – aggiunge l’esperta -. La quarta area è fondamentale dal punto di vista scientifico ed è quella dell’ immunoattivazione cronica e della carica virale residua». Nonostante il successo della terapia nel controllare l’infezione, il virus riesce a sopravvivere all’interno di alcune cellule denominate “santuari”. È da questi che dipende la carica virale residua presente in alcuni pazienti, ma anche una condizione di attivazione cronica del sistema immunitario. «È come se il sistema immunitario fosse in uno stato di allarme continuo – spiega la Ensoli - e si pensa che l’immunoattivazione cronica sia responsabile di patologie che prima non esistevano in questi pazienti come quelle cardiovascolari, altri tipi di tumori, problemi renali e l’invecchiamento precoce».
EPATITE B- Cinque dei sei progetti vincitori nell’ambito dell’epatite B riguardano l’emersione dell’infezione (in un caso insieme a quella da HIV) in popolazioni difficili, quali gli extracomunitari e i clandestini. «L’epidemiologia del virus B è sostenuta in Italia da queste popolazioni difficili in cui l’infezione è sommersa e non può essere affrontata adeguatamente: l’emersione dal sommerso rappresenta un meccanismo sociale per affrontare queste patologie» spiega Felice Piccinino Ordinario di Malattie Infettive della Seconda Università di Napoli. Altro aspetto interessante che verrà indagato da un altro gruppo di ricercatori premiati riguarda la possibilità di prevedere precocemente lo sviluppo del tumore al fegato in questi pazienti. Solo un progetto ha invece vinto nell’area delle infezioni fungine sistemiche: si propone di migliorare le possibilità di diagnosi delle infezioni polmonari da funghi che complicano la chemioterapia e i trapianti di midollo nei pazienti leucemici.
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