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HIV: progressi nelle cure , ma prevenzione debole

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Messaggio Da Rafael Lun 25 Lug - 13:15


Cronicizzare l'infezione da Hiv è la strada su cui si stanno orientando le ricerche internazionali. D'altronde, ora chi contrae il virus può arrivare a vivere fino a settant'anni. Merito dei progressi nei trattamenti con i farmaci. La diffusione dell'Hiv, però, non si batte solo con la medicina: serve anche prevenzione. Un punto, quest'ultimo da sostenere con più forza, tanto più se si pensa che in Italia ogni anno si infettano quattromila persone.

Sono una ventina i farmaci attualmente a disposizione per contrastare il replicarsi del virus. Tra i più recenti, gli inibitori dell'integrasi. Alcuni prodotti vengono somministrati in associazione tra loro, sulla base di terapie differenziate. La personalizzazione dei trattamenti è legata all'invecchiamento dei pazienti: «L'infezione da Hiv è l'unica malattia infettiva che richiede una terapia a vita - commenta Giovanni Di Perri dell'Università di Torino - E così si possono presentare, nel tempo, nuove situazioni, legate al modo di invecchiare del paziente, alla comparsa di altre patologie, come un'osteoporosi, una lieve insufficienza renale, un diabete, di cui bisogna tenere conto nel somministrare gli anti-virali». Le personalizzazione, poi, andrebbe applicata anche sul fronte preventivo. Il metodo più efficace è l'uso della terapia anti-retrovirale che, in pazienti con Hiv, ha ridotto del 96% la trasmissione a un partner non positivo. Tuttavia, ricordano gli esperti, nessun metodo di prevenzione è efficace al 100%: l'idea, quindi, è di somministrarli in associazione.

In Italia si stima che siano almeno trentamila le persone infette e che non sanno di esserlo. Alcune "malattie sentinella" dovrebbero far suonare il campanello d'allarme: chi ha altre malattie sessualmente trasmesse, ad esempio, potrebbe essere venuto a contatto anche con l'Hiv. Spie di un eventuale deficit immunitario possono essere anche la carenza di piastrine nel sangue o alcune malattie dermatologiche. L'Italia, poi, è al primo posto per numero di donne sieropositive. In un rapporto non protetto, la biologia rende il sesso femminile due volte più a rischio di contagio rispetto all'uomo. Le donne, però, devono fare i conti con altre situazioni sfavorevoli. I farmaci usati nella terapia, ad esempio, vengono sperimentati per lo più su giovani maschi. Inoltre, nelle donne in età riproduttiva, la pillola anticoncezionale può interferire con vari farmaci antivirali. Capita quindi che alcune pazienti rinuncino a proseguire la terapia. A questo problema viene incontro un nuovo progetto europeo, che si propone di assistere le donne nel trattamento quotidiano attraverso gruppi di auto-aiuto.
Rafael
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