AIDS - Italia l'unica che non paga
AIDS - Italia l'unica che non paga
Aids, figuraccia Italia
L'unico Paese che non paga
di Cristiana Pulcinelli
Ospitare la conferenza in Italia è una bella occasione per la nostra ricerca, ma è anche un modo per mettere in luce i paradossi che governano il paese. Solo qualche giorno fa, la rivista Science sottolineava come «nonostante i ricercatori italiani siano da tempo considerati tra i migliori a livello mondiale nella lotta all'Aids, il Governo non ha intenzione di proseguire il Programma Nazionale di Ricerca sull'Aids».
E Medici senza Frontiere ha chiesto al governo italiano di «rispettare gli impegni presi nella lotta all'Aids»: il nostro paese infatti è l'unico tra quelli del G8 a non aver versato i contributi per il 2009 e il 2010 al Global Fund to Fight AIDS, Tuberculosis and Malaria. Né c’è un impegno per il triennio successivo. La parte scientifica della conferenza ha preso il via ieri, tra le contestazioni degli attivisti: «Berlusconi bugiardo, dai i soldi al Global Found», diceva lo striscione nella sala dell’Auditorium.
L'attenzione dei ricercatori si concentrerà soprattutto su due nuove strategie. La prima riguarda la possibilità di usare le terapie antiretrovirali non solo per tenere a bada l'infezione da Hiv, ma per evitare che una persona infettata possa trasmettere il virus. È quello che si chiama «trattamento come prevenzione». Negli ultimi due anni, due studi pilota condotti su coppie eterosessuali nelle quali uno dei partner era infetto, hanno mostrato che se il sieropositivo prende le terapie antiretrovirali ha il 90 % di probabilità in meno di trasmettere il virus al partner. L'uso dei farmaci come arma di prevenzione viene caldeggiato anche in un ediotriale pubblicato sulla rivista medica inglese The Lancet e firmato da Julio Montaner, ex presidente della Ias.
La seconda strategia è più azzardata: si tratta di utilizzare i farmaci antiretrovirali sulle persone sane per evitare che si contagino. Si chiama profilassi pre-esposizione (PrEP) e due nuovi studi condotti in Africa, e che verranno presentati durante il convegno, dimostrerebbero la sua validità.
A spingere per la PrEP c'è il fatto che si è dimostrato molto difficile diffondere l'uso del preservativo presso alcune popolazioni, mentre un vaccino efficace non sarà pronto prima di 10 o, più realisticamente, 20. Insomma c'è un serio problema di prevenzione, tanto che nel 2008 ancora si contavano 2,7 milioni di nuove infezioni nel mondo.
Purtroppo però queste terapie non sono esenti da effetti collaterali. Il più recente è un invecchiamento precoce. Lo studio pubblicato su Nature Genetics mostra che una classe di farmaci spesso utilizzati per curare l'infezione da Hiv in Africa e in altre regioni povere danneggerebbe il Dna nei mitocondri, causando un invecchiamento precoce e facendo aumentare il rischio di sviluppare malattie legate all'età, tra cui cardiopatie e demenza.
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