AIDS, in Italia un contagio ogni tre ore
AIDS, in Italia un contagio ogni tre ore
In Italia, ogni tre ore una persona contrae il virus dell'HIV. Nell'80% dei casi il contagio avviene per via sessuale e sono soprattutto le donne ad essere a rischio perché sottovalutano la minaccia dell'infezione. La buona notizia è che, nonostante i contagi non si fermino, di Aids si muore sempre meno.
Si è celebrata ieri la Giornata mondiale dedicata all'Aids. Rispetto a venti anni fa, oggi il principale veicolo di trasmissione sono i rapporti sessuali non protetti, si contano infatti meno contagi tra tossicodipendenti e gay. Il 40% delle sieropositive ha scoperto di essere entrata in contatto con l'HIV solo quando la malattia si era conclamata; il 70% ha preso il virus dal proprio partner stabile, mentre il 76% degli uomini contrae il virus durante un rapporto occasionale. Età media di chi si è accorto di essersi infettato: 39 anni lui, 35 anni lei.
«La sensazione è che la popolazione non sia totalmente consapevole della presenza del virus - commenta Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità - i contagi più frequenti sono in Emilia Romagna, segue il Lazio. La sopravvivenza si è allungata grazie alle terapie antiretrovirali, ma dobbiamo continuare a lavorare sulla prevenzione».
Ieri Obama ha annunciato che l'America aumenterà di 50 milioni di dollari il suo impegno di lotta contro l'HIV in tutto il mondo. «Alla fine degli anni '90 - scrive Bono Vox, cantante degli U2 - negli Usa e in tutto il mondo, attivisti, medici e ricercatori si sono uniti per chiedere a gran voce di porre fine alla tragedia delle morti per Aids. Era un'impresa epica, come le cifre: nel 2002, due milioni di persone morivano di Aids e più di tre milioni avevano contratto da poco il virus. Nell'Africa sub-sahariana solo 50mila individui avevano accesso alla cura. Oggi parliamo seriamente della fine di questa epidemia globale. Attualmente sono 6,6 milioni i malati che assumono farmaci salvavita contro l'Aids. Restano comunque troppi i casi di contagio».
Polemiche per la mail che, ieri, l'assistente del direttore Rai Antonio Preziosi ha mandato ai conduttori dei programma di Rai 1 e Radiouno: «Segnalo che nelle ultime ore il Ministero ha ribadito che in nessun intervento deve essere nominato esplicitamente il profilattico; bisogna limitarsi al concetto generico di prevenzione nei comportamenti sessuali». Al ministero della Salute «non risulta niente», avrebbe acquistato spazi radiofonici Rai in occasione di questa giornata mondiale, ma senza fornire nessuna particolare indicazione, tanto meno quella riguardante l'uso del termine profilattico.
Si è celebrata ieri la Giornata mondiale dedicata all'Aids. Rispetto a venti anni fa, oggi il principale veicolo di trasmissione sono i rapporti sessuali non protetti, si contano infatti meno contagi tra tossicodipendenti e gay. Il 40% delle sieropositive ha scoperto di essere entrata in contatto con l'HIV solo quando la malattia si era conclamata; il 70% ha preso il virus dal proprio partner stabile, mentre il 76% degli uomini contrae il virus durante un rapporto occasionale. Età media di chi si è accorto di essersi infettato: 39 anni lui, 35 anni lei.
«La sensazione è che la popolazione non sia totalmente consapevole della presenza del virus - commenta Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità - i contagi più frequenti sono in Emilia Romagna, segue il Lazio. La sopravvivenza si è allungata grazie alle terapie antiretrovirali, ma dobbiamo continuare a lavorare sulla prevenzione».
Ieri Obama ha annunciato che l'America aumenterà di 50 milioni di dollari il suo impegno di lotta contro l'HIV in tutto il mondo. «Alla fine degli anni '90 - scrive Bono Vox, cantante degli U2 - negli Usa e in tutto il mondo, attivisti, medici e ricercatori si sono uniti per chiedere a gran voce di porre fine alla tragedia delle morti per Aids. Era un'impresa epica, come le cifre: nel 2002, due milioni di persone morivano di Aids e più di tre milioni avevano contratto da poco il virus. Nell'Africa sub-sahariana solo 50mila individui avevano accesso alla cura. Oggi parliamo seriamente della fine di questa epidemia globale. Attualmente sono 6,6 milioni i malati che assumono farmaci salvavita contro l'Aids. Restano comunque troppi i casi di contagio».
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