Test diagnostico per differenziare la tubercolosi attiva da quella latente
Test diagnostico per differenziare la tubercolosi attiva da quella latente
Un gruppo di ricerca dell'Ateneo di Sassari insieme ad altri colleghi dell’Università Cattolica di Roma e dell'Istituto nazionale di malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma hanno identificato un nuovo test diagnostico per differenziare la tubercolosi attiva da quella latente, cioè l'infezione che ha evidenza clinica e non manifesta i sintomi nei soggetti colpiti. I dati preliminari dello studio sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Plos One.
Le cause che determinano la comparsa della forma attiva della tubercolosi, nota come TBC, sono infatti ancora sconosciute e una rapida diagnosi dei soggetti con TBC polmonare, gli unici a poter trasmettere l’infezione, è fondamentale sia per limitare il diffondersi dell’infezione, e sia per ridurre i tempi di cura. La diagnosi di infezione, viene ancora oggi eseguita mediante il test intradermico della tubercolina, sviluppato agli inizi del XX secolo, usato come mezzo di screening per determinare la diffusione dell’infezione tubercolare.
Il team di ricerca autore dell'importante scoperta è costituito da Stefania Zanetti, Leonardo Sechi, Paola Molicotti e Alessandra Bua dell'Ateneo di Sassari, da Giovanni Fadda, Nicola Magnavita Giovanni Delogu dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e da Delia Goletti, Teresa Chiacchio, Valentina Vanini,Ornella Butera, Gilda Cuzzi, Enrico Girardi, Francesco Nicola Lauria e Susanna Grisetti dell'Istituto Nazionale di Malattie Infettive "Lazzaro Spallanzani" di Roma.
La tubercolosi è una malattia che dopo malaria e HIV miete milioni di morti ogni anno. Nel mondo si stima che l’incidenza annua sia di 9 milioni di nuovi casi di TB attiva , con 5mila morti ogni giorno e circa 2 miliardi di persone contraggono l’ infezione allo stato latente, tuttavia solo circa il 10% svilupperà la malattia.
Nello studio è stata utilizzata una proteina di M. tuberculosis HBHA ,ottenuta e purificata nel laboratorio di Micobatteriologia, di cui è responsabile la professoressa Stefania Zanetti, ordinario di Microbiologia della facoltà di Farmacia dell’Università di Sassari.
Questa proteina, a differenza di altri antigeni tubercolari già in uso nella immunodiagnosi della tubercolosi, induce una irrilevante produzione di IFN y in soggetti con TB attiva mentre risulta alta negli individui con infezione latente o con terapia antitubercolare in corso.
Quindi nel percorso diagnostico della tubercolosi questa proteina di HBHA può fungere da biomarker di infezione tubercolare latente e per certi versi di protezione alla diffusione della TBC.
"Questi primi risultati - spiega la professoressa Zanetti - sono di estrema rilevanza scientifica e pratica, in quanto in tempi rapidi, è possibile diagnosticare la malattia tubercolare e di conseguenza limitarne la diffusione. È quindi nostro proposito proseguire lo studio estendendolo a un numero maggiore di pazienti, come quelli a rischio, cioè i soggetti immunocompromessi, i bambini e gli immigrati, al fine di realizzare un kit diagnostico che possa distinguere i soggetti infettati da quelli malati".
Le cause che determinano la comparsa della forma attiva della tubercolosi, nota come TBC, sono infatti ancora sconosciute e una rapida diagnosi dei soggetti con TBC polmonare, gli unici a poter trasmettere l’infezione, è fondamentale sia per limitare il diffondersi dell’infezione, e sia per ridurre i tempi di cura. La diagnosi di infezione, viene ancora oggi eseguita mediante il test intradermico della tubercolina, sviluppato agli inizi del XX secolo, usato come mezzo di screening per determinare la diffusione dell’infezione tubercolare.
Il team di ricerca autore dell'importante scoperta è costituito da Stefania Zanetti, Leonardo Sechi, Paola Molicotti e Alessandra Bua dell'Ateneo di Sassari, da Giovanni Fadda, Nicola Magnavita Giovanni Delogu dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e da Delia Goletti, Teresa Chiacchio, Valentina Vanini,Ornella Butera, Gilda Cuzzi, Enrico Girardi, Francesco Nicola Lauria e Susanna Grisetti dell'Istituto Nazionale di Malattie Infettive "Lazzaro Spallanzani" di Roma.
La tubercolosi è una malattia che dopo malaria e HIV miete milioni di morti ogni anno. Nel mondo si stima che l’incidenza annua sia di 9 milioni di nuovi casi di TB attiva , con 5mila morti ogni giorno e circa 2 miliardi di persone contraggono l’ infezione allo stato latente, tuttavia solo circa il 10% svilupperà la malattia.
Nello studio è stata utilizzata una proteina di M. tuberculosis HBHA ,ottenuta e purificata nel laboratorio di Micobatteriologia, di cui è responsabile la professoressa Stefania Zanetti, ordinario di Microbiologia della facoltà di Farmacia dell’Università di Sassari.
Questa proteina, a differenza di altri antigeni tubercolari già in uso nella immunodiagnosi della tubercolosi, induce una irrilevante produzione di IFN y in soggetti con TB attiva mentre risulta alta negli individui con infezione latente o con terapia antitubercolare in corso.
Quindi nel percorso diagnostico della tubercolosi questa proteina di HBHA può fungere da biomarker di infezione tubercolare latente e per certi versi di protezione alla diffusione della TBC.
"Questi primi risultati - spiega la professoressa Zanetti - sono di estrema rilevanza scientifica e pratica, in quanto in tempi rapidi, è possibile diagnosticare la malattia tubercolare e di conseguenza limitarne la diffusione. È quindi nostro proposito proseguire lo studio estendendolo a un numero maggiore di pazienti, come quelli a rischio, cioè i soggetti immunocompromessi, i bambini e gli immigrati, al fine di realizzare un kit diagnostico che possa distinguere i soggetti infettati da quelli malati".
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