Aids: migliora la cultura ma calano i fondi
Aids: migliora la cultura ma calano i fondi
Proprio mentre i paesi più colpiti dall’infezione fanno proprie le linee guida e gli approcci raccomandati dall’Oms, i governi donatori stringono i cordoni della borsa. È la denuncia di Medici senza frontiere in vista del Summit dell’Onu sull’Aids
«Il nostro rapporto mostra che esiste un chiaro impegno da parte dei paesi per dare un’ambiziosa risposta all’Aids, cambiando le proprie linee guida al fine di curare i pazienti prima e con farmaci di migliore qualità. Ma a causa della diminuzione dei fondi, alcuni di essi non sono in grado di tradurre le nuove linee guida in azioni concrete».
Così Tido von Schoen-Angerer, responsabile della Campagna per l’Accesso ai Farmaci di Medici senza frontiere sintetizza il nuovo rapporto pubblicato dalla Onlus (Getting ahead of the wave) che fornisce una panoramica dell’attuale risposta alla pandemia di Aids in 16 paesi che insieme costituiscono il 52% del bacino di Hiv/Aids a livello globale.
Dodici di essi, evidenzia il rapporto, hanno già modificato i propri protocolli di cura per prendersi in carico i pazienti il prima possibile, 14 di essi hanno cambiato le linee guida per passare a farmaci meglio tollerati. Interventi che fanno parte delle più recenti raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Recenti prove scientifiche, infatti, sostengono l’importanza di anticipare le cure, perché ciò aiuta a ridurre la diffusione del virus, facendo diminuire più in fretta i livelli del virus nel sangue. I pazienti la cui carica virale viene abbassata fino a livelli quasi impercettibili, hanno il 92% in meno di possibilità di trasmettere il virus.
Ma tradurre le raccomandazioni in pratica è ancora difficile: diversi paesi come il Malawi e lo Zimbabwe, per esempio, avevano pianificato di rendere effettivi dei protocolli di cura migliori, ma non possono a causa della diminuzione dei fondi. Ciò significa curare le persone con farmaci di minore qualità o soltanto quando il loro sistema immunitario è troppo debole per reagire.
«Oggi, dieci milioni di persone hanno urgente bisogno di cure», ha aggiunto von Schoen-Angerer. «Abbiamo imparato molto negli scorsi decenni su come fornire le cure al maggior numero di persone e il più rapidamente possibile. Con le giuste politiche, potremmo triplicare il numero di pazienti trattati senza triplicare i costi. Ma se i governi donatori non sostengono un obiettivo di cura, inviano il chiaro messaggio che non intendono nemmeno affrontare la pandemia».
La pubblicazione del rapporto arriva a poche settimane dal Summit delle Nazioni Unite sull’Aids che avrà luogo a giugno a New York dove i governi decideranno l’impegno da profondere nel piano d’azione per la lotta all’Aids dei prossimi 10 anni.
Secondo Medici senza frontiere, il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-Moon ha chiesto ai governi di arrivare a curare almeno 13 milioni di persone entro il 2015 e non è mancato chi ha proposto di ampliare lo spettro dei beneficiari della terapia a 15 milioni di persone. «Tuttavia - ha denunciato l’organizzazione - durante gli incontri a porte chiuse, gli Stati Uniti e alcuni governi europei, tra cui il Regno Unito, si sono opposti. Solo se tutti i governi assumeranno un impegno comune - ha concluso - si potrà mettere in atto una risposta globale contro la pandemia».
«Il nostro rapporto mostra che esiste un chiaro impegno da parte dei paesi per dare un’ambiziosa risposta all’Aids, cambiando le proprie linee guida al fine di curare i pazienti prima e con farmaci di migliore qualità. Ma a causa della diminuzione dei fondi, alcuni di essi non sono in grado di tradurre le nuove linee guida in azioni concrete».
Così Tido von Schoen-Angerer, responsabile della Campagna per l’Accesso ai Farmaci di Medici senza frontiere sintetizza il nuovo rapporto pubblicato dalla Onlus (Getting ahead of the wave) che fornisce una panoramica dell’attuale risposta alla pandemia di Aids in 16 paesi che insieme costituiscono il 52% del bacino di Hiv/Aids a livello globale.
Dodici di essi, evidenzia il rapporto, hanno già modificato i propri protocolli di cura per prendersi in carico i pazienti il prima possibile, 14 di essi hanno cambiato le linee guida per passare a farmaci meglio tollerati. Interventi che fanno parte delle più recenti raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Recenti prove scientifiche, infatti, sostengono l’importanza di anticipare le cure, perché ciò aiuta a ridurre la diffusione del virus, facendo diminuire più in fretta i livelli del virus nel sangue. I pazienti la cui carica virale viene abbassata fino a livelli quasi impercettibili, hanno il 92% in meno di possibilità di trasmettere il virus.
Ma tradurre le raccomandazioni in pratica è ancora difficile: diversi paesi come il Malawi e lo Zimbabwe, per esempio, avevano pianificato di rendere effettivi dei protocolli di cura migliori, ma non possono a causa della diminuzione dei fondi. Ciò significa curare le persone con farmaci di minore qualità o soltanto quando il loro sistema immunitario è troppo debole per reagire.
«Oggi, dieci milioni di persone hanno urgente bisogno di cure», ha aggiunto von Schoen-Angerer. «Abbiamo imparato molto negli scorsi decenni su come fornire le cure al maggior numero di persone e il più rapidamente possibile. Con le giuste politiche, potremmo triplicare il numero di pazienti trattati senza triplicare i costi. Ma se i governi donatori non sostengono un obiettivo di cura, inviano il chiaro messaggio che non intendono nemmeno affrontare la pandemia».
La pubblicazione del rapporto arriva a poche settimane dal Summit delle Nazioni Unite sull’Aids che avrà luogo a giugno a New York dove i governi decideranno l’impegno da profondere nel piano d’azione per la lotta all’Aids dei prossimi 10 anni.
Secondo Medici senza frontiere, il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-Moon ha chiesto ai governi di arrivare a curare almeno 13 milioni di persone entro il 2015 e non è mancato chi ha proposto di ampliare lo spettro dei beneficiari della terapia a 15 milioni di persone. «Tuttavia - ha denunciato l’organizzazione - durante gli incontri a porte chiuse, gli Stati Uniti e alcuni governi europei, tra cui il Regno Unito, si sono opposti. Solo se tutti i governi assumeranno un impegno comune - ha concluso - si potrà mettere in atto una risposta globale contro la pandemia».
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