contro il concetto di categoria a rischio
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contro il concetto di categoria a rischio
Ci sono molti articoli, più o meno seri ed importanti, che descrivono come è cambiata la socio-geografia dell'infezione da hiv.
Se agli albori dell'infezione erano più colpiti tossicodipendenti ed omosessuali, al punto da far passare in secondo piano tutti gli altri tipi di contagio, oggi il panorama è molto più eterogeneo e le nuove infezioni riguardano soprattutto eterosessuali, a volte in coppia stabile, a volte giovanissimi che vivono esperienze sessuali occasionali senza conoscere ed usare protezioni contro le mst.
Si mettono in discussione finalmente i comportamenti a rischio, da chiunque siano adottati.
Cito qui sotto un articolo tra i tanti che ho trovato:
Cambia anche l'identikit del malato di Aids, oggi è maschio, eterosessuale e quarantenne. Secondo i dati dell'Iss, infatti, è aumentata l'età media nella quale si contrae l'infezione: 39 anni per gli uomini e 35 per le donne. Gli eterosessuali, in genere, sono i più colpiti (65,4%). In 8 casi su 10 la principale via di trasmissione per il virus Hiv sono i rapporti sessuali non protetti che, però, continuano a non essere percepiti come a rischio, soprattutto dalle persone più adulte. E' questa una delle cause principali che aumentano le occasioni di contagio ed è per questo che, dicono le autorità sanitarie, è importante sottoporsi al test dell'Hiv.
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Se agli albori dell'infezione erano più colpiti tossicodipendenti ed omosessuali, al punto da far passare in secondo piano tutti gli altri tipi di contagio, oggi il panorama è molto più eterogeneo e le nuove infezioni riguardano soprattutto eterosessuali, a volte in coppia stabile, a volte giovanissimi che vivono esperienze sessuali occasionali senza conoscere ed usare protezioni contro le mst.
Si mettono in discussione finalmente i comportamenti a rischio, da chiunque siano adottati.
Cito qui sotto un articolo tra i tanti che ho trovato:
Cambia anche l'identikit del malato di Aids, oggi è maschio, eterosessuale e quarantenne. Secondo i dati dell'Iss, infatti, è aumentata l'età media nella quale si contrae l'infezione: 39 anni per gli uomini e 35 per le donne. Gli eterosessuali, in genere, sono i più colpiti (65,4%). In 8 casi su 10 la principale via di trasmissione per il virus Hiv sono i rapporti sessuali non protetti che, però, continuano a non essere percepiti come a rischio, soprattutto dalle persone più adulte. E' questa una delle cause principali che aumentano le occasioni di contagio ed è per questo che, dicono le autorità sanitarie, è importante sottoporsi al test dell'Hiv.
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gloria- Messaggi : 1291
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Età : 60
Re: contro il concetto di categoria a rischio
Ora a rischio i comportamenti. Molti nuovi malati sono "inconsapevoli"
di LUCIO BERTOLI
Il tempo e i successi della terapia hanno spento i riflettori sull'Aids, su quella che per anni è stata la malattia col più alto successo mediatico del XX secolo, più della tubercolosi nella prima metà e più del cancro nella seconda metà. Il calo di interesse da parte dei media e la contestuale riduzione delle campagne di informazione hanno portato all'errata convinzione che il problema si sia estinto e che l'infezione da Hiv sia pressoché scomparsa. «E in ogni caso - aggiunge Daria Sacchini, direttore del reparto di Malattie infettive dell'ospedale di Piacenza - è ancora fortemente radicata, anche nella classe medica, la convinzione che l'Aids appartenga alle categorie a rischio e solo lì vada cercato. Non è così». TUTTA LA POPOLAZIONE SESSUALMENTE ATTIVA «In realtà l'anacronistico concetto di categorie a rischio - tradizionalmente identificate nei tossicodipendenti e negli omosessuali - dovrebbe essere abbandonato e sostituito dal più realistico concetto di comportamenti a rischio». Il virus - aggiunge ancora l'infettivologa - si diffonde in modo assai efficace attraverso la via sessuale: «Ne deriva che l'Aids non è più solo un problema delle categorie a rischio ma può riguardare tutta la popolazione sessualmente attiva. Ed è inutile nascondersi che l'attività sessuale, rispetto al passato, inizia prima e termina più tardi, anche grazie all'uso di farmaci». CAMBIATO L'IDENTIKIT DELLA PERSONA INFETTA «Occorre poi tener conto di come, rispetto al passato, siano cambiate le caratteristiche delle persone colpite. Nella prima fase dell'epidemia l'identikit di chi si infettava corrispondeva a determinate caratteristiche: maschio, giovane e tossicodipendente. Oggi aumentano le donne (anche se ancora meno colpite degli uomini), cresce l'età media e si amplifica il numero degli stranieri». S'ALLARGA A MACCHIA D'OLIO LA CATEGORIA DEGLI INCONSAPEVOLI Lo scenario caratteristico di questi anni pone in evidenza la necessità di non abbassare la guardia. «Aumenta soprattutto - continua la dottoressa Sacchini - una nuova categoria definita degli "inconsapevoli", ovvero di coloro che scoprono di essere sieropositivi sono al momento della diagnosi di Aids. A quel punto siamo a uno stadio di malattia molto avanzato. Nel 1999 solo il 25 per cento dei pazienti apparteneva al gruppo degli inconsapevoli; oggi invece oltre il 60 per cento delle nuove infezioni viene diagnosticata quando sono già evidenti i segni e i sintomi della malattia. Il fenomeno riguarda prevalentemente le persone che hanno acquisito l'infezione per via eterosessuale e gli stranieri». BASSA PERCEZIONE DEL RISCHIO, GIOVANI IN PRIMIS i motivi del ritardo di diagnosi sono da ricercarsi principalmente in una bassa percezione del rischio da parte del paziente. «Nei giovani - aggiunge l'esperta - questa circostanza è da ricondursi probabilmente al fatto che si tratta di persone nate in un'epoca in cui la guardia verso l'Aids era già stata abbassata ed erano cessate le campagne informative. Le nuove generazioni non sanno cos'è l'Aids né come si trasmette». La percezione tra adulti e anziani è invece bassa perché, come detto, queste categorie si ritengono erroneamente esenti dal problema in quanto non appartenenti alle categorie a rischio. «In molti casi è in gioco anche la riluttanza dei medici a raccomandare l'esecuzione del test, sia per la scarsa dimestichezza con la raccolta dell'anamnesi sessuale (che potrebbe fornire utili indizi) sia per la convinzione che i propri pazienti non siano a rischio». Secondo l'infettivologa, è inoltre scorrettamente diffusa l'idea che la richiesta del test sia correlata a una procedura complicata in termini di counselling e di consenso.
23/11/2010
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di LUCIO BERTOLI
Il tempo e i successi della terapia hanno spento i riflettori sull'Aids, su quella che per anni è stata la malattia col più alto successo mediatico del XX secolo, più della tubercolosi nella prima metà e più del cancro nella seconda metà. Il calo di interesse da parte dei media e la contestuale riduzione delle campagne di informazione hanno portato all'errata convinzione che il problema si sia estinto e che l'infezione da Hiv sia pressoché scomparsa. «E in ogni caso - aggiunge Daria Sacchini, direttore del reparto di Malattie infettive dell'ospedale di Piacenza - è ancora fortemente radicata, anche nella classe medica, la convinzione che l'Aids appartenga alle categorie a rischio e solo lì vada cercato. Non è così». TUTTA LA POPOLAZIONE SESSUALMENTE ATTIVA «In realtà l'anacronistico concetto di categorie a rischio - tradizionalmente identificate nei tossicodipendenti e negli omosessuali - dovrebbe essere abbandonato e sostituito dal più realistico concetto di comportamenti a rischio». Il virus - aggiunge ancora l'infettivologa - si diffonde in modo assai efficace attraverso la via sessuale: «Ne deriva che l'Aids non è più solo un problema delle categorie a rischio ma può riguardare tutta la popolazione sessualmente attiva. Ed è inutile nascondersi che l'attività sessuale, rispetto al passato, inizia prima e termina più tardi, anche grazie all'uso di farmaci». CAMBIATO L'IDENTIKIT DELLA PERSONA INFETTA «Occorre poi tener conto di come, rispetto al passato, siano cambiate le caratteristiche delle persone colpite. Nella prima fase dell'epidemia l'identikit di chi si infettava corrispondeva a determinate caratteristiche: maschio, giovane e tossicodipendente. Oggi aumentano le donne (anche se ancora meno colpite degli uomini), cresce l'età media e si amplifica il numero degli stranieri». S'ALLARGA A MACCHIA D'OLIO LA CATEGORIA DEGLI INCONSAPEVOLI Lo scenario caratteristico di questi anni pone in evidenza la necessità di non abbassare la guardia. «Aumenta soprattutto - continua la dottoressa Sacchini - una nuova categoria definita degli "inconsapevoli", ovvero di coloro che scoprono di essere sieropositivi sono al momento della diagnosi di Aids. A quel punto siamo a uno stadio di malattia molto avanzato. Nel 1999 solo il 25 per cento dei pazienti apparteneva al gruppo degli inconsapevoli; oggi invece oltre il 60 per cento delle nuove infezioni viene diagnosticata quando sono già evidenti i segni e i sintomi della malattia. Il fenomeno riguarda prevalentemente le persone che hanno acquisito l'infezione per via eterosessuale e gli stranieri». BASSA PERCEZIONE DEL RISCHIO, GIOVANI IN PRIMIS i motivi del ritardo di diagnosi sono da ricercarsi principalmente in una bassa percezione del rischio da parte del paziente. «Nei giovani - aggiunge l'esperta - questa circostanza è da ricondursi probabilmente al fatto che si tratta di persone nate in un'epoca in cui la guardia verso l'Aids era già stata abbassata ed erano cessate le campagne informative. Le nuove generazioni non sanno cos'è l'Aids né come si trasmette». La percezione tra adulti e anziani è invece bassa perché, come detto, queste categorie si ritengono erroneamente esenti dal problema in quanto non appartenenti alle categorie a rischio. «In molti casi è in gioco anche la riluttanza dei medici a raccomandare l'esecuzione del test, sia per la scarsa dimestichezza con la raccolta dell'anamnesi sessuale (che potrebbe fornire utili indizi) sia per la convinzione che i propri pazienti non siano a rischio». Secondo l'infettivologa, è inoltre scorrettamente diffusa l'idea che la richiesta del test sia correlata a una procedura complicata in termini di counselling e di consenso.
23/11/2010
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gloria- Messaggi : 1291
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Re: contro il concetto di categoria a rischio
E’ evidente che ancora molto è necessario fare continuando da una parte a puntare sulla prevenzione dall’HIV e l’informazione; dall’altra riducendo attraverso attività culturali e informative l’omofobia ancora dilagante. Questo compito, come la riduzione di qualunque forma di discriminazione, dovrebbe essere un dovere della società e certamente prime fra tutte ad occuparsene dovrebbero essere sempre più le Istituzioni e le agenzie educative come la Scuola.
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gloria- Messaggi : 1291
Data d'iscrizione : 21.12.10
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Re: contro il concetto di categoria a rischio
Ma figuriamoci, e' ancora tabu' fare educazione sessuale..agenzie educative come la Scuola.
Impensabile parlare di hiv per la scuola italiana..
Gex- Admin
- Messaggi : 2565
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Re: contro il concetto di categoria a rischio
ciao gex..qualcosa però avevo sentito..non so quanto siano poi diffuse queste realtà:gex ha scritto:Ma figuriamoci, e' ancora tabu' fare educazione sessuale..agenzie educative come la Scuola.
Impensabile parlare di hiv per la scuola italiana..
"ASA
L'Hiv va a scuola
La scuola ha un ruolo sempre più determinante per la formazione dei giovani e la prevenzione alla diffusione dell'Aids dovrebbe far parte delle materie che riguardano la tutela della salute. La scuola è il luogo dove spesso avvengono i contatti che portano alle prime esperienze sessuali. In Asa stiamo portando avanti da diversi anni un progetto di intervento nelle scuole medie superiori.
Gli incontri vengono organizzati su richiesta di una classe o di una scuola. L'intervento viene effettuato da due volontari, uno dei quali sieropositivo, con formazione specifica nel counselling dei problemi Hiv-correlati e dura circa due ore. La prima ora viene dedicata all'informazione e alla testimonianza della persona sieropositiva, la seconda è dedicata al dibattito con gli studenti.
L'eventuale presenza degli insegnanti viene concordata con il personale docente. Al termine dell'incontro gli studenti compilano un questionario per esprimere la loro valutazione. A distanza di un mese circa saranno invitati a svolgere un tema per verificare il senso di questa esperienza. "http://www.asamilano.org/progetti/scuole.php
mariolinoa2- Messaggi : 290
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Re: contro il concetto di categoria a rischio
azz 60% è tanto.un 60% che pur avendo avuto contatti a rischio..non ha mai fatto il test!!E' tanto!!gloria ha scritto:Ora a rischio i comportamenti. Molti nuovi malati sono "inconsapevoli"
di LUCIO BERTOLI
Nel 1999 solo il 25 per cento dei pazienti apparteneva al gruppo degli inconsapevoli; oggi invece oltre il 60 per cento delle nuove infezioni viene diagnosticata quando sono già evidenti i segni e i sintomi della malattia.
mariolinoa2- Messaggi : 290
Data d'iscrizione : 26.12.10
Re: contro il concetto di categoria a rischio
mariolinoa2 ha scritto:ciao gex..qualcosa però avevo sentito..non so quanto siano poi diffuse queste realtà:gex ha scritto:Ma figuriamoci, e' ancora tabu' fare educazione sessuale..agenzie educative come la Scuola.
Impensabile parlare di hiv per la scuola italiana..
"ASA
L'Hiv va a scuola
[...]
Gli incontri vengono organizzati su richiesta di una classe o di una scuola.[...] L'intervento viene effettuato da due volontari, uno dei quali sieropositivo, con formazione specifica nel counselling dei problemi Hiv-correlati e dura circa due ore. La prima ora viene dedicata all'informazione e alla testimonianza della persona sieropositiva, la seconda è dedicata al dibattito con gli studenti.
"http://www.asamilano.org/progetti/scuole.php
purtroppo non può bastare la buona volontà di qualche associazione a colmare un vuoto che dovrebbe essere responsabilità istituzionale e prima ancora (o anche) delle famiglie colmare, introducendo il discorso della responsabilità del proprio corpo, della propria salute e delle proprie pulsioni.
L'iniziativa dell'Asa è lodevole, per carità, ma condizionata alla richiesta di una classe e cerco di figurarmi i genitori che in consiglio di classe decidono se aderire o meno all'iniziativa...temo che non saranno tante le classi ad aderire.
Mi domando anche se sia proprio necessaria la presenza di un sieropositivo in carne ed ossa a spiegare, cosa può dire in più a dei ragazzi rispetto ad un sieronegativo? può raccontare la propria esperienza certo ma anche partendo da un caso non concreto si possono spiegare le cose, proprio come si spiega l'importanza dell'antisepsi durante la medicazione di una ferita, non c'è bisogno di aver davanti un malato con una piaga infetta per capire i rischi a cui si potrebbe andare incontro senza le opportune attenzioni! Comunque a parte il sieropositivo come caso da manuale presente in classe (che a me non piace ma è una cosa mia) resta il fatto che l'educazione sessuale è una lacuna grande come un oceano e che tutta l'ignoranza ha origine da questo tabù.
gloria- Messaggi : 1291
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Età : 60
Re: contro il concetto di categoria a rischio
Comunque a parte il sieropositivo come caso da manuale presente in classe (che a me non piace ma è una cosa mia) resta il fatto che l'educazione sessuale è una lacuna grande come un oceano e che tutta l'ignoranza ha origine da questo tabù.
Cncordo in pieno, il sieropositivo in classe mi sembra un fenomeno da baraccone..
Gex- Admin
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Data d'iscrizione : 20.12.10
Re: contro il concetto di categoria a rischio
ma infatti, anch'io non ne vedo tanto il senso...
e poi se il sieropositivo che va a parlare si presenta bene, in forze e in salute, potrebbe trasmettere la sensazione che l'hiv non è poi così pericoloso...se invece è messo male o con segni evidenti di lipo o chissà che altro passerebbe un messaggio terrorizzante e il sieropositivo di turno sarebbe visto come uno spauracchio, non so ma credo che basterebbe parlare chiaro a bambini e ragazzi picchiando duro e ripetendo spesso alcuni concetti, affinchè diventino familiari come lavarsi le mani, i denti: proteggersi, usare il preservativo, non credere alla favola delle categorie a rischio ma imparare che l'hiv può essere un problema di chiunque e che la prevenzione nasce soltanto dalla cura di sè.
e poi se il sieropositivo che va a parlare si presenta bene, in forze e in salute, potrebbe trasmettere la sensazione che l'hiv non è poi così pericoloso...se invece è messo male o con segni evidenti di lipo o chissà che altro passerebbe un messaggio terrorizzante e il sieropositivo di turno sarebbe visto come uno spauracchio, non so ma credo che basterebbe parlare chiaro a bambini e ragazzi picchiando duro e ripetendo spesso alcuni concetti, affinchè diventino familiari come lavarsi le mani, i denti: proteggersi, usare il preservativo, non credere alla favola delle categorie a rischio ma imparare che l'hiv può essere un problema di chiunque e che la prevenzione nasce soltanto dalla cura di sè.
gloria- Messaggi : 1291
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Età : 60
Re: contro il concetto di categoria a rischio
..invece io sarei favorevole,renderebbe l'aids più reale . più vicino.esiste , lo puoi vedere gli puoi fare domande.nessuno di quelli ai quali l'ho detto se lo sarebbe mai immaginato.neanche quando stavo peggio.non si immagina. fino a che non si viene toccati da vicino in qualche modo , è una cosa lontana che non ti riguarda e non ti può riguardare più di tanto.vederla in carne ed ossa non è come leggerla o vederla al cinema o alla tele.poi certo il tipo d'impatto dipende anche da chi è il sieropositivo.ma questo è un pò un altro discorso.e comunque se è lui che si sente e decide di farlo ..non ci vedo nulla di male.sul discorso sesso poi visto che anche i genitori e gli insegnanti non ne sanno tanto bisognerebbe fare delle lezioni coercitive alla popolazione ...sessualmente attiva.
bisognerebbe sapere dall'asa che risposte hanno avuto e come va l'iniziativa.
anzi poi credo che se un sieropositivo decide di mettere sè stesso a disposizione per sentirsi utile , per dare maggior senso alla propria vita e alla propria malattia ed è preparato ed in grado di affrontare la situazione..e la cosa funziona ..perchè no?alla fine anche a me hanno aiutato i sieropositivi "vip" che si sono mostrati e messi in gioco.
bisognerebbe sapere dall'asa che risposte hanno avuto e come va l'iniziativa.
anzi poi credo che se un sieropositivo decide di mettere sè stesso a disposizione per sentirsi utile , per dare maggior senso alla propria vita e alla propria malattia ed è preparato ed in grado di affrontare la situazione..e la cosa funziona ..perchè no?alla fine anche a me hanno aiutato i sieropositivi "vip" che si sono mostrati e messi in gioco.
Ultima modifica di mariolinoa2 il Mer 29 Dic - 20:50 - modificato 1 volta.
mariolinoa2- Messaggi : 290
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gloria- Messaggi : 1291
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Re: contro il concetto di categoria a rischio
da etero pero' mi sembra che le infezioni siano piu' frequenti tra le persone dello stesso sesso. l'altro giorno lo chiedevo al san luigi alla mia dottora. mi disse che le infezioni si sono incrementate di parecchio tra le persone dello stesso sesso. perke' in giro leggo il contrario?
ascanio- Messaggi : 25
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Età : 54
Re: contro il concetto di categoria a rischio
Si e' probabile Ascanio, come e' anche probabile che gli etero si controllino meno,tanto a "loro non riguarda" per cui vengono diagnosticate molto tardi..
Riguardo all'incremento delle infezioni ormai ognuno dice la sua, sembra che a livello globale si siano ridotte, ma a me sembra che ci sia invece un gosso incremento, etero o gay che siano...
Riguardo all'incremento delle infezioni ormai ognuno dice la sua, sembra che a livello globale si siano ridotte, ma a me sembra che ci sia invece un gosso incremento, etero o gay che siano...
Gex- Admin
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Re: contro il concetto di categoria a rischio
scusa gex ..e da cosa ti sembra?gex ha scritto:..
Riguardo all'incremento delle infezioni ormai ognuno dice la sua, sembra che a livello globale si siano ridotte, ma a me sembra che ci sia invece un gosso incremento, etero o gay che siano...
mariolinoa2- Messaggi : 290
Data d'iscrizione : 26.12.10
Re: contro il concetto di categoria a rischio
scusa gex ..e da cosa ti sembra?
se consideriamo a livello globale le riduzioni possiamo attribuirle quasi tutte ai paesi del 3 mondo attraverso politiche di prevenzione (vedi uso profilatt),mentre se leggi i vari bollettini dei singoli paesi del mondo industrializzato,nonche degli USA parlano tutti di incremento,persino i bollettini delle regioni italiane (ricordo quello dell'emilia)..
Gex- Admin
- Messaggi : 2565
Data d'iscrizione : 20.12.10
Re: contro il concetto di categoria a rischio
Gli articoli che ho postato in questo thread vogliono essere una piccola provocazione e l'invito a pensar in termini che vadano finalmente oltre il concetto di categoria a rischio.
Quello che mi preme sottolineare è che dietro il concetto statistico di categoria ci sono delle variabili, delle cause che fanno si che alcuni e non altri individui entrino a far parte di una determinata categoria. Le variabili che stanno dietro le categorie sono i comportamenti sessuali. Se un individuo, omo o etero che sia, non pratica sesso sicuro, rischia e molto.
Se invece un omosessuale o una trans adottano precauzioni non rischiano. E' così semplice!
Se poi si ragiona in termini meramente statistici allora si potrà affermare che l'incidenza dell'hiv può essere più o meno alta a seconda degli strati sociali, della zona geografica e delle abitudini sessuali ma "esportare" termini statistici nel gergo di tutti i giorni ha fatto soltanto danni alimentando la disinformazione ed il pregiudizio riguardo chi non sia strettamente omosessuale e riguardo tutti gli stili di vita non statisticamnte significativi. E la disinformazione sta facendo si che proprio gli eterosessuali siano i maggiormente colpiti dall'hiv da alcuni anni, e la maggior parte di loro non lo sa e continua a praticare sesso senza protezioni.
E' talmente banale che sembra assurdo doverlo ancora sottolineare eppure credo che una vera rivoluzione culturale non avverrà mai fino a quando non ci sentiremo tutti responsabili della prevenzione, a partire dai nostri comportamenti, indipendentemente dai gusti sessuali che, nelle varie fasi della vita, possono anche cambiare, perchè no!?
Quello che mi preme sottolineare è che dietro il concetto statistico di categoria ci sono delle variabili, delle cause che fanno si che alcuni e non altri individui entrino a far parte di una determinata categoria. Le variabili che stanno dietro le categorie sono i comportamenti sessuali. Se un individuo, omo o etero che sia, non pratica sesso sicuro, rischia e molto.
Se invece un omosessuale o una trans adottano precauzioni non rischiano. E' così semplice!
Se poi si ragiona in termini meramente statistici allora si potrà affermare che l'incidenza dell'hiv può essere più o meno alta a seconda degli strati sociali, della zona geografica e delle abitudini sessuali ma "esportare" termini statistici nel gergo di tutti i giorni ha fatto soltanto danni alimentando la disinformazione ed il pregiudizio riguardo chi non sia strettamente omosessuale e riguardo tutti gli stili di vita non statisticamnte significativi. E la disinformazione sta facendo si che proprio gli eterosessuali siano i maggiormente colpiti dall'hiv da alcuni anni, e la maggior parte di loro non lo sa e continua a praticare sesso senza protezioni.
E' talmente banale che sembra assurdo doverlo ancora sottolineare eppure credo che una vera rivoluzione culturale non avverrà mai fino a quando non ci sentiremo tutti responsabili della prevenzione, a partire dai nostri comportamenti, indipendentemente dai gusti sessuali che, nelle varie fasi della vita, possono anche cambiare, perchè no!?
gloria- Messaggi : 1291
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