Egitto: la difficile lotta contro la stigmatizzazione dell'HIV/AIDS
Egitto: la difficile lotta contro la stigmatizzazione dell'HIV/AIDS
Majid è la prima persona ad aver dichiarato apertamente in Egitto la propria sieropositività. Secondo alcuni studi, circa 11.000 egiziani convivono con l'HIV, ma il numero potrebbe essere molto più elevato: infatti, il test dell'AIDS non è diffuso e in molti non si procurano le cure necessarie, a causa della diffusa stigmatizzazione della malattia.
Ahmed Awadalla, che faceva parte del progetto Exploring Taboos sovvenzionato da Rising Voices, ha parlato nel suo blog del “prezzo della stigmatizzazione” in Egitto. Scrive in Rebel With A Cause:
Parlando di HIV/AIDS in Egitto, molto probabilmente vi troverete di fronte a una di queste due reazioni: la prima è caratterizzata da paura, choc, disagio; l'altra è invece contraddistinta da rifiuto e scherno.
Ahmed ha pubblicato un recente sondaggio sulla gioventù egiziana, da cui trapela che solo il 21% dei giovani sarebbe disposto a interagire con un sieropositivo. Anche questo tipo di reazioni rappresenta una grande sfida per quanti lavorano contro la stigmatizzazione. Ahmed aggiunge:
Evidentemente, il maggior ostacolo al lavoro di sensibilizzazione all'HIV è la stigmatizzazione delle persone che vivono con l'HIV. I sieropositivi devono soffrire in silenzio, e provano imbarazzo nel domandare aiuto o cure; se hanno scoperto di avere l'HIV, vengono rifiutati e maltrattati dalla loro comunità, al lavoro, dalla propria famiglia e dai propri cari. L'isolamento dovuto all'HIV può essere persino più pericoloso della malattia stessa.
In un altro post sul sito Conversations for a better world, Ahmed parla delle conseguenze della rivoluzione del 25 gennaio sull'HIV/AIDS. Spiega che il nuovo governo ha deciso di bloccare alcuni programmi aventi come scopo l'educazione e l'informazione; secondo alcuni, potrebbe essere il risultato del crescente controllo sui media. Ahmed aggiunge che si tratta di un ambiente difficile per gli operatori sanitari e per gli attivisti che tentano di sensibilizzare il “pubblico” in senso ampio:
Vedere che anche coloro che hanno il compito di fornire le cure necessarie discriminano nel peggiore dei modi quanti vivono con l'HIV/AIDS è una triste realtà. In effetti, la malattia è associata ad alcune idee errate sul comportamento sessuale. Ogni volta che organizziamo degli eventi di sensibilizzazione sull'HIV, chiedo ai partecipanti quali sono le cause di trasmissione del virus. La risposta più comune è: il comportamento sessuale a rischio! Purtroppo la disinformazione/la mancanza di sensibilizzazione sono enormi!
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Ahmed Awadalla, che faceva parte del progetto Exploring Taboos sovvenzionato da Rising Voices, ha parlato nel suo blog del “prezzo della stigmatizzazione” in Egitto. Scrive in Rebel With A Cause:
Parlando di HIV/AIDS in Egitto, molto probabilmente vi troverete di fronte a una di queste due reazioni: la prima è caratterizzata da paura, choc, disagio; l'altra è invece contraddistinta da rifiuto e scherno.
Ahmed ha pubblicato un recente sondaggio sulla gioventù egiziana, da cui trapela che solo il 21% dei giovani sarebbe disposto a interagire con un sieropositivo. Anche questo tipo di reazioni rappresenta una grande sfida per quanti lavorano contro la stigmatizzazione. Ahmed aggiunge:
Evidentemente, il maggior ostacolo al lavoro di sensibilizzazione all'HIV è la stigmatizzazione delle persone che vivono con l'HIV. I sieropositivi devono soffrire in silenzio, e provano imbarazzo nel domandare aiuto o cure; se hanno scoperto di avere l'HIV, vengono rifiutati e maltrattati dalla loro comunità, al lavoro, dalla propria famiglia e dai propri cari. L'isolamento dovuto all'HIV può essere persino più pericoloso della malattia stessa.
In un altro post sul sito Conversations for a better world, Ahmed parla delle conseguenze della rivoluzione del 25 gennaio sull'HIV/AIDS. Spiega che il nuovo governo ha deciso di bloccare alcuni programmi aventi come scopo l'educazione e l'informazione; secondo alcuni, potrebbe essere il risultato del crescente controllo sui media. Ahmed aggiunge che si tratta di un ambiente difficile per gli operatori sanitari e per gli attivisti che tentano di sensibilizzare il “pubblico” in senso ampio:
Vedere che anche coloro che hanno il compito di fornire le cure necessarie discriminano nel peggiore dei modi quanti vivono con l'HIV/AIDS è una triste realtà. In effetti, la malattia è associata ad alcune idee errate sul comportamento sessuale. Ogni volta che organizziamo degli eventi di sensibilizzazione sull'HIV, chiedo ai partecipanti quali sono le cause di trasmissione del virus. La risposta più comune è: il comportamento sessuale a rischio! Purtroppo la disinformazione/la mancanza di sensibilizzazione sono enormi!
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