Bombe intelligenti contro Hiv e malaria
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Bombe intelligenti contro Hiv e malaria
FOCUS. Virus prodotti in laboratorio per trasportare le medicine proprio dove si annida il “nemico”. Cresce la fiducia nella capacità della terapia genica di contrastare con efficacia le peggiori malattie.
Nemici temibili, capaci di uccidere senza mai essere intercettati, al più scoperti quando oramai è troppo tardi. Si muovono invisibili seminando distruzione e morte come le più potenti armi non convenzionali. Non è la descrizione di un giorno di ordinaria follia bellica in Afghanistan o in Iraq. Ci troviamo all’interno del corpo umano. Hiv-Aids, malaria, tumori, malattie letali che la medicina faticosamente riesce a contrastare. Per le quali non esiste ancora un vaccino capace di vincerle definitivamente. La nuova frontiera in questo campo è rappresentata dalla “terapia genica”, che si realizza mediante l’introduzione di una cellula sana all’interno dell’organismo in modo che funga da vettore per dei farmaci prodotti appositamente per colpire solo determinati obiettivi: virus o cellule tumorali annidati in un certo punto del corpo umano. L’ultima scoperta in ordine di tempo arriva dagli Stati Uniti dove Pin Wang, professore di ingegneria chimica della University of Southern California, ha creato un nuovo vettore virale (un lentivirus) da utilizzare come cavallo di Troia per trasportare farmaci anti-Hiv nelle cellule infettate dal virus dell’Aids.
L’obiettivo è ucciderle in modo mirato, riducendo al minimo gli effetti collaterali per le cellule sane. La ricerca, pubblicata su Virus Research e finanziata dai National Institutes of Health americani è ancora in fase preclinica e, come racconta Wang, a oggi il nuovo vettore lentivirale è stato sperimentato solo in vitro, riuscendo a distruggere il 35 per cento delle cellule malate. Un buon risultato specie se visto nella prospettiva di poter impiegare la metodica per più volte sullo stesso soggetto in modo da massimizzarne l’efficacia. Il prossimo obiettivo di Wang è procedere alla sperimentazione su cavie animali, e pur essendo lontano da un risultato certo e definitivo nel campo della cura dell’Aids, lo scienziato americano si dice certo che il nuovo approccio rappresenti comunque un passo avanti contro l’epidemia di Hiv. La ricerca che si affida alla tecnica del “virus contro virus” per combattere le malattie più pericolose si muove in molte direzioni. Nanoparticelle da utilizzare come navette per trasportare nell’organismo vaccini contro l’Aids o la malaria sono state progettate di recente al Massachusetts institute of technology (Mit) di Boston dal team coordinato dal bioingegnere Darrell Irvine, che ha descritto la propria scoperta sulla rivista Nature Materials di marzo.
Le nanoparticelle sono costituite da sfere concentriche fatte di lipidi e “caricate” con versioni sintetiche delle proteine normalmente prodotte dai virus. Per il sistema immunitario queste navette cariche di sosia artificiali delle proteine virali hanno un’azione così efficace da essere confrontabile con quella provocata da un virus vivo. Tuttavia, secondo Irvine, c’è ancora molto da lavorare per renderle più sicure riducendo al minimo i danni collaterali. Il progetto di questo tipo in fase più avanzata è quello condotto in collaborazione tra il Mit e l’istituto di ricerca Walter Reed dell’esercito Usa. Insieme stanno sperimentando le nanosfere per somministrare ai topi un candidato vaccino contro la malaria. Gli stessi centri di ricerca sono al lavoro anche sui trial per somministrare vaccini anticancro e contro il virus Hiv responsabile dell’Aids.
La terapia genica trova estimatori anche in Italia. Entro il 2013 il gruppo di lavoro guidato da Luigi Naldini, direttore dell’Istituto Telethon San Raffaele di Terapia Genica (HSR-TIGET) di Milano, potrebbe essere in grado di avviare una sperimentazione clinica sui pazienti affetti dal morbo di Krabbe. Si tratta di una malattia rara ereditaria (che in Italia riguarda poche decine di persone) con decorso rapidamente progressivo e fatale. La malattia si deve a difetti nel gene di una “molecola spazzina”, GALC, un enzima per lo smaltimento di “rifiuti cellulari”. Se GALC non funziona, il sistema di smaltimento si ingolfa (come un inceneritore troppo pieno di rifiuti), e nelle cellule si accumulano “rifiuti tossici”. L’approccio terapeutico teoricamente migliore è la terapia genica e consiste nell’inserire un gene sano nelle cellule staminali del sangue del paziente (raccolte con un prelievo) in modo che queste staminali diano vita a cellule del sangue mature sane.
Il problema è che GALC risulta essere tossico per le staminali e quindi i ricercatori italiani hanno ideato un’escamotage: una terapia genica “intelligente” che - grazie a un interruttore da loro scoperto e chiamato “microRna 126” - consente di tenere spento il gene GALC nelle staminali in cui è inserito, e di fare in modo che si accenda in un secondo momento solo nelle cellule del sangue mature.
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Nemici temibili, capaci di uccidere senza mai essere intercettati, al più scoperti quando oramai è troppo tardi. Si muovono invisibili seminando distruzione e morte come le più potenti armi non convenzionali. Non è la descrizione di un giorno di ordinaria follia bellica in Afghanistan o in Iraq. Ci troviamo all’interno del corpo umano. Hiv-Aids, malaria, tumori, malattie letali che la medicina faticosamente riesce a contrastare. Per le quali non esiste ancora un vaccino capace di vincerle definitivamente. La nuova frontiera in questo campo è rappresentata dalla “terapia genica”, che si realizza mediante l’introduzione di una cellula sana all’interno dell’organismo in modo che funga da vettore per dei farmaci prodotti appositamente per colpire solo determinati obiettivi: virus o cellule tumorali annidati in un certo punto del corpo umano. L’ultima scoperta in ordine di tempo arriva dagli Stati Uniti dove Pin Wang, professore di ingegneria chimica della University of Southern California, ha creato un nuovo vettore virale (un lentivirus) da utilizzare come cavallo di Troia per trasportare farmaci anti-Hiv nelle cellule infettate dal virus dell’Aids.
L’obiettivo è ucciderle in modo mirato, riducendo al minimo gli effetti collaterali per le cellule sane. La ricerca, pubblicata su Virus Research e finanziata dai National Institutes of Health americani è ancora in fase preclinica e, come racconta Wang, a oggi il nuovo vettore lentivirale è stato sperimentato solo in vitro, riuscendo a distruggere il 35 per cento delle cellule malate. Un buon risultato specie se visto nella prospettiva di poter impiegare la metodica per più volte sullo stesso soggetto in modo da massimizzarne l’efficacia. Il prossimo obiettivo di Wang è procedere alla sperimentazione su cavie animali, e pur essendo lontano da un risultato certo e definitivo nel campo della cura dell’Aids, lo scienziato americano si dice certo che il nuovo approccio rappresenti comunque un passo avanti contro l’epidemia di Hiv. La ricerca che si affida alla tecnica del “virus contro virus” per combattere le malattie più pericolose si muove in molte direzioni. Nanoparticelle da utilizzare come navette per trasportare nell’organismo vaccini contro l’Aids o la malaria sono state progettate di recente al Massachusetts institute of technology (Mit) di Boston dal team coordinato dal bioingegnere Darrell Irvine, che ha descritto la propria scoperta sulla rivista Nature Materials di marzo.
Le nanoparticelle sono costituite da sfere concentriche fatte di lipidi e “caricate” con versioni sintetiche delle proteine normalmente prodotte dai virus. Per il sistema immunitario queste navette cariche di sosia artificiali delle proteine virali hanno un’azione così efficace da essere confrontabile con quella provocata da un virus vivo. Tuttavia, secondo Irvine, c’è ancora molto da lavorare per renderle più sicure riducendo al minimo i danni collaterali. Il progetto di questo tipo in fase più avanzata è quello condotto in collaborazione tra il Mit e l’istituto di ricerca Walter Reed dell’esercito Usa. Insieme stanno sperimentando le nanosfere per somministrare ai topi un candidato vaccino contro la malaria. Gli stessi centri di ricerca sono al lavoro anche sui trial per somministrare vaccini anticancro e contro il virus Hiv responsabile dell’Aids.
La terapia genica trova estimatori anche in Italia. Entro il 2013 il gruppo di lavoro guidato da Luigi Naldini, direttore dell’Istituto Telethon San Raffaele di Terapia Genica (HSR-TIGET) di Milano, potrebbe essere in grado di avviare una sperimentazione clinica sui pazienti affetti dal morbo di Krabbe. Si tratta di una malattia rara ereditaria (che in Italia riguarda poche decine di persone) con decorso rapidamente progressivo e fatale. La malattia si deve a difetti nel gene di una “molecola spazzina”, GALC, un enzima per lo smaltimento di “rifiuti cellulari”. Se GALC non funziona, il sistema di smaltimento si ingolfa (come un inceneritore troppo pieno di rifiuti), e nelle cellule si accumulano “rifiuti tossici”. L’approccio terapeutico teoricamente migliore è la terapia genica e consiste nell’inserire un gene sano nelle cellule staminali del sangue del paziente (raccolte con un prelievo) in modo che queste staminali diano vita a cellule del sangue mature sane.
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