Montagnier e le onde elettromagnetiche del DNA
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Montagnier e le onde elettromagnetiche del DNA
È stata recentemente scoperta una nuova proprietà del Dna: la sua capacità di indurre la produzione di onde elettromagnetiche a distanza in diluizioni acquose.
Già da tempo si sa che il DNA è in grado di imfluenzare la disposizione dei fotoni nel vuoto. I "fotoni" sono particelle di luce, d'energia, quanti.
Il biologo Poponin, utilizzò in un suo esperimento un tubo nel quale era stato creato il vuoto, ma nel quale erano presenti dei fotoni la cui distribuzione veniva monitorata. All'inizio, i fotoni sembravano sparsi all'interno del vuoto senza nessun apparente ordine prestabilito, come si aspettavano gli sperimentatori. Poi gli scienziati posero alcuni campioni di DNA umano nel tubo vuoto ed in maniera abbastanza stupefacente ciò che accadde è che i fotoni si riorganizzarono in modo ordinato secondo uno schema che sembrava avere un certo tipo di disegno intrinseco; questo era già di per sé piuttosto interessante poiché dimostrava che il DNA in qualche maniera
trasmetteva delle informazioni che influenzavano la disposizione dei fotoni. Ma la cosa ancor più interessante è che quando il DNA fu tolto dal tubo, i fotoni continuarono a subirne l'effetto. Questo venne denominato con un termine molto noto: "DNA phantom effect".
Gli scienziati dell'equipe di Luc Montagnier, il famoso ricercatore francese scopritore del virus dell'AIDS, invece, hanno studiato come il DNA influenza le molecole d'acqua. Si accorsero della produzione di onde elettromagnetiche da parte del DNA una decina di anni fa, studiando il comportamento di un batterio che frequentemente si accompagna all'HIV, il Mycoplasma pirum. Si scoprì una nuova proprietà del DNA del M. pirum: l'emissione di onde a bassa frequenza in alcune diluizioni acquose del filtrato, caratteristica che fu estesa ben presto ad altri DNA batterici e virali.
Da quando è stata scoperta la struttura a doppia elica del DNA è risaputo che molte di molecole d'acqua sono solitamente legate alla doppia elica del DNA e contribuiscono alla sua stabilità. Poi numerosi studi di fisica indicarono che le molecole d'acqua possono formare aggregati o polimeri attraverso legami Idrogeno. Recentemente Emilio del Giudice e il suo gruppo di lavoro hanno mostrato e proposto come l'acqua possa essere organizzata in reti che coinvolgono milioni di molecole d'acqua che hanno la dimensione di nanostrutture. Quindi si è ipotizzato che queste nanostrutture possano auto mantenersi con le onde elettromagnetiche che emettono, e che possano conservare fedelmente l'informazione genetica del DNA. In seguito è stato possibile ricreare persino la sequenza di DNA partendo dalle nanostrutture di acqua indotte a distanza dal campo elettromagnetico di un tratto di DNA.
Tutti questi studi sul DNA, oltre ad essere molto affascinanti, sono anche molto utili a scopo medico: gli scienziati sono oggi in grado di individuare gli stessi segnali elettromagnetici provenienti dal plasma di pazienti affetti da varie infezioni e malattie croniche.
Un caso speciale è quello dell'HIV. Sono state individuate onde elettromagnetiche provenienti da sequenze di DNA dell'HIV nel sangue dei pazienti trattati con una terapia antiretrovirale e che rispondono positivamente alla terapia facendo sparire delle copie di RNA virale nel sangue infetto.
Per quanto riguarda il DNA di M. pirum, si è ipotizzato che i frammenti di DNA di HIV e le loro
nanostrutture presenti nel sangue non si possano originare dalla solita lisi cellulare ma, che siano parti capaci di ricombinarsi con delle cellule riceventi (i linfociti) per formare un genoma di DNA del virus completo e alla fine formare un virus infettivo.
Qualsiasi sia l'origine del DNA del virus, la sua facile individuazione come segnale elettromagnetico lo potrebbe rendere un marcatore biologico utile per riuscire ad aggredire la matrice virale. Si potrebbe trattare dunque di un potente strumento utile a testare nuovi tipi di cure per combattere l'infezione dell'HIV, che finora non è stato possibile raggiungere con le cure attualmente disponibili.
Questo è particolarmente importante per i pazienti che abitano i Paesi in cui l'incidenza dell'HIV è molto alta, raggiungendo il 5 o 10 % in un'ampia parte dell'Africa sub-Sahariana:
«Attualmente stiamo per avviare in Africa occidentale e meridionale alcuni studi clinici per testare nuove terapie. La loro efficacia sarà monitorata da questo tipo di test, insieme ai progressi di parametri più classici, valutando la piena ripresa del Sistema Immunitario.
Il nostro obiettivo è evitare ai pazienti di sottoporsi a una combinazione di farmaci tossici e costosi. - dice Luc Montagnier - Naturalmente le nostre scoperte hanno sollevato molte questioni irrisolte che necessitano ulteriore lavoro e interazioni. Il segnale del DNA è stimolato da onde da 7Hz che esistono in natura, sulla Terra. Anche le onde prodotte dal cervello umano sono nei limiti dei 7 Hz. Propongo alla vostra attenzione quest'idea che potrebbe non essere solo una coincidenza».
Fonte: [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]
Già da tempo si sa che il DNA è in grado di imfluenzare la disposizione dei fotoni nel vuoto. I "fotoni" sono particelle di luce, d'energia, quanti.
Il biologo Poponin, utilizzò in un suo esperimento un tubo nel quale era stato creato il vuoto, ma nel quale erano presenti dei fotoni la cui distribuzione veniva monitorata. All'inizio, i fotoni sembravano sparsi all'interno del vuoto senza nessun apparente ordine prestabilito, come si aspettavano gli sperimentatori. Poi gli scienziati posero alcuni campioni di DNA umano nel tubo vuoto ed in maniera abbastanza stupefacente ciò che accadde è che i fotoni si riorganizzarono in modo ordinato secondo uno schema che sembrava avere un certo tipo di disegno intrinseco; questo era già di per sé piuttosto interessante poiché dimostrava che il DNA in qualche maniera
trasmetteva delle informazioni che influenzavano la disposizione dei fotoni. Ma la cosa ancor più interessante è che quando il DNA fu tolto dal tubo, i fotoni continuarono a subirne l'effetto. Questo venne denominato con un termine molto noto: "DNA phantom effect".
Gli scienziati dell'equipe di Luc Montagnier, il famoso ricercatore francese scopritore del virus dell'AIDS, invece, hanno studiato come il DNA influenza le molecole d'acqua. Si accorsero della produzione di onde elettromagnetiche da parte del DNA una decina di anni fa, studiando il comportamento di un batterio che frequentemente si accompagna all'HIV, il Mycoplasma pirum. Si scoprì una nuova proprietà del DNA del M. pirum: l'emissione di onde a bassa frequenza in alcune diluizioni acquose del filtrato, caratteristica che fu estesa ben presto ad altri DNA batterici e virali.
Da quando è stata scoperta la struttura a doppia elica del DNA è risaputo che molte di molecole d'acqua sono solitamente legate alla doppia elica del DNA e contribuiscono alla sua stabilità. Poi numerosi studi di fisica indicarono che le molecole d'acqua possono formare aggregati o polimeri attraverso legami Idrogeno. Recentemente Emilio del Giudice e il suo gruppo di lavoro hanno mostrato e proposto come l'acqua possa essere organizzata in reti che coinvolgono milioni di molecole d'acqua che hanno la dimensione di nanostrutture. Quindi si è ipotizzato che queste nanostrutture possano auto mantenersi con le onde elettromagnetiche che emettono, e che possano conservare fedelmente l'informazione genetica del DNA. In seguito è stato possibile ricreare persino la sequenza di DNA partendo dalle nanostrutture di acqua indotte a distanza dal campo elettromagnetico di un tratto di DNA.
Tutti questi studi sul DNA, oltre ad essere molto affascinanti, sono anche molto utili a scopo medico: gli scienziati sono oggi in grado di individuare gli stessi segnali elettromagnetici provenienti dal plasma di pazienti affetti da varie infezioni e malattie croniche.
Un caso speciale è quello dell'HIV. Sono state individuate onde elettromagnetiche provenienti da sequenze di DNA dell'HIV nel sangue dei pazienti trattati con una terapia antiretrovirale e che rispondono positivamente alla terapia facendo sparire delle copie di RNA virale nel sangue infetto.
Per quanto riguarda il DNA di M. pirum, si è ipotizzato che i frammenti di DNA di HIV e le loro
nanostrutture presenti nel sangue non si possano originare dalla solita lisi cellulare ma, che siano parti capaci di ricombinarsi con delle cellule riceventi (i linfociti) per formare un genoma di DNA del virus completo e alla fine formare un virus infettivo.
Qualsiasi sia l'origine del DNA del virus, la sua facile individuazione come segnale elettromagnetico lo potrebbe rendere un marcatore biologico utile per riuscire ad aggredire la matrice virale. Si potrebbe trattare dunque di un potente strumento utile a testare nuovi tipi di cure per combattere l'infezione dell'HIV, che finora non è stato possibile raggiungere con le cure attualmente disponibili.
Questo è particolarmente importante per i pazienti che abitano i Paesi in cui l'incidenza dell'HIV è molto alta, raggiungendo il 5 o 10 % in un'ampia parte dell'Africa sub-Sahariana:
«Attualmente stiamo per avviare in Africa occidentale e meridionale alcuni studi clinici per testare nuove terapie. La loro efficacia sarà monitorata da questo tipo di test, insieme ai progressi di parametri più classici, valutando la piena ripresa del Sistema Immunitario.
Il nostro obiettivo è evitare ai pazienti di sottoporsi a una combinazione di farmaci tossici e costosi. - dice Luc Montagnier - Naturalmente le nostre scoperte hanno sollevato molte questioni irrisolte che necessitano ulteriore lavoro e interazioni. Il segnale del DNA è stimolato da onde da 7Hz che esistono in natura, sulla Terra. Anche le onde prodotte dal cervello umano sono nei limiti dei 7 Hz. Propongo alla vostra attenzione quest'idea che potrebbe non essere solo una coincidenza».
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Re: Montagnier e le onde elettromagnetiche del DNA
Team italiano e francese, nuova scoperta della fisica:L’acqua viene “informata” dai principi attivi in essa diluiti.
Si riaccende il dibattito sull’omeopatia La prestigiosa rivista scientifica Journal of Physics ha pubblicato il lavoro di ricerca “DNA, waves and water” condotto sull’asse Italia – Francia dal Premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier e dal fisico Emilio Del Giudice. Nuove prospettive sul funzionamento dei medicinali omeopatici e omotossicologici
- Una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, Journal of Physic, ha pubblicato il lavoro di ricerca condotto da due gruppi di lavoro distinti, il primo francese coordinato dal Prof. Luc Montagnier, Premio Nobel per la Medicina, con i tecnici e biologi Lavallè e Aissa, e il secondo tutto italiano coordinato dal fisico Prof. Emilio Del Giudice, (IIB, International Institute for Biophotonics, Neuss, Germany) con Giuseppe Vitiello (Fisico teorico del Dipartimento di Matematica ed Informatica, Università di Salerno) e Alberto Tedeschi, ricercatore (White HB, Milano). Montagnier ha scoperto che alcune sequenze di DNA possono indurre segnali elettromagnetici di bassa frequenza in soluzioni acquose altamente diluite, le quali mantengono poi “memoria” delle caratteristiche del DNA stesso.
Questo significa innanzitutto che si potranno sviluppare sistemi diagnostici finora mai progettati, basati sulla proprietà “informativa” dell’acqua biologica presente nel corpo umano: malattie croniche come Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Multipla, Artrite Reumatoide, e le malattie virali, come HIV-AIDS, influenza A ed epatite C, “informano” l’acqua del nostro corpo (acqua biologica) della loro presenza, emettendo particolari segnali elettromagnetici che possono essere poi “letti” e decifrati. Possibili sviluppi di tale scoperta potrebbero quindi essere sia in termini diagnostici che di trattamento e terapia delle malattie. I segnali elettromagnetici presenti nell’acqua infatti sono riconducibili alla presenza o meno di una sua “memoria”, intervenendo sulla quale si prospettano ampie possibilità di trattamento e di terapia, con la prospettiva di cambiare di fatto la vita a molti pazienti, costretti all’assunzione di indispensabili farmaci salvavita che a volte recano però con sé il rischio di pesanti effetti collaterali.
Un’ipotesi di ricerca simile venne percorsa due decenni fa dal ricercatore francese Benveniste: la scarsità di evidenze scientifiche a suffragio della sua teoria ne causarono all’epoca l’isolamento dalla comunità scientifica, ma dopo molti anni quelle ipotesi tornano inaspettatamente di attualità. E’ opportuno anche ricordare che la medicina omeopatica e omotossicologica sfrutta da sempre i principi fisici per cui l’acqua può essere “informata” da sostanze in essa diluite: la ricerca di Montagnier, Del Giudice e Vitello indica la strada per arrivare a una migliore comprensione dei meccanismi di funzionamento del paradigma medico omeopatico ed omotossicologico, e pare creare la base per una futura generazione di rimedi farmaceutici senza effetti collaterali, che basano il proprio meccanismo d’azione sull’acqua “informata” dal segnale elettromagnetico prodotto da sostanze presenti in essa a bassissime concentrazioni ed “attivata” tramite peculiari tecnologie chimico-fisiche.
Essi acquisiscono così proprietà curative, ma – grazie all’alta diluzione del principio attivo – sono privi di effetti collaterali. In relazione alla pubblicazione del lavoro “DNA, waves and water”, il Prof. Giuseppe Vitiello ha dichiarato: “Il dato molto importante da sottolineare è che una rivista ufficiale di fisica come il Journal of Physics ha pubblicato per la prima volta una ricerca che normalmente sarebbe di competenza di un Journal di biologia o medicina. Un passo ulteriore a dimostrazione che la moderna fisica quantistica può dare un contributo fondamentale alle ricerche mediche di frontiera”. Riferimento del paper: 5th International Workshop DICE2010, IOP Publishing “DNA waves and water” – L. Montagnier, J. Aissa, E. Del Giudice, C. Lavallee, A. Tedeschi and G. Vitello – Journal of Physics: Conference Series 306 (2011) 012007 doi : 10.1088/1742-6596/306/1/012007. La pubblicazione sul Journal of Physics è liberamente scaricabile dal sito ufficiale della rivista:
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Si riaccende il dibattito sull’omeopatia La prestigiosa rivista scientifica Journal of Physics ha pubblicato il lavoro di ricerca “DNA, waves and water” condotto sull’asse Italia – Francia dal Premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier e dal fisico Emilio Del Giudice. Nuove prospettive sul funzionamento dei medicinali omeopatici e omotossicologici
- Una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo, Journal of Physic, ha pubblicato il lavoro di ricerca condotto da due gruppi di lavoro distinti, il primo francese coordinato dal Prof. Luc Montagnier, Premio Nobel per la Medicina, con i tecnici e biologi Lavallè e Aissa, e il secondo tutto italiano coordinato dal fisico Prof. Emilio Del Giudice, (IIB, International Institute for Biophotonics, Neuss, Germany) con Giuseppe Vitiello (Fisico teorico del Dipartimento di Matematica ed Informatica, Università di Salerno) e Alberto Tedeschi, ricercatore (White HB, Milano). Montagnier ha scoperto che alcune sequenze di DNA possono indurre segnali elettromagnetici di bassa frequenza in soluzioni acquose altamente diluite, le quali mantengono poi “memoria” delle caratteristiche del DNA stesso.
Questo significa innanzitutto che si potranno sviluppare sistemi diagnostici finora mai progettati, basati sulla proprietà “informativa” dell’acqua biologica presente nel corpo umano: malattie croniche come Alzheimer, Parkinson, Sclerosi Multipla, Artrite Reumatoide, e le malattie virali, come HIV-AIDS, influenza A ed epatite C, “informano” l’acqua del nostro corpo (acqua biologica) della loro presenza, emettendo particolari segnali elettromagnetici che possono essere poi “letti” e decifrati. Possibili sviluppi di tale scoperta potrebbero quindi essere sia in termini diagnostici che di trattamento e terapia delle malattie. I segnali elettromagnetici presenti nell’acqua infatti sono riconducibili alla presenza o meno di una sua “memoria”, intervenendo sulla quale si prospettano ampie possibilità di trattamento e di terapia, con la prospettiva di cambiare di fatto la vita a molti pazienti, costretti all’assunzione di indispensabili farmaci salvavita che a volte recano però con sé il rischio di pesanti effetti collaterali.
Un’ipotesi di ricerca simile venne percorsa due decenni fa dal ricercatore francese Benveniste: la scarsità di evidenze scientifiche a suffragio della sua teoria ne causarono all’epoca l’isolamento dalla comunità scientifica, ma dopo molti anni quelle ipotesi tornano inaspettatamente di attualità. E’ opportuno anche ricordare che la medicina omeopatica e omotossicologica sfrutta da sempre i principi fisici per cui l’acqua può essere “informata” da sostanze in essa diluite: la ricerca di Montagnier, Del Giudice e Vitello indica la strada per arrivare a una migliore comprensione dei meccanismi di funzionamento del paradigma medico omeopatico ed omotossicologico, e pare creare la base per una futura generazione di rimedi farmaceutici senza effetti collaterali, che basano il proprio meccanismo d’azione sull’acqua “informata” dal segnale elettromagnetico prodotto da sostanze presenti in essa a bassissime concentrazioni ed “attivata” tramite peculiari tecnologie chimico-fisiche.
Essi acquisiscono così proprietà curative, ma – grazie all’alta diluzione del principio attivo – sono privi di effetti collaterali. In relazione alla pubblicazione del lavoro “DNA, waves and water”, il Prof. Giuseppe Vitiello ha dichiarato: “Il dato molto importante da sottolineare è che una rivista ufficiale di fisica come il Journal of Physics ha pubblicato per la prima volta una ricerca che normalmente sarebbe di competenza di un Journal di biologia o medicina. Un passo ulteriore a dimostrazione che la moderna fisica quantistica può dare un contributo fondamentale alle ricerche mediche di frontiera”. Riferimento del paper: 5th International Workshop DICE2010, IOP Publishing “DNA waves and water” – L. Montagnier, J. Aissa, E. Del Giudice, C. Lavallee, A. Tedeschi and G. Vitello – Journal of Physics: Conference Series 306 (2011) 012007 doi : 10.1088/1742-6596/306/1/012007. La pubblicazione sul Journal of Physics è liberamente scaricabile dal sito ufficiale della rivista:
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Gex- Admin
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Re: Montagnier e le onde elettromagnetiche del DNA
boh ... se son rose fioriranno ... aspettiamo i RISULTATI PRATICI
Loris- Messaggi : 279
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Re: Montagnier e le onde elettromagnetiche del DNA
Il Dna ci parla attraverso l’acqua del corpo
Nuove prospettive nella diagnosi di malattie croniche e virali si aprono grazie a una ricerca italo-francese che ha approfondito il legame tra Dna e acqua. Lo studio, che porta la firma del premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, mostra come l'acqua "registra" le onde a bassa frequenza del Dna, le "memorizza" e poi le diffonde "amplificandole".
Si affaccia così la possibilità di sviluppare nuovi strumenti diagnostici che sfruttano la "memoria" dell'acqua biologica, contenuta nel corpo umano. Si possono ad esempio captare e interpretare i segnali elettromagnetici trasmessi dall'acqua e che rilevano la presenza di malattie croniche, come Alzheimer, Parkinson, sclerosi multipla, artrite reumatoide, ma anche di malattie virali, come Hiv-Aids, epatite C e influenza A.
All'orizzonte, poi, nuove prospettive di cura: agendo sulla memorizzazione dei segnali elettromagnetici che i principi farmacologici diluiti nell'acqua rilasciano in essa, si potranno diminuire sia la quantità di principio attivo efficace, sia il rischio di effetti collaterali.
Rafael- Messaggi : 814
Data d'iscrizione : 21.12.10
Re: Montagnier e le onde elettromagnetiche del DNA
Analisi critica dello studio del Prof Montagner:
Quando si chiede ad un omeopata il motivo della mancanza di importanti riferimenti scientifici a sostegno delle sue teorie gli argomenti utilizzati per rispondere sono principalmente due, l'omeopatia:
ha un effetto individuale non generale, personale, differente da una persona all'altra e non è quindi possibile creare gruppi di studio sulla popolazione generale
non ha effetti misurabili scientificamente perché funziona tramite concetti non ancora chiari alla scienza o che la stessa non è ancora capace di rilevare con gli strumenti che oggi possiede
Se la scienza non ha mai dimostrato le teorie ed i presunti risultati dell'omeopatia c'è poco da fare, si entra nella leggenda, almeno relativamente alle conoscenze scientifiche odierne. Quando una pratica è indimostrabile ed inspiegabile cos'è se non un fenomeno paranormale?
Qualcuno risponde: mille anni fa anche i fulmini erano "fenomeni paranormali" (tanto da essere visti come manifestazione divina) ma i fulmini esistono, si vedono, hanno un effetto oggettivo.
Se si pensa che l'accostamento omeopatia paranormale sia azzardato, basterà chiedere ad un omeopata proprio questo: come funziona l'omeopatia?
Risponderà con ulteriori domande o ancora peggio, con argomenti irreali (quando non surreali), dalla memoria dell'acqua, all'energia quantica, dalle vibrazioni cosmiche ai campi magnetici, tutti concetti molto esotici ma che in medicina sono pseudoscienza. Si arriva a giustificare l'efficacia dell'omeopatia con frasi come "se la usano tante persone, evidentemente funziona" imitando gli astrologi che così giustificano l'astrologia. Non esistono altri argomenti, provate pure.
Naturalmente la scienza da tutta questa storia ne esce a pezzi.
Che poi si tenti di vendere l'omeopatia con nomi più eleganti o ammiccanti ("terapia informazionale" oppure medicina a dosi imponderabili) cambia poco nella sostanza che è talmente diluita da scomparire completamente.
Ma gli omeopati insistono non si danno per vinti e per loro c'è sempre speranza, (ed in fondo c'è per tutti, se si dimostrasse che una pratica oggi antiscientifica si dimostrasse efficace) nonostante per primi non riescano a capire come funzionino i loro rimedi né perché, nonostante non sappiano distinguere un granulo omeopatico da uno di zucchero ogni tanto esce fuori un nuovo studio rivoluzionario che finalmente dimostra in maniera "incontrovertibile" gli effetti di questa pratica.
Gli omeopati non parlano di scienza, non fanno affidamento sui metodi scientifici e disprezzano la scienza che paragona l'omeopatia al placebo ma al momento di darsi ragione la scienza diventa attendibile, credibile e "rivoluzionaria" finendo per definire "storica" ogni ricerca, ogni studio che sembra appoggiare le teorie omeopatiche. Di studi "storici" e "rivoluzionari" nel tempo ne sono usciti centinaia quindi, ma chissà perché ancora l'omeopatia la sua storia scientifica deve scriverla dall'inizio e resta una pratica da dimostrare.
È curioso come la scienza non conti nulla quando dice che l'omeopatia non esiste mentre conta tutto quando conviene.
In questi mesi di "rivoluzioni" ne sono uscite due.
La prima è nientedimeno opera di Luc Montagnier, premio nobel per aver isolato il virus HIV.
Luc Montagnier ha affermato che, in base a certi suoi esperimenti, poi pubblicati in una rivista scientifica, ha avuto la prova dell'esistenza dei princìpi dell'omeopatia.
Dimostrare l'omeopatia non sarebbe solo una rivoluzione medica ma rivolterebbe come un calzino la chimica, la fisica, la biologia e tutti i campi che funzionano grazie a queste scienze. Più di una rivoluzione: si dovrebbero rivedere le conoscenze di secoli applicate continuamente, conoscenze che ci permettono di vivere, curarci, muoverci, progredire.
Lo studio (aggiornamento: l'articolo è scomparso dall'indirizzo originale, provare qui) si intitola: "Electromagnetic signals are produced by aqueous nanostructures derived from bacterial DNA" cioè "Segnali elettromagnetici prodotti da nanostrutture in acqua derivate da DNA batterico".
In poche parole secondo Montagnier (che ha realizzato degli esperimenti illustrati nel suo studio) batteri patogeni (solo quelli patogeni e solo per l'uomo) "ultradiluiti" in provette piene d'acqua (quindi una sorta di omeopatia) emanerebbero dei segnali (elettromagnetici) che sembrerebbero provenire da "residui" di tali batteri (questi residui sarebbero delle "nanostrutture", quindi strutture piccolissime forse molecole, DNA per Montagnier) dando prova della loro presenza nonostante l'ultradiluizione. Sarebbe, se dimostrato reale, un dato scientificamente molto interessante.
Lo studio è attendibile? Dal nome dell'autore si penserebbe di sì, ma non fermiamoci all'apparenza, andiamo a controllare.
Si tratta della testata: Interdisciplinary Sciences: Computational Life Sciences. Non molto conosciuta (diciamo pure sconosciuta...) a dire la verità... e non è neppure una rivista di medicina...
Si tratta di una pubblicazione che ha base in Cina, strana cosa: la Cina non ha una grossa tradizione scientifica, anzi, diciamo che scientificamente la Cina è in uno stato pessimo, purtroppo il regime in carica non permette la libera circolazione del pensiero scientifico e permette solo ciò che è gradito, tanto che non esistono in Cina pubblicazioni mediche con "fallimenti" o risultati di inefficacia di un farmaco, vanno in stampa solo i successi. Pazienza, l'editore cinese lasciamolo stare anche se Montagnier poteva scegliere di meglio per una ricerca di questa portata.
Controlliamo allora il comitato editoriale, se prestigioso saprà garantire la serietà e l'attendibilità (e l'imparzialità) che richiederebbe un lavoro scientifico di un certo livello (se poi parliamo di rivoluzione della scienza, la serietà e l'attendibilità sono il minimo che ci si aspetti).
Chi è quindi il direttore editoriale della rivista?
Ma... è Luc Montagnier. È lui stesso in persona!
L'arbitro è la stessa persona che gioca la partita insomma...
Lo studio sarebbe stato realizzato dalla fondazione Luc Montagnier, fondazione scientifica che finora ha realizzato in tutta la sua esistenza ben due studi, questo ed uno sull'uso della papaya fermentata per la prevenzione dell'influenza. Umh... quanta approssimazione però.
Anche formale: il contatto del responsabile della ricerca è una mail di Yahoo.
Bah, sembra un articolo di un blog più che una rivoluzione scientifica.
Ma lo studio, prima di essere pubblicato, è stato controllato? Qualcuno ha studiato i particolari, le affermazioni, i metodi?
Tutte le riviste con un minimo di serietà lo fanno (o si rischierebbe di pubblicare una ricerca sugli asini che volano dimostrando che sia possibile) ed in genere questa operazione richiede mesi, tanti mesi (chiunque pubblichi ricerche su buone riviste scientifiche sa che il "tira e molla" per far arrivare uno studio alla pubblicazione è a volte estenuante, passano anche 8-12 mesi prima della pubblicazione, con continui rinvii, richiami, correzioni, appunti... a volte troppo puntigliosi...), insomma, chi ha controllato lo studio, ha controllato bene? A quanto si vede non tanto, visto che dal momento del ricevimento a quello della pubblicazione, sono passati 3 giorni (tre!)... Lo studio inoltre non è per nulla scritto nello stile dei lavori scientifici (che sono divisi in sezioni differenti che elencano i materiali ed i metodi utilizzati, una discussione sul lavoro, i risultati e le conclusioni). Qualcuno mi ha anche fatto notare diversi errori ortografici.
Ma lasciamo perdere per un attimo questi scivoloni "formali" andiamo al sodo. Schematicamente spiego la procedura utilizzata da Montagnier per dimostrare che l'acqua avrebbe una memoria.
Montagnier ha agito così: ha preso una provetta contenente un batterio il Mycoplasma Pirum. Ha filtrato il liquido in modo da ottenere alla fine un liquido sterile, senza Mycoplasma, acqua quindi almeno ufficialmente.
A questo punto però avviene qualcosa di miracoloso: quando l'acqua sterile viene posta in incubazione per 2-3 settimane, ecco ricomparire il batterio.
when the filtrates were incubated for two weeks (100 nM filtrate) or three weeks (20 nM filtrate) with a culture of human activated T lymphocytes, the mycoplasma was recovered in the medium with all its original characteristics as previously observed.
[trad: quando i filtrati sono stati incubati per due settimane (filtro da 100nM) o tre settimane (filtro da 20nM) con una coltura di linfociti T umani attivati, il mycoplasma è stato rinvenuto nel mezzo di coltura con tutte le sue caratteristiche originali osservate precedentemente.]
Sono due le cose: o abbiamo assistito alla creazione della vita dal nulla o in quel liquido "sterile" c'erano ancora batteri che poi si sono riprodotti e quindi l'acqua proprio sterile non era. Oppure, e qui c'entrerebbe la fantomatica "memoria dell'acqua", i batteri non c'erano più ma era rimasta la loro traccia nel solvente. Uno scienziato serio per prima cosa avrebbe cercato di capire il motivo di quella presenza: una contaminazione? Un errore nel metodo? La procedura che in una delle sue fasi non era corretta?
Montagnier non si è posto queste domande ed è andato dritto fino alla "memoria dell'acqua".
L'esperimento procede. Questi due filtrati (che quindi contenevano tracce dei batteri, particelle, che Montagnier identifica come DNA) sono stati utilizzati per testare l'emissione di onde elettromagnetiche.
Diluiti i fluidi e messi in provetta (ed agitati, "dinamizzati", procedura tipica dell'omeopatia) a diluizioni decimali (indicate con il simbolo D) successive (non centesimali, che sono quelle tipiche dell'omeopatia, indicate con il segno C) sempre più alte, fino a 15-20 sono stati posti nel macchinario che doveva misurarne le emissioni.
Avevamo quindi per riassumere delle provette contenenti dei liquidi composti dal filtrato della coltura di Mycoplasma diluito in maniera crescente per ogni provetta (D1, D2, D3, ecc...).
Si procede quindi con la misurazione delle onde emesse dal contenuto delle provette.
Per misurare l'emissione di onde elettromagnetiche da parte del liquido diluito, il medico francese ha utilizzato un macchinario inventato da Jacques Benveniste (che Montagner, suo amico, definisce come il suo maestro).
Quando si effettuano misurazioni fisiche, soprattutto molto raffinate (come sarebbe richiesto da una ricerca di questo tipo) è bene affidarsi a macchine precise, con bassissima possibilità di errore e con meccanismi altamente affidabili.
Montagnier si è affidato a questo:
Una bobina di filo di rame, un cavetto che la collega ad un amplificatore che a sua volta, tramite un altro cavetto è collegato ad un computer. Un programma di analisi dei suoni registrava le onde elettromagnetiche.
Guardando il "macchinario" si nota subito che si tratta di un vero e proprio "trabiccolo". Cioè, il Nobel Montagnier misura le onde elettromagnetiche emesse dalle sostanze praticamente con una radiolina amatoriale che sembra costruita da un bambino con "il piccolo elettricista"?
Assurdo.
Il bello è che Montagnier ha pure brevettato il macchinario e si sta accapigliando con un altro inventore che dice di essere stato lui il primo ad ideare la macchina che "registra" le onde elettromagnetiche emesse dalle provette. L'ufficio brevetti ha chiesto a Montagnier di inviare spiegazioni e documentazione precisa per quello che sembra un macchinario inutile ed ha respinto la richiesta di registrazione.
Dal punto di vista tecnico (elettronico) lo scienziato ha effettuato una sorta di "taglio" dei disturbi esterni basandosi sulle frequenze delle onde percepite e tutto il resto era (secondo lui) emesso dai liquidi diluiti nelle provette.
Se poi quella bobina di rame percepiva radio Maria o la TV svizzera poco importava, c'erano dei segnali e questi provenivano dal DNA (ipotizza Montagnier) dei batteri.
Montagnier ha concluso quindi in maniera del tutto arbitraria si trattassero di "segnali" inviati dal DNA batterico che era nella provetta prima della filtrazione.
Nello stesso studio Montagnier esegue un altro esperimento (in un solo studio due esperimenti diversi, inusuale...): una soluzione diluita contenente batteri ultradiluiti "trasmette" a distanza (una sorta di "telepatia" chimica) le sue proprietà ad un'altra soluzione non contenente batteri. In pratica ogni sostanza "comunica" con tutto ciò che ha attorno. Non approfondisco anche questo "esperimento" o mi perderei.
In ogni caso questo secondo esperimento di Montagnier ricalca quello di Benveniste che concluse tristemente la sua carriera affermando di poter registrare le emissioni di sostanze in diluizione omeopatica e poi inviarle via mail all'altro capo del mondo dove queste emissioni venivano "avvertite" da altre sostanze.
Torniamo al primo esperimento.
Il computer quindi ha registrato delle onde elettomagnetiche e Montagnier ha concluso che queste provenivano dalle provette contenenti residui di DNA batterico ultradiluito (quindi più o meno una sorta di preparato omeopatico).
Ma andiamo ad analizzare qualche particolare.
Nello studio è scritto che le diluizioni più basse non emettevano segnali e nemmeno quelle più alte. I segnali venivano registrati solo in caso di diluizioni relativamente basse (come la 10-
The frst low dilutions were usually negative, showing the background noise only. Positive signals were usually obtained at dilutions ranging from 10-5 to 10-8 or 10-12. Higher dilutions were again negative.
[trad: Le prime diluizioni più basse sono state negative e mostravano solo rumore di fondo. Sono stati ottenuti segnali positivi a diluizioni comprese tra 10-5 e 10-8 o 10-12. Diluizioni più alte sono state nuovamente negative.]
Questi segnali, duravano molte ore, a volte anche 48:
We have studied the decay with time of the capacity of dilutions for emitting EMS, after they have been removed (in mumetal boxes) from exposure to the excitation by the background. This capacity lasts at least several hours, some time up to 48 hours, indicating the relative stability of the nanostructures.
[trad: Abbiamo studiato la durata di tempo dell'emissione di onde elettromagnetiche (EMS) da parte delle diluizioni, dopo essere state rimosse (in contenitori di mumetal) dall'esposizione dell'eccitazione da parte dell'ambiente. Questa capacità dura almeno molte ore, a volte 48, indicando la relativa stabilità delle nanostrutture.]
E qui le prime magagne: la teoria omeopatica afferma che più è alta una diluizione più è efficace il rimedio omeopatico.
Come si vede però (ammesso che quelle onde fossero davvero provenienti dalle provette) le emissioni sparivano appena si testavano le diluizioni più alte.
Potremmo allora concludere che non è vero che le diluizioni più alte sono anche le più attive: primo autogol per l'omeopatia che da questa conclusione viene smentita proprio in uno dei suoi teoremi più basilari.
Si dice nello studio che le emissioni duravano per molte ore, persino a volte 48, poi cessavano. Questo vorrebbe dire che un prodotto omeopatico che venisse consumato dopo le 48 ore non avrebbe nessuna delle sue presunte proprietà. Quanti prodotti omeopatici vengono consumati entro 48 ore dalla loro produzione?
Probabilmente nessuno, per arrivare negli scaffali delle farmacie impiegano giorni o settimane.
Potremmo concludere allora che tutti i prodotti omeopatici in vendita, sono assolutamente inefficaci.
Secondo autogol per l'omeopatia, in base a questa osservazione, tutti i prodotti omeopatici che troviamo in farmacia non sono "attivi".
In realtà non è neanche corretto concludere così. Lo sarebbe se lo studio fosse preciso, ben fatto e metodologicamente di buon livello e non è così.
Lo studio non è certo un esempio di perfezione metodologica o statistica e le conclusioni in un senso o nell'altro sarebbero estremamente imprecise.
Utilizzare una bobina di filo di rame come "antenna" crea sicuramente una montagna di interferenze, riesce persino a captare le onde della televisione e della radio, altro che batteri. E quel segnale lo fai percorrere in due cavetti di rame (non schermati) che lo conducono ad un amplificatore e poi con uno spinotto ad un computer... qui i disturbi sono enormi, impossibile distinguerli uno dall'altro e soprattutto distinguere questi da un fantomatico segnale elettromagnetico dei batteri che erano nella provetta che si presume infinitesimale.
Ci sono moltissimi indizi che le "onde elettromagnetiche" registrate da Montagnier e riferite a fantomatici segnali del DNA batterico siano in realtà interferenze esterne. A quanto pare ad esempio, i segnali si sono ridotti quando il computer è stato alimentato con la propria batteria e non tramite corrente elettrica di rete!
Ma queste cose le sa un elettrotecnico alle prime armi (le so pure io che elettrotecnico non sono...) Montagnier non lo sa? O per un attimo se ne dimentica?
Un fisico ha commentato a proposito di questi errori:
Overall, if this were a lab report from a college junior/senior level physics major lab course (the closest analog), it would rate a D at best. And that would be generous. At the professional level, the complete unconcern with background can only be described as gross incompetence.
[trad: Complessivamente, se questo fosse un compito scolastico di fisica di livello medio/alto, prenderebbe un 4 nella migliore delle ipotesi. Sarebbe pure generoso. A livello professionale, l'assoluta noncuranza dello studio nei confronti del rumore di fondo può essere descritto solo come grossolana incompetenza.]
Quando fai una ricerca scientifica cerchi di ridurre al minimo le interferenze esterne, lo fai addirittura per quelle psicologiche (con il placebo) e non lo fai con i cavetti di rame?
Questi sono errori talmente grossolani che screditerebbero anche la ricerca più accurata.
Ma ammettiamo pure che i risultati dello studio siano validi.
Sorge per l'ennesima volta l'evidenza che questi risultati più che eventualmente appoggiare le teorie dell'omeopatia, le smentiscono, in maniera sconfortante...
Nello studio inoltre è detto che queste "emissioni" si verificavano con batteri patogeni (che causano malattie) per l'uomo e non con quelli non patogeni: che un fenomeno fisico sappia distinguere tra batterio patogeno e non patogeno è davvero poco credibile ed inoltre la memoria dell'acqua funziona solo quando incontra batteri patogeni? E poi, un batterio patogeno per l'uomo può non esserlo per altri esseri viventi e viceversa: forse che la memoria dell'acqua capisce anche quali sono i batteri pericolosi per la specie umana? Questa stranezza è sottolineata nello stesso studio:
A non exhaustive survey of the bacterial species and of their DNA able to display EMS suggests that most of bacteria pathogenic for humans are in this category.
By contrast, probiotic/good" bacteria as Lactobacillus and their DNA are negative for EMS emission.
[trad: Un'incompleta valutazione delle specie batteriche e del loro DNA capace di mostrare onde elettromagnetiche suggerisce che molti batteri patogeni per l'uomo appartengono a questa categoria. Al contrario i probiotici/batteri buoni come il Lattobacillo ed il loro DNA non emettono onde elettromagnetiche.]
Come si vede la "ricerca rivoluzionaria" che dimostrerebbe l'esistenza della memoria dell'acqua fa... acqua da tutte le parti. Se poi vogliamo essere precisi questo esperimento non c'entra nemmeno tanto con l'omeopatia perché quindi portarlo come "prova a favore"?
Tanto per capire le reazioni alla lettura dello studio, qualcuno ha già pensato di proporlo per il premio IgNobel, già vinto da Benveniste.
Io propongo una lettura diversa di questo esperimento, molto più semplice e banale, non sono un premio Nobel e posso permettermi di "pensare semplice" e poi dove ci sono risultati eclatanti prima di tutto dovremmo chiederci se davvero si tratta di una scoperta rivoluzionaria e non di un semplice e comune errore.
I batteri nell'acqua filtrata sono comparsi per una contaminazione ed i "misteriosi" segnali elettromagnetici erano in realtà interferenze che il macchinario, non isolato e poco calibrato percepiva dall'esterno.
Non è così?
Perché?
Questo era il primo studio "rivoluzionario" che secondo molti omeopati ha finalmente dimostrato che qualcosa di vero nella teoria della memoria dell'acqua c'è, il secondo è ancora più... "rivoluzionario"... bisognerà vedere però in che senso.
Fonte: [Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]
Quando si chiede ad un omeopata il motivo della mancanza di importanti riferimenti scientifici a sostegno delle sue teorie gli argomenti utilizzati per rispondere sono principalmente due, l'omeopatia:
ha un effetto individuale non generale, personale, differente da una persona all'altra e non è quindi possibile creare gruppi di studio sulla popolazione generale
non ha effetti misurabili scientificamente perché funziona tramite concetti non ancora chiari alla scienza o che la stessa non è ancora capace di rilevare con gli strumenti che oggi possiede
Se la scienza non ha mai dimostrato le teorie ed i presunti risultati dell'omeopatia c'è poco da fare, si entra nella leggenda, almeno relativamente alle conoscenze scientifiche odierne. Quando una pratica è indimostrabile ed inspiegabile cos'è se non un fenomeno paranormale?
Qualcuno risponde: mille anni fa anche i fulmini erano "fenomeni paranormali" (tanto da essere visti come manifestazione divina) ma i fulmini esistono, si vedono, hanno un effetto oggettivo.
Se si pensa che l'accostamento omeopatia paranormale sia azzardato, basterà chiedere ad un omeopata proprio questo: come funziona l'omeopatia?
Risponderà con ulteriori domande o ancora peggio, con argomenti irreali (quando non surreali), dalla memoria dell'acqua, all'energia quantica, dalle vibrazioni cosmiche ai campi magnetici, tutti concetti molto esotici ma che in medicina sono pseudoscienza. Si arriva a giustificare l'efficacia dell'omeopatia con frasi come "se la usano tante persone, evidentemente funziona" imitando gli astrologi che così giustificano l'astrologia. Non esistono altri argomenti, provate pure.
Naturalmente la scienza da tutta questa storia ne esce a pezzi.
Che poi si tenti di vendere l'omeopatia con nomi più eleganti o ammiccanti ("terapia informazionale" oppure medicina a dosi imponderabili) cambia poco nella sostanza che è talmente diluita da scomparire completamente.
Ma gli omeopati insistono non si danno per vinti e per loro c'è sempre speranza, (ed in fondo c'è per tutti, se si dimostrasse che una pratica oggi antiscientifica si dimostrasse efficace) nonostante per primi non riescano a capire come funzionino i loro rimedi né perché, nonostante non sappiano distinguere un granulo omeopatico da uno di zucchero ogni tanto esce fuori un nuovo studio rivoluzionario che finalmente dimostra in maniera "incontrovertibile" gli effetti di questa pratica.
Gli omeopati non parlano di scienza, non fanno affidamento sui metodi scientifici e disprezzano la scienza che paragona l'omeopatia al placebo ma al momento di darsi ragione la scienza diventa attendibile, credibile e "rivoluzionaria" finendo per definire "storica" ogni ricerca, ogni studio che sembra appoggiare le teorie omeopatiche. Di studi "storici" e "rivoluzionari" nel tempo ne sono usciti centinaia quindi, ma chissà perché ancora l'omeopatia la sua storia scientifica deve scriverla dall'inizio e resta una pratica da dimostrare.
È curioso come la scienza non conti nulla quando dice che l'omeopatia non esiste mentre conta tutto quando conviene.
In questi mesi di "rivoluzioni" ne sono uscite due.
La prima è nientedimeno opera di Luc Montagnier, premio nobel per aver isolato il virus HIV.
Luc Montagnier ha affermato che, in base a certi suoi esperimenti, poi pubblicati in una rivista scientifica, ha avuto la prova dell'esistenza dei princìpi dell'omeopatia.
Dimostrare l'omeopatia non sarebbe solo una rivoluzione medica ma rivolterebbe come un calzino la chimica, la fisica, la biologia e tutti i campi che funzionano grazie a queste scienze. Più di una rivoluzione: si dovrebbero rivedere le conoscenze di secoli applicate continuamente, conoscenze che ci permettono di vivere, curarci, muoverci, progredire.
Lo studio (aggiornamento: l'articolo è scomparso dall'indirizzo originale, provare qui) si intitola: "Electromagnetic signals are produced by aqueous nanostructures derived from bacterial DNA" cioè "Segnali elettromagnetici prodotti da nanostrutture in acqua derivate da DNA batterico".
In poche parole secondo Montagnier (che ha realizzato degli esperimenti illustrati nel suo studio) batteri patogeni (solo quelli patogeni e solo per l'uomo) "ultradiluiti" in provette piene d'acqua (quindi una sorta di omeopatia) emanerebbero dei segnali (elettromagnetici) che sembrerebbero provenire da "residui" di tali batteri (questi residui sarebbero delle "nanostrutture", quindi strutture piccolissime forse molecole, DNA per Montagnier) dando prova della loro presenza nonostante l'ultradiluizione. Sarebbe, se dimostrato reale, un dato scientificamente molto interessante.
Lo studio è attendibile? Dal nome dell'autore si penserebbe di sì, ma non fermiamoci all'apparenza, andiamo a controllare.
Si tratta della testata: Interdisciplinary Sciences: Computational Life Sciences. Non molto conosciuta (diciamo pure sconosciuta...) a dire la verità... e non è neppure una rivista di medicina...
Si tratta di una pubblicazione che ha base in Cina, strana cosa: la Cina non ha una grossa tradizione scientifica, anzi, diciamo che scientificamente la Cina è in uno stato pessimo, purtroppo il regime in carica non permette la libera circolazione del pensiero scientifico e permette solo ciò che è gradito, tanto che non esistono in Cina pubblicazioni mediche con "fallimenti" o risultati di inefficacia di un farmaco, vanno in stampa solo i successi. Pazienza, l'editore cinese lasciamolo stare anche se Montagnier poteva scegliere di meglio per una ricerca di questa portata.
Controlliamo allora il comitato editoriale, se prestigioso saprà garantire la serietà e l'attendibilità (e l'imparzialità) che richiederebbe un lavoro scientifico di un certo livello (se poi parliamo di rivoluzione della scienza, la serietà e l'attendibilità sono il minimo che ci si aspetti).
Chi è quindi il direttore editoriale della rivista?
Ma... è Luc Montagnier. È lui stesso in persona!
L'arbitro è la stessa persona che gioca la partita insomma...
Lo studio sarebbe stato realizzato dalla fondazione Luc Montagnier, fondazione scientifica che finora ha realizzato in tutta la sua esistenza ben due studi, questo ed uno sull'uso della papaya fermentata per la prevenzione dell'influenza. Umh... quanta approssimazione però.
Anche formale: il contatto del responsabile della ricerca è una mail di Yahoo.
Bah, sembra un articolo di un blog più che una rivoluzione scientifica.
Ma lo studio, prima di essere pubblicato, è stato controllato? Qualcuno ha studiato i particolari, le affermazioni, i metodi?
Tutte le riviste con un minimo di serietà lo fanno (o si rischierebbe di pubblicare una ricerca sugli asini che volano dimostrando che sia possibile) ed in genere questa operazione richiede mesi, tanti mesi (chiunque pubblichi ricerche su buone riviste scientifiche sa che il "tira e molla" per far arrivare uno studio alla pubblicazione è a volte estenuante, passano anche 8-12 mesi prima della pubblicazione, con continui rinvii, richiami, correzioni, appunti... a volte troppo puntigliosi...), insomma, chi ha controllato lo studio, ha controllato bene? A quanto si vede non tanto, visto che dal momento del ricevimento a quello della pubblicazione, sono passati 3 giorni (tre!)... Lo studio inoltre non è per nulla scritto nello stile dei lavori scientifici (che sono divisi in sezioni differenti che elencano i materiali ed i metodi utilizzati, una discussione sul lavoro, i risultati e le conclusioni). Qualcuno mi ha anche fatto notare diversi errori ortografici.
Ma lasciamo perdere per un attimo questi scivoloni "formali" andiamo al sodo. Schematicamente spiego la procedura utilizzata da Montagnier per dimostrare che l'acqua avrebbe una memoria.
Montagnier ha agito così: ha preso una provetta contenente un batterio il Mycoplasma Pirum. Ha filtrato il liquido in modo da ottenere alla fine un liquido sterile, senza Mycoplasma, acqua quindi almeno ufficialmente.
A questo punto però avviene qualcosa di miracoloso: quando l'acqua sterile viene posta in incubazione per 2-3 settimane, ecco ricomparire il batterio.
when the filtrates were incubated for two weeks (100 nM filtrate) or three weeks (20 nM filtrate) with a culture of human activated T lymphocytes, the mycoplasma was recovered in the medium with all its original characteristics as previously observed.
[trad: quando i filtrati sono stati incubati per due settimane (filtro da 100nM) o tre settimane (filtro da 20nM) con una coltura di linfociti T umani attivati, il mycoplasma è stato rinvenuto nel mezzo di coltura con tutte le sue caratteristiche originali osservate precedentemente.]
Sono due le cose: o abbiamo assistito alla creazione della vita dal nulla o in quel liquido "sterile" c'erano ancora batteri che poi si sono riprodotti e quindi l'acqua proprio sterile non era. Oppure, e qui c'entrerebbe la fantomatica "memoria dell'acqua", i batteri non c'erano più ma era rimasta la loro traccia nel solvente. Uno scienziato serio per prima cosa avrebbe cercato di capire il motivo di quella presenza: una contaminazione? Un errore nel metodo? La procedura che in una delle sue fasi non era corretta?
Montagnier non si è posto queste domande ed è andato dritto fino alla "memoria dell'acqua".
L'esperimento procede. Questi due filtrati (che quindi contenevano tracce dei batteri, particelle, che Montagnier identifica come DNA) sono stati utilizzati per testare l'emissione di onde elettromagnetiche.
Diluiti i fluidi e messi in provetta (ed agitati, "dinamizzati", procedura tipica dell'omeopatia) a diluizioni decimali (indicate con il simbolo D) successive (non centesimali, che sono quelle tipiche dell'omeopatia, indicate con il segno C) sempre più alte, fino a 15-20 sono stati posti nel macchinario che doveva misurarne le emissioni.
Avevamo quindi per riassumere delle provette contenenti dei liquidi composti dal filtrato della coltura di Mycoplasma diluito in maniera crescente per ogni provetta (D1, D2, D3, ecc...).
Si procede quindi con la misurazione delle onde emesse dal contenuto delle provette.
Per misurare l'emissione di onde elettromagnetiche da parte del liquido diluito, il medico francese ha utilizzato un macchinario inventato da Jacques Benveniste (che Montagner, suo amico, definisce come il suo maestro).
Quando si effettuano misurazioni fisiche, soprattutto molto raffinate (come sarebbe richiesto da una ricerca di questo tipo) è bene affidarsi a macchine precise, con bassissima possibilità di errore e con meccanismi altamente affidabili.
Montagnier si è affidato a questo:
Una bobina di filo di rame, un cavetto che la collega ad un amplificatore che a sua volta, tramite un altro cavetto è collegato ad un computer. Un programma di analisi dei suoni registrava le onde elettromagnetiche.
Guardando il "macchinario" si nota subito che si tratta di un vero e proprio "trabiccolo". Cioè, il Nobel Montagnier misura le onde elettromagnetiche emesse dalle sostanze praticamente con una radiolina amatoriale che sembra costruita da un bambino con "il piccolo elettricista"?
Assurdo.
Il bello è che Montagnier ha pure brevettato il macchinario e si sta accapigliando con un altro inventore che dice di essere stato lui il primo ad ideare la macchina che "registra" le onde elettromagnetiche emesse dalle provette. L'ufficio brevetti ha chiesto a Montagnier di inviare spiegazioni e documentazione precisa per quello che sembra un macchinario inutile ed ha respinto la richiesta di registrazione.
Dal punto di vista tecnico (elettronico) lo scienziato ha effettuato una sorta di "taglio" dei disturbi esterni basandosi sulle frequenze delle onde percepite e tutto il resto era (secondo lui) emesso dai liquidi diluiti nelle provette.
Se poi quella bobina di rame percepiva radio Maria o la TV svizzera poco importava, c'erano dei segnali e questi provenivano dal DNA (ipotizza Montagnier) dei batteri.
Montagnier ha concluso quindi in maniera del tutto arbitraria si trattassero di "segnali" inviati dal DNA batterico che era nella provetta prima della filtrazione.
Nello stesso studio Montagnier esegue un altro esperimento (in un solo studio due esperimenti diversi, inusuale...): una soluzione diluita contenente batteri ultradiluiti "trasmette" a distanza (una sorta di "telepatia" chimica) le sue proprietà ad un'altra soluzione non contenente batteri. In pratica ogni sostanza "comunica" con tutto ciò che ha attorno. Non approfondisco anche questo "esperimento" o mi perderei.
In ogni caso questo secondo esperimento di Montagnier ricalca quello di Benveniste che concluse tristemente la sua carriera affermando di poter registrare le emissioni di sostanze in diluizione omeopatica e poi inviarle via mail all'altro capo del mondo dove queste emissioni venivano "avvertite" da altre sostanze.
Torniamo al primo esperimento.
Il computer quindi ha registrato delle onde elettomagnetiche e Montagnier ha concluso che queste provenivano dalle provette contenenti residui di DNA batterico ultradiluito (quindi più o meno una sorta di preparato omeopatico).
Ma andiamo ad analizzare qualche particolare.
Nello studio è scritto che le diluizioni più basse non emettevano segnali e nemmeno quelle più alte. I segnali venivano registrati solo in caso di diluizioni relativamente basse (come la 10-
The frst low dilutions were usually negative, showing the background noise only. Positive signals were usually obtained at dilutions ranging from 10-5 to 10-8 or 10-12. Higher dilutions were again negative.
[trad: Le prime diluizioni più basse sono state negative e mostravano solo rumore di fondo. Sono stati ottenuti segnali positivi a diluizioni comprese tra 10-5 e 10-8 o 10-12. Diluizioni più alte sono state nuovamente negative.]
Questi segnali, duravano molte ore, a volte anche 48:
We have studied the decay with time of the capacity of dilutions for emitting EMS, after they have been removed (in mumetal boxes) from exposure to the excitation by the background. This capacity lasts at least several hours, some time up to 48 hours, indicating the relative stability of the nanostructures.
[trad: Abbiamo studiato la durata di tempo dell'emissione di onde elettromagnetiche (EMS) da parte delle diluizioni, dopo essere state rimosse (in contenitori di mumetal) dall'esposizione dell'eccitazione da parte dell'ambiente. Questa capacità dura almeno molte ore, a volte 48, indicando la relativa stabilità delle nanostrutture.]
E qui le prime magagne: la teoria omeopatica afferma che più è alta una diluizione più è efficace il rimedio omeopatico.
Come si vede però (ammesso che quelle onde fossero davvero provenienti dalle provette) le emissioni sparivano appena si testavano le diluizioni più alte.
Potremmo allora concludere che non è vero che le diluizioni più alte sono anche le più attive: primo autogol per l'omeopatia che da questa conclusione viene smentita proprio in uno dei suoi teoremi più basilari.
Si dice nello studio che le emissioni duravano per molte ore, persino a volte 48, poi cessavano. Questo vorrebbe dire che un prodotto omeopatico che venisse consumato dopo le 48 ore non avrebbe nessuna delle sue presunte proprietà. Quanti prodotti omeopatici vengono consumati entro 48 ore dalla loro produzione?
Probabilmente nessuno, per arrivare negli scaffali delle farmacie impiegano giorni o settimane.
Potremmo concludere allora che tutti i prodotti omeopatici in vendita, sono assolutamente inefficaci.
Secondo autogol per l'omeopatia, in base a questa osservazione, tutti i prodotti omeopatici che troviamo in farmacia non sono "attivi".
In realtà non è neanche corretto concludere così. Lo sarebbe se lo studio fosse preciso, ben fatto e metodologicamente di buon livello e non è così.
Lo studio non è certo un esempio di perfezione metodologica o statistica e le conclusioni in un senso o nell'altro sarebbero estremamente imprecise.
Utilizzare una bobina di filo di rame come "antenna" crea sicuramente una montagna di interferenze, riesce persino a captare le onde della televisione e della radio, altro che batteri. E quel segnale lo fai percorrere in due cavetti di rame (non schermati) che lo conducono ad un amplificatore e poi con uno spinotto ad un computer... qui i disturbi sono enormi, impossibile distinguerli uno dall'altro e soprattutto distinguere questi da un fantomatico segnale elettromagnetico dei batteri che erano nella provetta che si presume infinitesimale.
Ci sono moltissimi indizi che le "onde elettromagnetiche" registrate da Montagnier e riferite a fantomatici segnali del DNA batterico siano in realtà interferenze esterne. A quanto pare ad esempio, i segnali si sono ridotti quando il computer è stato alimentato con la propria batteria e non tramite corrente elettrica di rete!
Ma queste cose le sa un elettrotecnico alle prime armi (le so pure io che elettrotecnico non sono...) Montagnier non lo sa? O per un attimo se ne dimentica?
Un fisico ha commentato a proposito di questi errori:
Overall, if this were a lab report from a college junior/senior level physics major lab course (the closest analog), it would rate a D at best. And that would be generous. At the professional level, the complete unconcern with background can only be described as gross incompetence.
[trad: Complessivamente, se questo fosse un compito scolastico di fisica di livello medio/alto, prenderebbe un 4 nella migliore delle ipotesi. Sarebbe pure generoso. A livello professionale, l'assoluta noncuranza dello studio nei confronti del rumore di fondo può essere descritto solo come grossolana incompetenza.]
Quando fai una ricerca scientifica cerchi di ridurre al minimo le interferenze esterne, lo fai addirittura per quelle psicologiche (con il placebo) e non lo fai con i cavetti di rame?
Questi sono errori talmente grossolani che screditerebbero anche la ricerca più accurata.
Ma ammettiamo pure che i risultati dello studio siano validi.
Sorge per l'ennesima volta l'evidenza che questi risultati più che eventualmente appoggiare le teorie dell'omeopatia, le smentiscono, in maniera sconfortante...
Nello studio inoltre è detto che queste "emissioni" si verificavano con batteri patogeni (che causano malattie) per l'uomo e non con quelli non patogeni: che un fenomeno fisico sappia distinguere tra batterio patogeno e non patogeno è davvero poco credibile ed inoltre la memoria dell'acqua funziona solo quando incontra batteri patogeni? E poi, un batterio patogeno per l'uomo può non esserlo per altri esseri viventi e viceversa: forse che la memoria dell'acqua capisce anche quali sono i batteri pericolosi per la specie umana? Questa stranezza è sottolineata nello stesso studio:
A non exhaustive survey of the bacterial species and of their DNA able to display EMS suggests that most of bacteria pathogenic for humans are in this category.
By contrast, probiotic/good" bacteria as Lactobacillus and their DNA are negative for EMS emission.
[trad: Un'incompleta valutazione delle specie batteriche e del loro DNA capace di mostrare onde elettromagnetiche suggerisce che molti batteri patogeni per l'uomo appartengono a questa categoria. Al contrario i probiotici/batteri buoni come il Lattobacillo ed il loro DNA non emettono onde elettromagnetiche.]
Come si vede la "ricerca rivoluzionaria" che dimostrerebbe l'esistenza della memoria dell'acqua fa... acqua da tutte le parti. Se poi vogliamo essere precisi questo esperimento non c'entra nemmeno tanto con l'omeopatia perché quindi portarlo come "prova a favore"?
Tanto per capire le reazioni alla lettura dello studio, qualcuno ha già pensato di proporlo per il premio IgNobel, già vinto da Benveniste.
Io propongo una lettura diversa di questo esperimento, molto più semplice e banale, non sono un premio Nobel e posso permettermi di "pensare semplice" e poi dove ci sono risultati eclatanti prima di tutto dovremmo chiederci se davvero si tratta di una scoperta rivoluzionaria e non di un semplice e comune errore.
I batteri nell'acqua filtrata sono comparsi per una contaminazione ed i "misteriosi" segnali elettromagnetici erano in realtà interferenze che il macchinario, non isolato e poco calibrato percepiva dall'esterno.
Non è così?
Perché?
Questo era il primo studio "rivoluzionario" che secondo molti omeopati ha finalmente dimostrato che qualcosa di vero nella teoria della memoria dell'acqua c'è, il secondo è ancora più... "rivoluzionario"... bisognerà vedere però in che senso.
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Gex- Admin
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Re: Montagnier e le onde elettromagnetiche del DNA
Altre critiche:
Luc colpisce ancora
27 luglio 2011
tags: Benveniste, bufale, fact-checking, giornalismo, Luc Montagnier, memoria dell'acqua, Nobel, omeopatia
di Stefano Dalla Casa
Il premio Nobel fa di nuovo traballare i pilastri della “scienza ufficiale”. Almeno a quanto scrive Il Corriere e, a ruota, La Stampa. La realtà? Una bufala vecchia riproposta in una nuova confezione.
IL PARCO DELLE BUFALE – Il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier torna alla carica. Poco più di un anno fa Oggi Scienza aveva segnalato i retroscena di uno “studio” che il medico voleva far passare come una prova della memoria dell’acqua, il principio tipicamente invocato dai seguaci dell’omeopatia per giustificare il fatto che i rimedi, alla fine della diluizione sequenziale, non contengono alcuna traccia del magico ingrediente di partenza. Con il suo studio, però, di certo Montagnier non si rivolgeva al quella comunità scientifica che gli aveva conferito il prestigioso riconoscimento (e che ora gli fa costantemente da paravento per qualunque bizzarra affermazione), dal momento che non si trattava di una rivista specialistica e che, oltre tutto, Montagnier siede come chairman nella Redazione: questo spiegherebbe per quale motivo sono passati solo un paio di giorni dalla candidatura dello studio all’accettazione, con tanti saluti al processo di peer-review.
Questo (non)studio è già stato ampiamente demolito (in pratica si trattava di una riproposizione in chiave “wireless” delle teorie dell’amico Benveniste, già smascherato a fine anni Ottanta), ma non è bastato a fermare il Nobel che, teatralmente, ha annunciato recentemente il suo proposito di emigrare in Cina presso la Jiaotong University (Shanghai) per sfuggire alla persecuzione intellettuale perpetrata dai colleghi che non vogliono vedere più in là del proprio naso (cioè ritengono memoria dell’acqua e omeopatia acqua fritta).
A Dicembre 2010 fa infatti capolino su ArXiv DNA Waves and Water (autori L. Montagnier, J. Aissa, E. Del Giudice, C. Lavallee, A. Tedeschi, G. Vitiello). Il succo è lo stesso: il DNA emetterebbe onde radio che, grazie alla ben nota memoria dell’acqua, trasporterebbero un’informazione (nella fattispecie la propria composizione in termini di ordine dei nucleotidi), tale che segmenti di genoma virale e batterico possono “duplicarsi” nelle soluzioni acquose attraversate dal segnale.
ArXiv però non è una rivista sottoposta a peer-review, è una piattaforma gratuita alla quale si affidano molti ricercatori per comunicare velocemente alcuni risultati alla comunità in attesa di vedere pubblicato il proprio lavoro dopo il vaglio dei loro pari, cioè colleghi con le stesse competenze. La velocità di pubblicazione (e pubblicità) paga quindi lo scotto in termini di controllo: ogni studio (o presunto tale) è pubblicato, basta che segua le regole di catalogazione e presentazione dei contenuti.
Ma cosa succederebbe se, improvvisamente, dei risultati così strabilianti passassero il vaglio di una rivista sottoposta a una *vera* peer-review? Non lo sappiamo, e probabilmente non lo sapremo mai visto che è difficile che dalla scienza patologica, come è quella che ruota intorno alla memoria dell’acqua, possa scaturire qualcosa di più interessante della scienza patologica stessa, ma Mario Pappagallo a Il Corriere la pensa diversamente, e il 24 luglio scriveva:
Questa nuova ricerca sembrerebbe aver trovato una chiave scientifica a quello che cercò di provare Benveniste. Che oggi, se fosse ancora vivo, sarebbe super felice nel leggere quanto scoperto dal team italo francese e pubblicato su una delle riviste di fisica più prestigiose, il Journal of Physic. Titolo del lavoro: Dna,waves and water, che ad effetto gioca tra le parole Dna, onde (elettromagnetiche) e acqua. Ma ancora più importante è il nome di chi ha guidato il team francese: il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier insieme ai biologi Lavallè e Aissa. Il secondo gruppo di ricerca, l’italiano, era invece di fisici. Coordinato da Emilio Del Giudice, (Iib, International Institute for Biophotonics, di Neuss in Germania) con Giuseppe Vitiello (Fisico teorico del Dipartimento di matematica ed informatica dell’università di Salerno) e Alberto Tedeschi, ricercatore (White Hb di Milano).
E’ stato Montagnier a scoprire che alcune sequenze di Dna possono indurre segnali elettromagnetici di bassa frequenza in soluzioni acquose altamente diluite, le quali mantengono poi «memoria» delle caratteristiche del Dna stesso. Che cosa significa questo? «Innanzitutto — spiega il Nobel — che si potranno sviluppare sistemi diagnostici finora mai progettati, basati sulla proprietà “informativa” dell’acqua biologica presente nel corpo umano: malattie croniche come Alzheimer, Parkinson, Sclerosi multipla, Artrite reumatoide, e le malattie virali, come Hiv-Aids, influenza A ed epatite C, “informano” l’acqua del nostro corpo (acqua biologica) della loro presenza, emettendo particolari segnali elettromagnetici che possono essere poi “letti” e decifrati»
La realtà è ben diversa. Tralasciando il giudizio totalmente arbitrario “rivista di fisica tra le più prestigiose”, la rivista sulla quale è stato pubblicato lo “studio” non è Journal of Physics, ma uno dei tanti “spin-off” , cioè Journal of Physics: Conference Series, una testata riservata esclusivamente agli atti di conferenze scientifiche, in questo caso del Fifth International Workshop on Decoherence, Information, Complexity and Entropy tenutasi a Castello Pasquini, Castiglioncello (Toscana), dal 13 al 17 Settembre 2010. Ecco come funziona, nel caso di Journal of Physics: Conference Series, la peer-review.
Journal of Physics: Conference Series (JPCS) asks conference organizers to handle the peer review of all papers and the detailed procedures will vary from event to event according to the custom and practice of each community.
La peer-review, se così è lecito chiamarla (N.B.: non tutte le riviste open access hanno questa politica libertina, né tanto meno le altre sezioni del Journal of Physics) è quindi affidata agli organizzatori stessi, ai quali ci si appella per garantire certi standard. Giuseppe Vitiello (INFN, Università di Salerno), co-autore di DNA waves and water e che già aveva provveduto in prima persona alla pubblicazione su ArXiv, è proprio uno degli organizzatori e non stupisce, quindi, che il paper in oggetto sia la copia carbone di quanto si trovava già on line da mesi.
In conclusione, non solo sono sempre le stesse cose che girano (rispetto al materiale auto-pubblicato da Montagnier nel 2009 si sono solo aggiunti due nomi italiani al team che firma i lavori, cioè Vitiello e Del Giudice, ben conosciuto anche agli amici di Query), ma tali lavori non sono mai stati vagliati né, tanto meno, verificati (cosa nelle premesse abbastanza complicata visto che, oltre a mancare la sezione “materiali e metodi” pare che l’unico apparecchio in grado di confermare i risultati sia una specie sarchiapone meccanico del quale Montagnier sta tentando, con scarsi risultati, di ottenere il brevetto).
Come poi questi segnali radio possano giustificare tutti gli altri non-senso della pratica omeopatica e quindi “riaccendere il dibattito” come recita il titolo dell’articolo su Il Corriere (legge dei simili, “dinamizzazione” ecc…) è un volo di fantasia, che a Pappagallo comunque sembra non mancare, visto che rincara la dose spaziando fino al notorio Masaru Emoto e alla “clustered water”.
In parallelo all’acqua «messaggera» del Dna, le ricerche cominciate nel 1984 dal biochimico giapponese Masaru Emoto dopo aver incontrato il bio-chimico Lee H. Lorenzen, inventore della microcluster water (un’acqua energetizzata avente effetti terapeutici). Emoto ha messo a punto una tecnica di refrigerazione che gli consente di fotografare i cristalli di diversi tipi di acqua, come quelle degli acquedotti di diverse città del mondo, e quelle provenienti da sorgenti, laghi, paludi, ghiacciai. E di fotografare l’acqua esposta a vibrazioni diverse, come la musica o le parole (pronunciate o anche soltanto scritte sulle bottiglie che la contengono). Persino dei pensieri.
I risultati dei suoi esperimenti mostrano che i cristalli cambiano struttura a seconda dei messaggi. L’acqua trattata con parole «positive» forma cristalli bellissimi, simili a quelli della neve; l’acqua trattata con parole «negative» invece, reagisce, creando forme amorfe e prive di armonia geometrica. Le immagini dei cristalli sono talmente impressionanti che Masaru Emoto ha deciso di renderle disponibili a tutte le persone interessate, attraverso la pubblicazione di numerosi libri e attraverso conferenze che tiene in tutto il mondo.
Masaru Emoto non è né un biochimico (né un bio-chimico…) ma un ricco eccentrico convinto appunto, in base ai suoi “esperimenti” sulla cristallizzazione, che l’acqua sia cosciente. Ultimamente Emoto ha invitato il mondo a rivolgere preghiere di scuse all’acqua contaminata dall’incidente nucleare di Fukushima:
Acqua dell’impianto nucleare di Fukushima, ci dispiace di farti soffrire. Ti preghiamo di perdonarci. Ti ringraziamo e ti amiamo.
Né lui né altri hanno mai portato alcuna prova a supporto di questo delirio antropocentrico ed Emoto, evidentemente già abbastanza facoltoso, ha declinato l’invito di James Randi (lo sbufalatore di Benveniste) a provare il contenuto dei suoi (vendutissimi) libri sulla memoria dell’acqua in condizioni sperimentali controllate, cosa che gli avrebbe garantito il noto premio Randi, pari a un milione di dollari. Per quanto riguarda Lee H. Lorenzen è impossibile verificare il suo curriculum, visto che varia a seconda del sito e che non si trova un riscontro indipendente, ma si sa bene che la sua Clustered Water™ è l’equivalente dell’Olio di serpente (altrettanto brevettato) venduto ormai da secoli dai più vari ciarlatani. La clustered water fa bella mostra di sé a ogni fiera benessere, piccola o grande, che si rispetti. Il costo? Dai 50 ai 100 dollari a flacone, a seconda dell’etichetta che c’è sopra. L’unico posto nel quale potete trovare una conferma degli “effetti terapeutici” che l’articolo sembra offrire come dato di fatto, è nella sterminata galassia di siti neo-new age, ben celati dietro un forbito gergo pseudoscientifico. Infatti è da uno di questi che proviene la parte dell’articolo riservata a Emoto, e di cui qui sopra è riportata una parte, in forma di copia e incolla.
Gli scenari medici pronosticati da Montagnier e colleghi senza avere nulla in mano non sono fantascientifici ma, più semplicemente, fantasy. Fortunatamente per i lettori del Corriere, a poche ore dalla pubblicazione dell’articolo di Pappagallo, un articolo di ben altro spessore firmato da Giuseppe Remuzzi stroncava ogni utopia omeopatista, ma ormai è tardi e la bufala del DNA che si duplica via radio è già diventata realtà nelle rassegne e nelle newsletter, cosa che non si può certo sperare per l’articolo di Remuzzi il quale, ricordando (correttamente) Benveniste come autore di una frode e provando a mettere in guardia contro le pseudomedicine, sarà naturalmente additato come al soldo di Big Pharma (del resto, chi non lo è tra coloro che non riconoscono l’Omeopatia?)
E a proposito di copia e incolla non si può dimenticare il contributo di Alberto Magnetti su La Stampa, che nella sua rubrica Appuntamento con l’Omeopatia collega intelligentemente il nuovissimo studio all’ambigua copertina dell’ultimo Internazionale che sebbene, a differenza di Magnetti, metta bene in chiaro che Omeopatia & Co non sono confermate da nessun test clinico e che il loro effetto è totalmente psicologico, ne parla come di Medicina del futuro. Magnetti riporta allora queste (paradossali, in base a quanto già spiegato) parole di Vitiello:
Il dato molto importante da sottolineare è che una rivista ufficiale di fisica come il Journal of Physics ha pubblicato per la prima volta una ricerca che normalmente sarebbe di competenza di un Journal di biologia o medicina. Un passo ulteriore a dimostrazione che la moderna fisica quantistica può dare un contributo fondamentale alle ricerche mediche di frontiera.
Allegando una copertina di Journal of Physics: Condensed matter (!) Magnetti conclude:
Forse i nostri pronipoti sorrideranno pensando ai vecchi inquinanti motori a benzina usati dai loro bisnonni mentre guideranno le loro auto elettriche o a propulsione alternativa, come forse sorrideranno pensando a pillole, compresse, supposte e iniezioni mentre si cureranno con la medicina quantica.
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Luc colpisce ancora
27 luglio 2011
tags: Benveniste, bufale, fact-checking, giornalismo, Luc Montagnier, memoria dell'acqua, Nobel, omeopatia
di Stefano Dalla Casa
Il premio Nobel fa di nuovo traballare i pilastri della “scienza ufficiale”. Almeno a quanto scrive Il Corriere e, a ruota, La Stampa. La realtà? Una bufala vecchia riproposta in una nuova confezione.
IL PARCO DELLE BUFALE – Il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier torna alla carica. Poco più di un anno fa Oggi Scienza aveva segnalato i retroscena di uno “studio” che il medico voleva far passare come una prova della memoria dell’acqua, il principio tipicamente invocato dai seguaci dell’omeopatia per giustificare il fatto che i rimedi, alla fine della diluizione sequenziale, non contengono alcuna traccia del magico ingrediente di partenza. Con il suo studio, però, di certo Montagnier non si rivolgeva al quella comunità scientifica che gli aveva conferito il prestigioso riconoscimento (e che ora gli fa costantemente da paravento per qualunque bizzarra affermazione), dal momento che non si trattava di una rivista specialistica e che, oltre tutto, Montagnier siede come chairman nella Redazione: questo spiegherebbe per quale motivo sono passati solo un paio di giorni dalla candidatura dello studio all’accettazione, con tanti saluti al processo di peer-review.
Questo (non)studio è già stato ampiamente demolito (in pratica si trattava di una riproposizione in chiave “wireless” delle teorie dell’amico Benveniste, già smascherato a fine anni Ottanta), ma non è bastato a fermare il Nobel che, teatralmente, ha annunciato recentemente il suo proposito di emigrare in Cina presso la Jiaotong University (Shanghai) per sfuggire alla persecuzione intellettuale perpetrata dai colleghi che non vogliono vedere più in là del proprio naso (cioè ritengono memoria dell’acqua e omeopatia acqua fritta).
A Dicembre 2010 fa infatti capolino su ArXiv DNA Waves and Water (autori L. Montagnier, J. Aissa, E. Del Giudice, C. Lavallee, A. Tedeschi, G. Vitiello). Il succo è lo stesso: il DNA emetterebbe onde radio che, grazie alla ben nota memoria dell’acqua, trasporterebbero un’informazione (nella fattispecie la propria composizione in termini di ordine dei nucleotidi), tale che segmenti di genoma virale e batterico possono “duplicarsi” nelle soluzioni acquose attraversate dal segnale.
ArXiv però non è una rivista sottoposta a peer-review, è una piattaforma gratuita alla quale si affidano molti ricercatori per comunicare velocemente alcuni risultati alla comunità in attesa di vedere pubblicato il proprio lavoro dopo il vaglio dei loro pari, cioè colleghi con le stesse competenze. La velocità di pubblicazione (e pubblicità) paga quindi lo scotto in termini di controllo: ogni studio (o presunto tale) è pubblicato, basta che segua le regole di catalogazione e presentazione dei contenuti.
Ma cosa succederebbe se, improvvisamente, dei risultati così strabilianti passassero il vaglio di una rivista sottoposta a una *vera* peer-review? Non lo sappiamo, e probabilmente non lo sapremo mai visto che è difficile che dalla scienza patologica, come è quella che ruota intorno alla memoria dell’acqua, possa scaturire qualcosa di più interessante della scienza patologica stessa, ma Mario Pappagallo a Il Corriere la pensa diversamente, e il 24 luglio scriveva:
Questa nuova ricerca sembrerebbe aver trovato una chiave scientifica a quello che cercò di provare Benveniste. Che oggi, se fosse ancora vivo, sarebbe super felice nel leggere quanto scoperto dal team italo francese e pubblicato su una delle riviste di fisica più prestigiose, il Journal of Physic. Titolo del lavoro: Dna,waves and water, che ad effetto gioca tra le parole Dna, onde (elettromagnetiche) e acqua. Ma ancora più importante è il nome di chi ha guidato il team francese: il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier insieme ai biologi Lavallè e Aissa. Il secondo gruppo di ricerca, l’italiano, era invece di fisici. Coordinato da Emilio Del Giudice, (Iib, International Institute for Biophotonics, di Neuss in Germania) con Giuseppe Vitiello (Fisico teorico del Dipartimento di matematica ed informatica dell’università di Salerno) e Alberto Tedeschi, ricercatore (White Hb di Milano).
E’ stato Montagnier a scoprire che alcune sequenze di Dna possono indurre segnali elettromagnetici di bassa frequenza in soluzioni acquose altamente diluite, le quali mantengono poi «memoria» delle caratteristiche del Dna stesso. Che cosa significa questo? «Innanzitutto — spiega il Nobel — che si potranno sviluppare sistemi diagnostici finora mai progettati, basati sulla proprietà “informativa” dell’acqua biologica presente nel corpo umano: malattie croniche come Alzheimer, Parkinson, Sclerosi multipla, Artrite reumatoide, e le malattie virali, come Hiv-Aids, influenza A ed epatite C, “informano” l’acqua del nostro corpo (acqua biologica) della loro presenza, emettendo particolari segnali elettromagnetici che possono essere poi “letti” e decifrati»
La realtà è ben diversa. Tralasciando il giudizio totalmente arbitrario “rivista di fisica tra le più prestigiose”, la rivista sulla quale è stato pubblicato lo “studio” non è Journal of Physics, ma uno dei tanti “spin-off” , cioè Journal of Physics: Conference Series, una testata riservata esclusivamente agli atti di conferenze scientifiche, in questo caso del Fifth International Workshop on Decoherence, Information, Complexity and Entropy tenutasi a Castello Pasquini, Castiglioncello (Toscana), dal 13 al 17 Settembre 2010. Ecco come funziona, nel caso di Journal of Physics: Conference Series, la peer-review.
Journal of Physics: Conference Series (JPCS) asks conference organizers to handle the peer review of all papers and the detailed procedures will vary from event to event according to the custom and practice of each community.
La peer-review, se così è lecito chiamarla (N.B.: non tutte le riviste open access hanno questa politica libertina, né tanto meno le altre sezioni del Journal of Physics) è quindi affidata agli organizzatori stessi, ai quali ci si appella per garantire certi standard. Giuseppe Vitiello (INFN, Università di Salerno), co-autore di DNA waves and water e che già aveva provveduto in prima persona alla pubblicazione su ArXiv, è proprio uno degli organizzatori e non stupisce, quindi, che il paper in oggetto sia la copia carbone di quanto si trovava già on line da mesi.
In conclusione, non solo sono sempre le stesse cose che girano (rispetto al materiale auto-pubblicato da Montagnier nel 2009 si sono solo aggiunti due nomi italiani al team che firma i lavori, cioè Vitiello e Del Giudice, ben conosciuto anche agli amici di Query), ma tali lavori non sono mai stati vagliati né, tanto meno, verificati (cosa nelle premesse abbastanza complicata visto che, oltre a mancare la sezione “materiali e metodi” pare che l’unico apparecchio in grado di confermare i risultati sia una specie sarchiapone meccanico del quale Montagnier sta tentando, con scarsi risultati, di ottenere il brevetto).
Come poi questi segnali radio possano giustificare tutti gli altri non-senso della pratica omeopatica e quindi “riaccendere il dibattito” come recita il titolo dell’articolo su Il Corriere (legge dei simili, “dinamizzazione” ecc…) è un volo di fantasia, che a Pappagallo comunque sembra non mancare, visto che rincara la dose spaziando fino al notorio Masaru Emoto e alla “clustered water”.
In parallelo all’acqua «messaggera» del Dna, le ricerche cominciate nel 1984 dal biochimico giapponese Masaru Emoto dopo aver incontrato il bio-chimico Lee H. Lorenzen, inventore della microcluster water (un’acqua energetizzata avente effetti terapeutici). Emoto ha messo a punto una tecnica di refrigerazione che gli consente di fotografare i cristalli di diversi tipi di acqua, come quelle degli acquedotti di diverse città del mondo, e quelle provenienti da sorgenti, laghi, paludi, ghiacciai. E di fotografare l’acqua esposta a vibrazioni diverse, come la musica o le parole (pronunciate o anche soltanto scritte sulle bottiglie che la contengono). Persino dei pensieri.
I risultati dei suoi esperimenti mostrano che i cristalli cambiano struttura a seconda dei messaggi. L’acqua trattata con parole «positive» forma cristalli bellissimi, simili a quelli della neve; l’acqua trattata con parole «negative» invece, reagisce, creando forme amorfe e prive di armonia geometrica. Le immagini dei cristalli sono talmente impressionanti che Masaru Emoto ha deciso di renderle disponibili a tutte le persone interessate, attraverso la pubblicazione di numerosi libri e attraverso conferenze che tiene in tutto il mondo.
Masaru Emoto non è né un biochimico (né un bio-chimico…) ma un ricco eccentrico convinto appunto, in base ai suoi “esperimenti” sulla cristallizzazione, che l’acqua sia cosciente. Ultimamente Emoto ha invitato il mondo a rivolgere preghiere di scuse all’acqua contaminata dall’incidente nucleare di Fukushima:
Acqua dell’impianto nucleare di Fukushima, ci dispiace di farti soffrire. Ti preghiamo di perdonarci. Ti ringraziamo e ti amiamo.
Né lui né altri hanno mai portato alcuna prova a supporto di questo delirio antropocentrico ed Emoto, evidentemente già abbastanza facoltoso, ha declinato l’invito di James Randi (lo sbufalatore di Benveniste) a provare il contenuto dei suoi (vendutissimi) libri sulla memoria dell’acqua in condizioni sperimentali controllate, cosa che gli avrebbe garantito il noto premio Randi, pari a un milione di dollari. Per quanto riguarda Lee H. Lorenzen è impossibile verificare il suo curriculum, visto che varia a seconda del sito e che non si trova un riscontro indipendente, ma si sa bene che la sua Clustered Water™ è l’equivalente dell’Olio di serpente (altrettanto brevettato) venduto ormai da secoli dai più vari ciarlatani. La clustered water fa bella mostra di sé a ogni fiera benessere, piccola o grande, che si rispetti. Il costo? Dai 50 ai 100 dollari a flacone, a seconda dell’etichetta che c’è sopra. L’unico posto nel quale potete trovare una conferma degli “effetti terapeutici” che l’articolo sembra offrire come dato di fatto, è nella sterminata galassia di siti neo-new age, ben celati dietro un forbito gergo pseudoscientifico. Infatti è da uno di questi che proviene la parte dell’articolo riservata a Emoto, e di cui qui sopra è riportata una parte, in forma di copia e incolla.
Gli scenari medici pronosticati da Montagnier e colleghi senza avere nulla in mano non sono fantascientifici ma, più semplicemente, fantasy. Fortunatamente per i lettori del Corriere, a poche ore dalla pubblicazione dell’articolo di Pappagallo, un articolo di ben altro spessore firmato da Giuseppe Remuzzi stroncava ogni utopia omeopatista, ma ormai è tardi e la bufala del DNA che si duplica via radio è già diventata realtà nelle rassegne e nelle newsletter, cosa che non si può certo sperare per l’articolo di Remuzzi il quale, ricordando (correttamente) Benveniste come autore di una frode e provando a mettere in guardia contro le pseudomedicine, sarà naturalmente additato come al soldo di Big Pharma (del resto, chi non lo è tra coloro che non riconoscono l’Omeopatia?)
E a proposito di copia e incolla non si può dimenticare il contributo di Alberto Magnetti su La Stampa, che nella sua rubrica Appuntamento con l’Omeopatia collega intelligentemente il nuovissimo studio all’ambigua copertina dell’ultimo Internazionale che sebbene, a differenza di Magnetti, metta bene in chiaro che Omeopatia & Co non sono confermate da nessun test clinico e che il loro effetto è totalmente psicologico, ne parla come di Medicina del futuro. Magnetti riporta allora queste (paradossali, in base a quanto già spiegato) parole di Vitiello:
Il dato molto importante da sottolineare è che una rivista ufficiale di fisica come il Journal of Physics ha pubblicato per la prima volta una ricerca che normalmente sarebbe di competenza di un Journal di biologia o medicina. Un passo ulteriore a dimostrazione che la moderna fisica quantistica può dare un contributo fondamentale alle ricerche mediche di frontiera.
Allegando una copertina di Journal of Physics: Condensed matter (!) Magnetti conclude:
Forse i nostri pronipoti sorrideranno pensando ai vecchi inquinanti motori a benzina usati dai loro bisnonni mentre guideranno le loro auto elettriche o a propulsione alternativa, come forse sorrideranno pensando a pillole, compresse, supposte e iniezioni mentre si cureranno con la medicina quantica.
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Re: Montagnier e le onde elettromagnetiche del DNA
Una goccia d'acqua ci salverà?
«Se i risultati fossero confermati, sarebbero gli esperimenti più significativi eseguiti negli ultimi novant'anni. E contringerebbero a rivedere l'intera chimica moderna». Il commento è di Jeff Reimers, teorico chimico dell'Università di Sydney, di fronte all'ultimo lavoro del premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, lo scopritore del virus Hiv. Il famoso virologo ha scoperto che la presenza di Dna, anche a bassissime dosi, genera variazioni strutturali nell'acqua. E lo ha descritto sul «Journal of Phisics: conference series», riproponendo di fatto il dibattutto tema "sulla memoria dell'acqua", tanto caro ai fautori dell'omeopatia. Apriti cielo! Com'era prevedibile è divampata la polemica tra chi sostiene che si tratta di una nuova frontiera della "low-dose medicine", che porterà alla creazione di farmaci senza effetti collaterali, e chi considera questo studio totalmente privo di fondamento, in quanto non rispetta uno dei cardini del metodo scientifico: la replicabilità degli esperimenti.
Ma, in concreto, cosa ha combinato Montagnier? Ha applicato i concetti della fisica quantistica alla biologia, con un esperimento relativamente semplice: due provette contenenti una un frammento di Dna e una acqua pura sono state messe all'interno di una bobina di rame e sottoposte a un debole campo magnetico. Dopo 16-18 ore, attraverso la Pcr – tecnica che amplificare la doppia elica attraverso enzimi – si trova che il frammento genetico è presente in entrambe le provette. Certo, l'idea è affascinante e probabilmente il fatto che a studiare questi fenomeni sia uno scienziato famoso ha il suo peso, però «nella sua carriera Montagnier ha anche proposto di curare il Parkinson di Giovanni Paolo II con l'estratto di papaia», ricorda Silvio Garattini, direttore dell'Istituto Mario Negri. E anche se azzeriamo il passato, con o senza Nobel la scienza non deve fare eccezioni, e questi risultati andrebbero ignorati fino a quando non vengono ripetuti da gruppi indipendenti. Ma soprattutto non si capisce perché conclusioni ancora tutte da dimostrare vengano già impiegate come prova di efficacia della terapia omeopatica».
Date le notevoli implicazioni e la relativa semplicità degli esperimenti non dovrebbe essere difficile ripetere l'esperimento da altri gruppi e scoprire se il teletrasporto del Dna è una pazzia o una rivoluzione che investe medicina, fisica e biologia.
Prima di arrivare a questo – se mai ci si arriverà – il lavoro diventa lo spunto per tornare sull'affidabilità delle pubblicazioni. Lo sa bene Stefano Ossicini, ordinario di Fisica sperimentale all'Università di Modena e Reggio Emilia, che da tempo si occupa di temi relativi al rapporto fra scienza e società, e sta per pubblicare un libro, «L'universo è fatto di storie non solo di atomi» edito da Neri Pozza, sugli errori, le frodi e le controversie che hanno agitato la scienza di questi ultimi cento anni. Partiamo dalla rivista. «Journal of phisics è per le pubblicazioni di lavori presentati nelle conferenze, in cui la politica del peer review è demandata espressamente agli organizzatori della conferenza, che possono quindi decidere i criteri relativi alla pubblicazione – spiega Ossicini –. E uno degli autori di questo lavoro (il fisico Giuseppe Vitiello, ndr) era fra gli organizzatori. Inoltre nella pubblicazione, per quanto attiene alla parte sperimentale, il lettore viene rimandato a due articoli pubblicati su altra rivista di cui lo stesso Montagnier è a capo dell'editorial board, un possibile conflitto di interessi». E sul lavoro in sè? «Da una parte è poco chiara l'analisi dei risultati e le figure scelte non spiegano molto, anche perchè sono prese dallo schermo di un pc. Dall'altra la parte teorica non sembra avere un legame diretto con l'esperimento. È una discussione che non presenta numeri o fatti. E gli stessi autori precisano che per un confronto quantitativo è necessario rimandare a un lavoro futuro». Quindi? «Ripeto una frase di Bacone, uno dei fondatori della scienza moderna: "la verità è figlia del tempo e non dell'autorità". E per evitare che gli schieramenti si fossilizzino sulle loro posizioni, bisognerebbe introdurre un altro criterio per i risultati scientifici, quello di robustezza, più adatto a un periodo in cui ai paradigmi fisici si vanno sostituendo quelli biologici. Come un essere vivente robusto é in grado di sopravvivere a condizioni difficili, un esperimento robusto sa vivere di vita propria, sopravvive alle teorie che l'hanno ispirato e continua a ripresentarsi con regolarità».
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«Se i risultati fossero confermati, sarebbero gli esperimenti più significativi eseguiti negli ultimi novant'anni. E contringerebbero a rivedere l'intera chimica moderna». Il commento è di Jeff Reimers, teorico chimico dell'Università di Sydney, di fronte all'ultimo lavoro del premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, lo scopritore del virus Hiv. Il famoso virologo ha scoperto che la presenza di Dna, anche a bassissime dosi, genera variazioni strutturali nell'acqua. E lo ha descritto sul «Journal of Phisics: conference series», riproponendo di fatto il dibattutto tema "sulla memoria dell'acqua", tanto caro ai fautori dell'omeopatia. Apriti cielo! Com'era prevedibile è divampata la polemica tra chi sostiene che si tratta di una nuova frontiera della "low-dose medicine", che porterà alla creazione di farmaci senza effetti collaterali, e chi considera questo studio totalmente privo di fondamento, in quanto non rispetta uno dei cardini del metodo scientifico: la replicabilità degli esperimenti.
Ma, in concreto, cosa ha combinato Montagnier? Ha applicato i concetti della fisica quantistica alla biologia, con un esperimento relativamente semplice: due provette contenenti una un frammento di Dna e una acqua pura sono state messe all'interno di una bobina di rame e sottoposte a un debole campo magnetico. Dopo 16-18 ore, attraverso la Pcr – tecnica che amplificare la doppia elica attraverso enzimi – si trova che il frammento genetico è presente in entrambe le provette. Certo, l'idea è affascinante e probabilmente il fatto che a studiare questi fenomeni sia uno scienziato famoso ha il suo peso, però «nella sua carriera Montagnier ha anche proposto di curare il Parkinson di Giovanni Paolo II con l'estratto di papaia», ricorda Silvio Garattini, direttore dell'Istituto Mario Negri. E anche se azzeriamo il passato, con o senza Nobel la scienza non deve fare eccezioni, e questi risultati andrebbero ignorati fino a quando non vengono ripetuti da gruppi indipendenti. Ma soprattutto non si capisce perché conclusioni ancora tutte da dimostrare vengano già impiegate come prova di efficacia della terapia omeopatica».
Date le notevoli implicazioni e la relativa semplicità degli esperimenti non dovrebbe essere difficile ripetere l'esperimento da altri gruppi e scoprire se il teletrasporto del Dna è una pazzia o una rivoluzione che investe medicina, fisica e biologia.
Prima di arrivare a questo – se mai ci si arriverà – il lavoro diventa lo spunto per tornare sull'affidabilità delle pubblicazioni. Lo sa bene Stefano Ossicini, ordinario di Fisica sperimentale all'Università di Modena e Reggio Emilia, che da tempo si occupa di temi relativi al rapporto fra scienza e società, e sta per pubblicare un libro, «L'universo è fatto di storie non solo di atomi» edito da Neri Pozza, sugli errori, le frodi e le controversie che hanno agitato la scienza di questi ultimi cento anni. Partiamo dalla rivista. «Journal of phisics è per le pubblicazioni di lavori presentati nelle conferenze, in cui la politica del peer review è demandata espressamente agli organizzatori della conferenza, che possono quindi decidere i criteri relativi alla pubblicazione – spiega Ossicini –. E uno degli autori di questo lavoro (il fisico Giuseppe Vitiello, ndr) era fra gli organizzatori. Inoltre nella pubblicazione, per quanto attiene alla parte sperimentale, il lettore viene rimandato a due articoli pubblicati su altra rivista di cui lo stesso Montagnier è a capo dell'editorial board, un possibile conflitto di interessi». E sul lavoro in sè? «Da una parte è poco chiara l'analisi dei risultati e le figure scelte non spiegano molto, anche perchè sono prese dallo schermo di un pc. Dall'altra la parte teorica non sembra avere un legame diretto con l'esperimento. È una discussione che non presenta numeri o fatti. E gli stessi autori precisano che per un confronto quantitativo è necessario rimandare a un lavoro futuro». Quindi? «Ripeto una frase di Bacone, uno dei fondatori della scienza moderna: "la verità è figlia del tempo e non dell'autorità". E per evitare che gli schieramenti si fossilizzino sulle loro posizioni, bisognerebbe introdurre un altro criterio per i risultati scientifici, quello di robustezza, più adatto a un periodo in cui ai paradigmi fisici si vanno sostituendo quelli biologici. Come un essere vivente robusto é in grado di sopravvivere a condizioni difficili, un esperimento robusto sa vivere di vita propria, sopravvive alle teorie che l'hanno ispirato e continua a ripresentarsi con regolarità».
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