Terapia arma vincente
Terapia arma vincente
A 30 anni dal primo caso di Aids la malattia ha un volto completamente diverso, ma è tutt'altro che debellata soprattutto nel Sud del mondo, dove ancora 400.000 bambini sono contagiati ogni anno, nonostante esistano le cure per azzerare la trasmissione del virus Hiv da madre a figlio. "Fondamentalmente la grande svolta sono state le cure: hanno cambiato la storia dell'Aids nei Paesi occidentali, trasformandolo da una malattia non curabile ad una malattia cronica", osserva il direttore del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità, Stefano Vella. "Il risultato importante è che il trattamento, se comincia precocemente, è in grado di abbattere la trasmissione del virus del 97%".
Il problema è che ovunque nel mondo, nel Sud come al Nord, nella maggioranza dei casi ci si accorge di essere sieropositivi al momento della diagnosi. "La storia quindi non è finita - ha osservato - perché il virus continua a circolare e compiono nuovi nuovi focolari vicino a noi, come sta accadendo nell'Est europeo". Per questo non bisogna abbassare la guardia e intervenire in tempo per abbattere le epidemia emergenti: "é come spegnere i nuovi focolai di un grande incendio". Ed anche nel mondo occidentale, dove finora si sono riportate tante vittorie, l'epidemia "cova ancora sotto la cenere". Focolai immensi sono in atto in Africa e bisogna seguire con attenzione quanto sta accadendo in Cina e India. "In un mondo globale - rileva Vella - la malattia va affrontata nella sua globalità". E' proprio questo il tema della conferenza mondiale della International Aids Society (Ias) in programma a Roma dal 17 al 20 luglio. E tre sono le priorità che il mondo della ricerca sta indicando: l'accesso universale alle cure, proseguire la ricerca sui vaccini ("quelli preventivi sono ancora lontani", rileva l'esperto) e trovare una cura che non richieda un trattamento a vita.
Quanto ci sia ancora da fare in tutte e tre queste direzioni emerge dalle cifre: "basti pensare che ogni anno nel mondo 400.000 bambini continuano a contrarre il virus dalla madre, nonostante sia possibile azzerare a costo basso la trasmissione del virus Hiv da madre a figlio: questo è fattibile economicamente e scientificamente ed è una priorità assoluta". Oggi nel mondo sono in trattamento 7 milioni di persone, prosegue l'esperto, "ma c'é ancora molto da fare: non si tratta solo di portare i farmaci, ma bisogna rafforzare i sistemi sanitari".
Il problema è che ovunque nel mondo, nel Sud come al Nord, nella maggioranza dei casi ci si accorge di essere sieropositivi al momento della diagnosi. "La storia quindi non è finita - ha osservato - perché il virus continua a circolare e compiono nuovi nuovi focolari vicino a noi, come sta accadendo nell'Est europeo". Per questo non bisogna abbassare la guardia e intervenire in tempo per abbattere le epidemia emergenti: "é come spegnere i nuovi focolai di un grande incendio". Ed anche nel mondo occidentale, dove finora si sono riportate tante vittorie, l'epidemia "cova ancora sotto la cenere". Focolai immensi sono in atto in Africa e bisogna seguire con attenzione quanto sta accadendo in Cina e India. "In un mondo globale - rileva Vella - la malattia va affrontata nella sua globalità". E' proprio questo il tema della conferenza mondiale della International Aids Society (Ias) in programma a Roma dal 17 al 20 luglio. E tre sono le priorità che il mondo della ricerca sta indicando: l'accesso universale alle cure, proseguire la ricerca sui vaccini ("quelli preventivi sono ancora lontani", rileva l'esperto) e trovare una cura che non richieda un trattamento a vita.
Quanto ci sia ancora da fare in tutte e tre queste direzioni emerge dalle cifre: "basti pensare che ogni anno nel mondo 400.000 bambini continuano a contrarre il virus dalla madre, nonostante sia possibile azzerare a costo basso la trasmissione del virus Hiv da madre a figlio: questo è fattibile economicamente e scientificamente ed è una priorità assoluta". Oggi nel mondo sono in trattamento 7 milioni di persone, prosegue l'esperto, "ma c'é ancora molto da fare: non si tratta solo di portare i farmaci, ma bisogna rafforzare i sistemi sanitari".
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