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I Gay riducono il loro comportamento a rischio dopo la diagnosi di HIV

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Messaggio Da Rafael Mer 30 Mar - 0:20

I gay riducono il loro comportamento a rischio dopo la diagnosi di HIV, secondo degli studi, che non concordano su come e quanto.

Due studi presentati il mese scorso alla 18a Conferenza sui Retrovirus hanno entrambi scoperto che i gay diagnosticati con HIV hanno ridotto considerevolmente la quantita' di sesso che fanno che potrebbe trasmettere la loro infezione.

Tuttavia i due studi non concordano su quanto gli uomini hanno ridotto il loro comportamento a rischio, e per quanto tempo hanno mantenuto questa riduzione.

I due studi di coorte prospettica, in Amsterdam e San Francisco, non hanno osservato il comportamento dei gay sotto gli stessi punti di vista cosicche' non possono essere comparati direttamete.

Lo studio di Amsterdam ha seguito un gruppo di 206 gay inizialmente sieronegativi e monitorato il comportamento sessuale a rischio di quelli che hanno contratto l'HIV quattro anni prima della data della diagnosi a quattro anni dopo la diagnosi.. Sono stati quindi in grado di determinare quale era stato il comportamento di base prima della diagnosi.

Essendo una coorte di lunga durata e' stata in grado di comparare il comportamento degli uomini prima delle terapia di combinazione (1984-1995) e dopo (1996-2008).

Lo studio di San Francisco ha seguito solamente il comportamento a rischio dei suoi 237 soggetti dalla data della diagnosi, ma ha seguito il comportamento fino a dodici anni dopo la diagnosi.

In aggiunta, mentre lo studio di Amsterdam ha monitorato solo la prevalenza nel rapporto anale non protetto (UAI) senza far caso allo status HIV del partner, lo studio di San Francisco ha guardato alle percentuali di rapporti anali(AI) con tutti i partner sia negativi che di status HIV sconosciuto, come pure le percentuali di rapporti anali insertivi non protetti (UIAI- il tipo di sesso piu' probabile nelle trasmissione di HIV) con partner di status conosciuto e sconosciuto.

Ha anche condotto una seconda analisi in cui ha calcolato l'effetto della soppressione virale riguardo al sesso non protetto con uomini con cariche virali sotto le 500 copie/ml come rappresentanti di zero rischio di trasmissione.

Amsterdam
In Amsterdam e' stato scoperto che la diagnosi HIV ha prodotto un'immediata caduta della quantita' di rapporti anali non protetti. Prima della diagnosi il 68% degli uomini aveva avuto UAI (definiti come "non (sempre) con uso di profilattico durante il sesso anale") nell'anno precedente. Un anno dopo la diagnosi questa si era ridotta al 38% e percio' la proporzione di uomini che avevano UAI ha continuato a declinare piu' lentamente: quattro anni dopo la diagnosi era del 32%.

Nell'era post-HAART, tuttavia, le percentuali post-diagnosi UAI era scese molto meno e cominciavano nuovamente a risalire dopo il primo anno post-diagnosi . La proporzione di uomini che avevano avuto UAI nell'anno precedente era del 61% quattro anni prima della diagnosi, 72% alla diagnosi, 53% una anno post-diagnosi, quindi di nuovo al 61% quattro anni dopo la diagnosi.

San Francisco
Lo studio di San Francisco presentava un apparentemente molto differente quadro di comportamento.
Questo studio ha contato il numero di partner uomini che avevano avuto nei precedenti tre mesi. Questo era di dieci alla diagnosi ma poi scendeva a sette nei due anni dopo la diagnosi. Quindi aumentava ancora a 8,5 nei cinque anni dopo la diagnosi e quindi scendeva ancora, raggiungendo 3,5 nei dieci anni dopo la diagnosi.

Questo declino assoluto nel numero di partners potrebbe essere dovuto all'eta' e all'acquisizione dei primi partners, ma era notabile che la proporzione di sesso con partners di status negativo o sconosciuto per l'HIV seguiva un identico quadro di declino iniziale , poi rimontava, quindi declinava alla fine. Al momento della diagnosi gli uomini allo studio, avevano all'incirca sei partners negli ultimi tre mesi, di status HIV negativo o sconosciuto (60% di tutti i partners); due anni dopo la diagnosi era di 2,5 partners (36% di tutti i partners); cinque anni dopo la diagnosi era ritornata a 6,25 partners (69% di tutti i partners), ma a partire dal decimo anno era scesa ad un partner (29%di tutti i partner).

Da notare che questo era tutto sesso anale, protetto o no. Nel caso di sesso anale insertivo non protetto (UIAI, il piu' probabile a trasmettere l'HIV) e' sceso da quattro partners UIAI negli ultimi tre mesi a uno cinque anni dopo la diagnosi, e poi molto lentamente e' aumentato a 1,5 a dieci anni. La proporzione di sesso insertivo non protetto diventava piu' ampia al punto che la proporzione con partner negativi o di status sconosciuto nove anni dopo la diagnosi, forse, indica che in questo periodo la maggioranza aveva avuto UAI con altri uomini conosciuti per avere HIV.

La maggioranza di UIAI era in relazione con altri partner positivi. Il numero di partner di status negativo o sconosciuto con cui gli uomini avevano avuto UIAI era sceso da 1,8 negli ultimi tre mesi al 0,57 dopo un anno ed era solo 0,14 dopo cinque anni.

I ricercatori hanno calcolato che anche senza tenere in conto soppressione virale, questo significava che in San Francisco gli uomini riducevano il rischio di passare il loro HIV dal 71% un anno dopo la diagnosi, al 87% due anni dopo la diagnosi, e 92% cinque anni dopo. Se la proporzione con la carica virale sotto i 500 e' stata presa in conto, allora i gay riducevano la loro possibilita' di trasmettere l'HIV del 97% dopo due anni e mantenevano quella riduzione di rischio.

Comparazione fra i due
E' difficile comparare i due studi direttamente perche' non c'e´una sola misura che usano in comune. La proporzione di uomini nello studio di Amsterdam che avevano sesso anale non protetto nell'era post-HAART era sceso solamente del20% all'anno dopo la loro diagnosi,mentre gli uomini di San Francisco avevano ridotto la quantita' del loro sesso anale insertivo non protetto di circa il 50%. Essi avevano ridotto UIAI del 75% quattro anni dopo la diagnosi, mentre i livelli UAI in Amsterda era tornati quasi alla linea di partenza.

Questi quadri, tuttavia, non tengono conto della possibilita' di "posizionamento strategico". Gli uomini di San Francisco potrebbero star avendo una piu' alta proporzione di sesso che non era protetto, incluso con partner di status negativo o sconosciuto, se, dopo la diagnosi la maggior parte di quel sesso era come partner passivo. Non si puo' dire da questo studio.

E' da notare che , almeno nello studio di San Francisco, la maggior parte della riduzione del rischio di trasmissione era dovuto al cambio di comportamento, piuttosto che dalla riduzione dell'infettivita' dovuta alla diminuzione della carica virale.
Rafael
Rafael

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