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Carceri: emergenza sanitaria

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Messaggio Da Gex Dom 27 Mar - 8:15

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In carcere si aggrava l'emergenza sanitaria

La maggiornza dei reclusi è tossicodipendente. Oltre ai casi di Hiv, si teme il ritorno della tubercolosi. A lanciare l'allarme è il medico del carcere. Ecco come si vive nella struttura di via Poma (Mantova)

di Giancarlo Oliani
MANTOVA. Sovraffollamento, emergenza sanitaria, spazi insufficenti e mancanza di attività alternative per tentare una rieducazione del detenuto. Sono questi i problemi che affliggono la casa circondariale di Mantova.

Nel gennaio di quest'anno, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, il dottor Massimo Bozzeda ha inviato una lettera al procuratore distrettuale. I detenuti (attualmente 193) in elevato e costante numero, sono tossicodipendenti (123 su 193) ed extracomunitari.

Oltre ai numerosi casi di Hiv (10) e epatiti (55), si vive - dice il medico - nella costante incognita della tubercolosi. Da pochi mesi è stato scarcerato da questo istituto un paziente proveniente dalla Sierra Leone, affetto da Tbc tissutale, tra le più contagiose.

E' impossibile - continua il medico - programmare strategie e piani di intervento. Si lavora sull'emergenza. Il protrarsi della promiscuità e le condizioni sub umane in cui sono costretti a vivere i detenuti è vergognoso per una società che vuol dirsi civile. L'ambito di patologie psichiatriche, le parassitosi, senza escludere gravi patologie (tumori, leucemie, ecc.) rendono il carcere un luogo non di detenzione bensì di degradazione fisica e mentale».

I volontari provano a fare qualcosa nelle aule scolastiche, nella biblioteca fornita di 2500 volumi, ma se mancano le strutture, se mancano i soldi come loro stessi dicono, di miracoli non se ne possono fare.

Il presidio sanitario del carcere dipende ora dall'Azienda ospedaliera Carlo Poma che ha individuato nel dottor Antonino Calogero la figura di supervisore e di raccordo tra ospedale e carcere. Oltre alle patologie già citate, sono in crescente aumento anche i problemi odontoiatrici che riguardano l'80 per cento dei detenuti. Aumentano inoltre il disagio psichico che si evidenzia con i disturbi dell'insonnia. Tra i farmaci più utilizzati gli
antinfiammatori, gli antipiretici, i gastroprotettori e antidepressivi.

Negli ultimi tempi non si registrano risse, aggressioni o ferimenti, anche se i tentativi di suicidio sono sempre incombenti. I reparti detentivi sono disposti su due piani. Al piano terra c'è una sorta di box che serve per parlare con gli avvocati e l'isolamento. In questo reparto ci sono otto celle per 24 detenuti, occupate da due fino a sei persone.

Le celle da sei, di circa 25 metri quadrati, hanno letti a castello. Nel reparto per detenuti comuni, sempre al primo piano ci sono delle celle più piccole, in origine previste per una sola persona, ma che sono occupate anche da tre persone. Nelle celle c'è un box, isolato alla meno peggio con un Wc alla turca, dove tutti vedono tutto. Spesso chi dorme sul terzo letto a castello finisce per cadere rovinosamente sul pavimento.

I muri sono scrostati e sulle finestre vengono accumulati i vuoti di plastica, stese calze e mutande. Gli spazi comuni sono un "affronto" alla decenza. Lo spazio ricreativo consiste in un'area pavimenata con cemento per metà scoperta al sole e alle intemperie. Al secondo piano c'è il reparto femminile che ospita, attualmente, nove detenute. Le celle hanno anche un bidet e acqua calda. Il reparto dispone di una saletta e di due minuscoli cortili per poter passeggiare.

Veniamo ora alla popolazione incarcerata. Su 193 detnuti, 80 sono italiani di sesso maschile e una sola donna, 104 gli stranieri uomini e otto le donne. Soltanto in tre godono del regime di semilibertà. E veniamo alle etnie. Il maggior numero di detenuti è di origine marocchina (33), seguono gli indiani, i romeni, i tunisini e gli albanesi. Complessivamente gli uomini sono 99 e le donne 8.

L'ora d'aria è prevista dalle 9 alle 11.30 e dalle 13 alle 15. In estate, di solito, viene prolungata fino alle 19.30. La cucina regge a fatica il carico di lavoro perché il numero dei detenuti è considerevolmente aumentato. La capienza sopportabile sarebbe di 180 posti, ma i detenuti sono 193. «Sono tanti è vero - osserva il direttore Enrico Baraniello - ma ci sono stati anni in cui abbiamo toccato quota 250».

Tagliati i fondi per pagare le ore di lavoro ai detenuti. Rimangono tuttora nel budget le due addette alla lavanderia. Fortunatamente sono in corso collaborazione con scuole ed enti. E molti degli strumenti in uso (come ad esempio i frigoriferi) sono frutto di donazioni. Ma tutto ciò non basta. (go)
26 marzo 2011

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