RICERCA: Premiati i vincitori del Gilead Fellowship Program
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RICERCA: Premiati i vincitori del Gilead Fellowship Program
Sedici progetti selezionati per ricerche mediche con forte impatto sociale
Più di 100 progetti di ricerca su Hiv, epatite B e infezioni fungine presentati, 92 ricercatori coinvolti, 16 strutture proponenti. Questi i numeri della prima edizione del Fellowship Program, promossa dalla casa biofarmaceutica Gilead.
Un gruppo di docenti, coordinati da Mauro Moroni - ordinario di malattie infettive e tropicaii all’Università statale di Milano - hanno selezionato sedici progetti: 9 sull’Hiv, 5 sull’epatite B, 1 sulle infezioni fungine e 1 su HiV ed epatite insieme. Nella giuria anche Barbara Ensoli, direttore del Centro Nazionale Aids e Cinzia Caporale, componente del Comitato Nazionale di Bioetica. Ai vincitori saranno destinati complessivamente 450mila euro.
Progetti frutto di una ricerca indipendente applicata alla clinica, ricadute misurabili e soprattutto valenza sociale: questi sono stati i criteri che stati dati ai ricercatori e intorno ai quali sono stati costruiti i progetti. «Il Fellowship – spiega Moroni – ha dimostrato l’esistenza di quella particolare categoria di ricercatori che uniscono all’attenzione ai pazienti la ricerca propriamente detta».
Una delle caratteristiche di questo primo bando è stato il particolare interesse mostrato dai partecipanti per le categorie socialmente a rischio, soprattutto i migranti, area d’intervento di 7 dei 16 progetti selezionati. Clandestini e immigrati su cui i ricercatori progettano di lavorare su diversi piani. «I progetti che abbiamo scelto – spiega la dott.ssa Ersoli – puntano sull’eliminazione del sommerso dei malati, cioè di chi non sa di essere ammalato, sull’educazione del malato alla terapia e alla salute in generale».
Su queste linea per esempio ha pensato di lavorare in Puglia l’equipe coordinata da Gioacchino Angarano dell’Università di Bari che punta a creare un’Unita medica itinerante che ogni settimana a Bari e a Foggia andrà nelle zone a alta densità di migranti per fornire assistenza medica ai portatori cronici di epatite B e agganciarli in vista della cura con il Servizio Sanitario Nazionale. O il progetto Coroh, proposto dall’Istituo Gallicano di Roma che mira a ridurre l’incidenza dell’Hiv e delle infezioni sessualmente trasmissibili tra maschi omosessuali attraverso uno screening attivo basato sul counseling ed educazione specialistica.
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Più di 100 progetti di ricerca su Hiv, epatite B e infezioni fungine presentati, 92 ricercatori coinvolti, 16 strutture proponenti. Questi i numeri della prima edizione del Fellowship Program, promossa dalla casa biofarmaceutica Gilead.
Un gruppo di docenti, coordinati da Mauro Moroni - ordinario di malattie infettive e tropicaii all’Università statale di Milano - hanno selezionato sedici progetti: 9 sull’Hiv, 5 sull’epatite B, 1 sulle infezioni fungine e 1 su HiV ed epatite insieme. Nella giuria anche Barbara Ensoli, direttore del Centro Nazionale Aids e Cinzia Caporale, componente del Comitato Nazionale di Bioetica. Ai vincitori saranno destinati complessivamente 450mila euro.
Progetti frutto di una ricerca indipendente applicata alla clinica, ricadute misurabili e soprattutto valenza sociale: questi sono stati i criteri che stati dati ai ricercatori e intorno ai quali sono stati costruiti i progetti. «Il Fellowship – spiega Moroni – ha dimostrato l’esistenza di quella particolare categoria di ricercatori che uniscono all’attenzione ai pazienti la ricerca propriamente detta».
Una delle caratteristiche di questo primo bando è stato il particolare interesse mostrato dai partecipanti per le categorie socialmente a rischio, soprattutto i migranti, area d’intervento di 7 dei 16 progetti selezionati. Clandestini e immigrati su cui i ricercatori progettano di lavorare su diversi piani. «I progetti che abbiamo scelto – spiega la dott.ssa Ersoli – puntano sull’eliminazione del sommerso dei malati, cioè di chi non sa di essere ammalato, sull’educazione del malato alla terapia e alla salute in generale».
Su queste linea per esempio ha pensato di lavorare in Puglia l’equipe coordinata da Gioacchino Angarano dell’Università di Bari che punta a creare un’Unita medica itinerante che ogni settimana a Bari e a Foggia andrà nelle zone a alta densità di migranti per fornire assistenza medica ai portatori cronici di epatite B e agganciarli in vista della cura con il Servizio Sanitario Nazionale. O il progetto Coroh, proposto dall’Istituo Gallicano di Roma che mira a ridurre l’incidenza dell’Hiv e delle infezioni sessualmente trasmissibili tra maschi omosessuali attraverso uno screening attivo basato sul counseling ed educazione specialistica.
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