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Tbc e Hiv, immigrati sani ma arrivati in Italia aumenta rischio

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Messaggio Da Gex Ven 7 Ott - 8:48

Tbc e malattie come HIV , immigrati sani ma arrivati in Italia aumenta rischio

Roma, 6 ott. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Sono sani, forti e giovani: quando approdano in Italia gli immigrati sono stremati dal viaggio, ma di solito non hanno problemi seri di salute. Ma il rischio di ammalarsi aumenta proprio nei primi anni di permanenza. Stando ai dati più recenti sui migranti sbarcati a Lampedusa, da marzo a settembre, su 24.000 persone solo 7 sono risultate positive alla Tbc. Ogni anno però, sui circa 3,5 mln di immigrati presenti in Italia, ne vengono ricoverati oltre 500.000. Lo segnalano i massimi infettivologi italiani riuniti per il X Congresso nazionale della Società di malattie infettive e tropicali (Simit), in corso all'Arsenale Porto della Maddalena. In tre casi su quattro a portarli in ospedale è un problema acuto come un trauma, una malattia cardiaca, respiratoria o il parto nelle donne. E nei primi tre-quattro anni di permanenza nel nostro Paese gli immigrati hanno una probabilità più elevata di ammalarsi di una patologia infettiva per colpa dello stress psicofisico connesso proprio all'immigrazione. Le malattie infettive, così come le altre patologie, risultano comunque meno comuni nei migranti che nella popolazione italiana: gli immigrati non portano malattie e non contagiano quasi mai i nostri connazionali, assicurano gli esperti. In alcuni casi, piuttosto, è vero il contrario. Il periodo più difficile per gli immigrati, secondo gli esperti, è quello successivo all'arrivo nel Paese ospite: il clima più rigido rispetto alle aree di provenienza, le precarie condizioni igienico-sanitarie, lo stress psicofisico dovuto al viaggio e all'ingresso in una società nuova e sconosciuta indeboliscono il sistema immunitario. "Si tratta della cosiddetta 'immunodepressione da sradicamento', un problema che può portare gli immigrati ad ammalarsi di un gran numero di patologie: oltre a quelle infettive, diventano più probabili anche condizioni come il colon irritabile o i disturbi d'ansia", spiega Francesco Castelli, ordinario di Malattie Infettive all'Università di Brescia. A causa della depressione del sistema immunitario "in molti si 'riattiva' la tubercolosi, contratta anni prima senza che abbia mai dato sintomi, come accade nel mondo occidentale: anche in Italia molti sono portatori di tubercolosi, soprattutto fra gli anziani. Ma solo uno su dieci si ammala davvero - ricorda l'esperto - e capita soprattutto quando, appunto, il sistema immunitario è più debole come nel caso dell'età avanzata o della presenza di malattie come l'infezione da Hiv. Gli immigrati si trovano in queste condizioni di immunodepressione, e molto spesso si ammalano: possiamo però tranquillizzare gli italiani perché il rischio di contrarre la tubercolosi da migranti è davvero molto limitato".Lo stesso vale per la seconda categorie di malattie infettive più frequenti fra gli immigrati, ovvero le patologie a trasmissione sessuale: gli studi condotti dagli infettivologi hanno infatti mostrato che in una quota non irrilevante di casi le infezioni vengono contratte dopo l'arrivo in Italia, a seguito della marginalizzazione sociale e della promiscuità sessuale in cui i migranti si trovano a vivere e non portate da altri Paesi. "Anche la malaria è abbastanza frequente fra gli immigrati, ma si tratta di un problema che resta confinato nella comunità straniera - riprende Castelli - Quando un immigrato si stabilisce nel nostro Paese perde infatti l'immunità che aveva costruito contro la malaria durante la sua vita in Africa o Asia; dopo anni tanti migranti tornano però a visitare i propri luoghi d'origine e nessuno pensa a fare la profilassi antimalarica". Così al rientro in Italia "molti risultano malati, soprattutto i figli nati nel nostro Paese, che non hanno alcuna immunità: i reparti di malattie infettive nei mesi di settembre e ottobre ospitano molti casi di malaria di questo tipo". Anche l'epatite B è molto frequente fra gli immigrati; un problema che non pone alcun rischio per gli italiani, dal 1991 sono sottoposti alla vaccinazione obbligatoria. I migranti invece arrivano spesso da Paesi dove non la vaccinazione non è praticata. "Una volta arrivati è difficile scoprirli, perché accedono poco alle risorse del Ssn - nota Evangelista Sagnelli, presidente della Simit - Chi è positivo al virus Hbv, oltre a rischiare l'epatite cronica e quindi la cirrosi più avanti negli anni, può trasmettere l'infezione: nello specifico sono le madri che possono passare il virus al figlio durante la gravidanza". Poiché gravidanza e parto "sono fra i pochi momenti in cui anche le immigrate si rivolgono ai nostri servizi sanitari, abbiamo pensato a un progetto per individuarle e gestirle proprio in questa delicata fase della loro vita. Il progetto, che prenderà il via all'inizio del 2012, coinvolgerà più di dieci reparti di ostetricia, in particolar modo alcuni ospedali di aree dove la presenza di immigrati è forte: le donne positive al test per l'epatite B, che è obbligatorio, verranno individuate e seguite da vicino per ridurre la probabilità di trasmissione perinatale"."Inoltre seguiremo e analizzeremo i loro familiari: gravidanza e parto saranno perciò un'occasione per poter tenere maggiormente sotto controllo nuclei familiari a rischio per l'epatite, curare chi dovesse essere positivo al virus e sottoporre a vaccinazione contro l’epatite B i soggetti esposti", conclude Sagnelli.

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