Scienza made in Italy (or by Italians)
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Scienza made in Italy (or by Italians)
Razione doppia di ricerca italiana questa settimana, dopo il digiuno estivo.
I ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, in collaborazione con l'Università di Miami e l'Istituto Mendel di Roma, hanno individuato il gene che causa la sindrome KBG, una patologia rara. Lo studio, pubblicato sull'American Journal of Human Genetics, mostra che a essere responsabili sono alcune mutazioni del gene ANKRD11 e apre la strada allo sviluppo di un test diagnostico per questa patologia ancora poco conosciuta e studiata (Asli Sirmaci, Michail Spiliopoulos, Francesco Brancati, Eric Powell, Duygu Duman, Alex Abrams, Guney Bademci, Emanuele Agolini, Shengru Guo, Berrin Konuk, Asli Kavaz, Susan Blanton, Maria Christina Digilio, Bruno Dallapiccola, Juan Young, Stephan Zuchner e Mustafa Tekin - Mutations in ANKRD11 Cause KBG Syndrome, Characterized by Intellectual Disability, Skeletal Malformations, and Macrodontia; doi:10.1016/j.ajhg.2011.06.007).
Il Politecnico di Milano, in collaborazione con il Max Planck Institute di Stoccarda e con alcuni gruppi di ricerca del Sincrotrone Svizzero (SLS, Swiss light Source presso il PSI, Paul Scherrer Insitut di Villigen), ha scoperto che l'interazione magnetica tra gli atomi di rame è molto più forte di quanto sinora pensato quando questi materiali si trovano nello stato superconduttivo (quando, cioè, il passaggio di corrente elettrica avviene senza resistenza). La ricerca, di grande interesse nel campo della fisica dei solidi e, in prospettiva, della scienza dei materiali, è stata pubblicata su Nature Physics. Capire perché i cuprati diventano superconduttivi permetterà infatti di “progettare” in laboratorio nuovi materiali superconduttori (M.Le Tacon, G.Ghiringhelli, J.Chaloupka, M.Moretti Sala, V.Hinkov, M.W.Haverkort, M.Minola, M.Bakr, K.J.Zhou, S.Blanco-Canosa, C. Monney, Y.T.Song, G.L.Sun, C.T.Lin, G.M.De Luca, M.Salluzzo, G.Khaliullin, T. Schmitt, L. Braicovich e B. Keimer - Intense paramagnon excitations in a large family of high-temperature superconductors; doi:10.1038/nphys2041).
Invece, i ricercatori della Sapienza – Università di Roma e del Centro di Nanotecnologie di Londra (London Centre for Nanotechnology) hanno dimostrato che è possibile usare i raggi X per ridisegnare la nanostruttura di regioni selezionate dei materiali superconduttori allo scopo di modularne la superconduttività ad alta temperatura. La nuova tecnica, descritta su Nature Materials, è stata messa a punto nel Laboratorio di luce di sincrotrone Elettra di Trieste su un composto di ossigeno, rame e lantanio (un elemento pesante del gruppo delle terre rare). La nuova tecnica consente non solo di ottenere superconduttori di dimensioni molto più piccole di quelle di un capello, ma anche di manipolare la nanostruttura dei materiali che normalmente sono usati per la fabbricazione di dispositivi elettronici, come i computer quantististici e i sistemi di imaging del cervello (Nicola Poccia, Michela Fratini, Alessandro Ricci, Gaetano Campi, Luisa Barba, Alessandra Vittorini-Orgeas, Ginestra Bianconi, Gabriel Aeppli e Antonio Bianconi - Evolution and control of oxygen order in a cuprate superconductor; doi:10.1038/nmat3088).
Un studio pubblicato su European Heart Journal dimostra che le radiazioni a cui sono esposti i cardiologi interventisti attivano delle modificazioni cellulari come ‘difesa’ per gli effetti nocivi delle radiazioni stesse. Ecco cosa ha dimostrato lo studio, coordinato da Eugenio Picano, direttore dell'Istituto di fisiologia clinica (Ifc-Cnr) di Pisa, con il coinvolgimento dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa-Cnr) e dell'Istituto di Fisiologia di Avellino: in risposta all'elevata esposizione ai raggi X aumentano sia i livelli di glutatione (maggiore di 1,7 volte) - un antiossidante che protegge dal danno causato dai radicali liberi dell’ossigeno (Ros) -, sia quelli di perossido di idrogeno, un marcatore dello stress ossidativo causato sempre dai Ros (Gian Luigi Russo, Idolo Tedesco, Maria Russo, Angelo Cioppa, Maria Grazia Andreassi ed Eugenio Picano - Cellular adaptive response to chronic radiation exposure in interventional cardiologists; doi:10.1093/eurheartj/ehr263).
Una lieve riduzione delle calorie ingerite quotidianamente ha un forte impatto sulla plasticità del cervello, quella caratteristica che permette di apprendere, memorizzare e promuovere il recupero da danni cerebrali di vario genere. Lo mostra uno studio condotto su un modello animale dai ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Cnr di Pisa (In-Cnr) e pubblicato su Nature Communications. Lo studio ha dimostrato come la restrizione calorica induca cambiamenti molecolari noti per essere correlati con una maggiore plasticità (Maria Spolidoro, Laura Baroncelli, Elena Putignano, José Fernando, Maya-Vetencourt, Alessandro Viegi e Lamberto Maffei - Food restriction enhances visual cortex plasticity in adulthood; doi:10.1038/ncomms1323).
Una ricerca condotta dall'Istituto Gustave Roussy di Parigi e dall'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive 'Lazzaro Spallanzani' di Roma ha identificato un recettore coinvolto nel processo di diffusione dell'infezione da Hiv tra le cellule. Secondo gli studiosi, bloccando tale recettore si potrebbe prevenire l'infezione tra le cellule. Grazie a questa scoperta, descritta sul Journal of Experimental Medicine, si potrebbero sviluppare nuove creme vaginali ppiù effficaci per prevenire o ridurre le possibilità di infezione (Claire Séror, Marie-Thérèse Melki, Frédéric Subra, Syed Qasim Raza, Marlène Bras, Héla Saïdi, Roberta Nardacci, Laurent Voisin, Audrey Paoletti, Frédéric Law, Isabelle Martins, Alessandra Amendola, Ali A. Abdul-Sater, Fabiola Ciccosanti, Olivier Delelis, Florence Niedergang, Sylvain Thierry, Najwane Said-Sadier, Christophe Lamaze, Didier Métivier, Jérome Estaquier, Gian Maria Fimia, Laura Falasca, Rita Casetti, Nazanine Modjtahedi, Jean Kanellopoulos, Jean-François Mouscadet, David M. Ojcius, Mauro Piacentini, Marie-Lise Gougeon, Guido Kroemer e Jean-Luc Perfettini. Extracellular ATP acts on P2Y2 purinergic receptors to facilitate HIV-1 infection; doi:10.1084/jem.20101805).
Un team internazionale di astronomi, tra cui Giuseppe Bono dell’Inaf-Osservatorio Astronomico di Roma e dell’Università di Roma "Tor Vergata", ha individuato tre stelle cefeidi a meno di cento anni luce di distanza dal buco nero supermassiccio che si trova al centro della Via Lattea. Per diversi anni gli studiosi hanno cercato questo tipo di stelle in quella parte di cielo, ma finora non erano riusciti a individuarle. Questo tipo di stelle è molto importante poiché è possibile determinarne la distanza e l'età con notevole precisione. Proprio conoscere la loro età, infatti, ha permesso di stabilire il tasso di formazione di nuovi astri in prossimità del buco nero, 25 milioni di anni. A quanto pare, ci sarebbe stato un picco preceduto da un lungo periodo di quiescenza. Finora non era stato possibile capire se il tasso di formazione fosse costante nel tempo o avesse un andamento irregolare. L'ago della bilancia pende ora in favore di questa seconda ipotesi. Per questo studio, pubblicato su Nature, gli astronomi hanno esaminato una grande quantità di immagini realizzate tra il 2001 e il 2008 dalla camera SIRIUS del telescopio Infrared Survey Facility presso il South African Astronomical Observatory.
Lo scorso maggio (vedi Galileo - Scienza made in Italy del 27/05/11) l'équipe del Tigem coordinata da Andrea Ballabio aveva individuato nel gene TFEB il direttore d'orchestra che controlla l'intero processo di smaltimento delle sostanze tossiche dalle cellule, conquistando le pagine di Science. Ora un nuovo studio dello stesso gruppo di ricerca ha dimostrato che, stimolando questo gene, si attiva una importante proteina, la mucolipina. Questa promuove la fusione dei lisosomi (gli organelli cellulari deputati allo smaltimento) con la membrana della cellula e il rilascio all’esterno del loro contenuto tossico. Finora si pensava che questo fenomeno riguardasse soltanto cellule molto specializzate del sistema immunitario. Non solo: alcuni esperimenti su modelli animali con malattie lisosomiali hanno mostrato che alla stimolazione del gene consegue una riduzione dell’infiammazione e dell’accumulo di sostanze tossiche nelle cellule. Lo studio sarà presentato il 4 settembre al ESGLD Workshop a Långvik, in Finlandia, e successivamente pubblicato su Developmental Cell (D. Medina, A. Fraldi, V. Bouche, F. Annunziata, G. Mansueto, C. Spampanato, C. Puri, A. Pignata, J. Martina, M. Sardiello, M. Palmieri, R. Polishchuk, R. Puertollano, A. Ballabio - Transcriptional activation of lysosomal exocytosis promotes cellular clearance).
Infine segnaliamo che i ricercatori italiani del Cnr di Pisa e del Centro Extreme (che vede la collaborazione tra l'Istituto di Fisiologia clinica (Ifc), l'Istituto di scienze e tecnologie dell’informazione (Isti) del Cnr e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa) seguiranno la scalata di due aspinisti italiani del Cho Oyu in Tibet, la sesta vetta più alta del mondo, effettuata per la prima volta senza portatori d’alta quota né ossigeno. L'obiettivo è monitorare le condizioni psicofisiche dei due scalatori. Sostenitori e appassionati potranno seguire l'impresa giorno per giorno sulla relativa pagina di Facebook.
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I ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, in collaborazione con l'Università di Miami e l'Istituto Mendel di Roma, hanno individuato il gene che causa la sindrome KBG, una patologia rara. Lo studio, pubblicato sull'American Journal of Human Genetics, mostra che a essere responsabili sono alcune mutazioni del gene ANKRD11 e apre la strada allo sviluppo di un test diagnostico per questa patologia ancora poco conosciuta e studiata (Asli Sirmaci, Michail Spiliopoulos, Francesco Brancati, Eric Powell, Duygu Duman, Alex Abrams, Guney Bademci, Emanuele Agolini, Shengru Guo, Berrin Konuk, Asli Kavaz, Susan Blanton, Maria Christina Digilio, Bruno Dallapiccola, Juan Young, Stephan Zuchner e Mustafa Tekin - Mutations in ANKRD11 Cause KBG Syndrome, Characterized by Intellectual Disability, Skeletal Malformations, and Macrodontia; doi:10.1016/j.ajhg.2011.06.007).
Il Politecnico di Milano, in collaborazione con il Max Planck Institute di Stoccarda e con alcuni gruppi di ricerca del Sincrotrone Svizzero (SLS, Swiss light Source presso il PSI, Paul Scherrer Insitut di Villigen), ha scoperto che l'interazione magnetica tra gli atomi di rame è molto più forte di quanto sinora pensato quando questi materiali si trovano nello stato superconduttivo (quando, cioè, il passaggio di corrente elettrica avviene senza resistenza). La ricerca, di grande interesse nel campo della fisica dei solidi e, in prospettiva, della scienza dei materiali, è stata pubblicata su Nature Physics. Capire perché i cuprati diventano superconduttivi permetterà infatti di “progettare” in laboratorio nuovi materiali superconduttori (M.Le Tacon, G.Ghiringhelli, J.Chaloupka, M.Moretti Sala, V.Hinkov, M.W.Haverkort, M.Minola, M.Bakr, K.J.Zhou, S.Blanco-Canosa, C. Monney, Y.T.Song, G.L.Sun, C.T.Lin, G.M.De Luca, M.Salluzzo, G.Khaliullin, T. Schmitt, L. Braicovich e B. Keimer - Intense paramagnon excitations in a large family of high-temperature superconductors; doi:10.1038/nphys2041).
Invece, i ricercatori della Sapienza – Università di Roma e del Centro di Nanotecnologie di Londra (London Centre for Nanotechnology) hanno dimostrato che è possibile usare i raggi X per ridisegnare la nanostruttura di regioni selezionate dei materiali superconduttori allo scopo di modularne la superconduttività ad alta temperatura. La nuova tecnica, descritta su Nature Materials, è stata messa a punto nel Laboratorio di luce di sincrotrone Elettra di Trieste su un composto di ossigeno, rame e lantanio (un elemento pesante del gruppo delle terre rare). La nuova tecnica consente non solo di ottenere superconduttori di dimensioni molto più piccole di quelle di un capello, ma anche di manipolare la nanostruttura dei materiali che normalmente sono usati per la fabbricazione di dispositivi elettronici, come i computer quantististici e i sistemi di imaging del cervello (Nicola Poccia, Michela Fratini, Alessandro Ricci, Gaetano Campi, Luisa Barba, Alessandra Vittorini-Orgeas, Ginestra Bianconi, Gabriel Aeppli e Antonio Bianconi - Evolution and control of oxygen order in a cuprate superconductor; doi:10.1038/nmat3088).
Un studio pubblicato su European Heart Journal dimostra che le radiazioni a cui sono esposti i cardiologi interventisti attivano delle modificazioni cellulari come ‘difesa’ per gli effetti nocivi delle radiazioni stesse. Ecco cosa ha dimostrato lo studio, coordinato da Eugenio Picano, direttore dell'Istituto di fisiologia clinica (Ifc-Cnr) di Pisa, con il coinvolgimento dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa-Cnr) e dell'Istituto di Fisiologia di Avellino: in risposta all'elevata esposizione ai raggi X aumentano sia i livelli di glutatione (maggiore di 1,7 volte) - un antiossidante che protegge dal danno causato dai radicali liberi dell’ossigeno (Ros) -, sia quelli di perossido di idrogeno, un marcatore dello stress ossidativo causato sempre dai Ros (Gian Luigi Russo, Idolo Tedesco, Maria Russo, Angelo Cioppa, Maria Grazia Andreassi ed Eugenio Picano - Cellular adaptive response to chronic radiation exposure in interventional cardiologists; doi:10.1093/eurheartj/ehr263).
Una lieve riduzione delle calorie ingerite quotidianamente ha un forte impatto sulla plasticità del cervello, quella caratteristica che permette di apprendere, memorizzare e promuovere il recupero da danni cerebrali di vario genere. Lo mostra uno studio condotto su un modello animale dai ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Cnr di Pisa (In-Cnr) e pubblicato su Nature Communications. Lo studio ha dimostrato come la restrizione calorica induca cambiamenti molecolari noti per essere correlati con una maggiore plasticità (Maria Spolidoro, Laura Baroncelli, Elena Putignano, José Fernando, Maya-Vetencourt, Alessandro Viegi e Lamberto Maffei - Food restriction enhances visual cortex plasticity in adulthood; doi:10.1038/ncomms1323).
Una ricerca condotta dall'Istituto Gustave Roussy di Parigi e dall'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive 'Lazzaro Spallanzani' di Roma ha identificato un recettore coinvolto nel processo di diffusione dell'infezione da Hiv tra le cellule. Secondo gli studiosi, bloccando tale recettore si potrebbe prevenire l'infezione tra le cellule. Grazie a questa scoperta, descritta sul Journal of Experimental Medicine, si potrebbero sviluppare nuove creme vaginali ppiù effficaci per prevenire o ridurre le possibilità di infezione (Claire Séror, Marie-Thérèse Melki, Frédéric Subra, Syed Qasim Raza, Marlène Bras, Héla Saïdi, Roberta Nardacci, Laurent Voisin, Audrey Paoletti, Frédéric Law, Isabelle Martins, Alessandra Amendola, Ali A. Abdul-Sater, Fabiola Ciccosanti, Olivier Delelis, Florence Niedergang, Sylvain Thierry, Najwane Said-Sadier, Christophe Lamaze, Didier Métivier, Jérome Estaquier, Gian Maria Fimia, Laura Falasca, Rita Casetti, Nazanine Modjtahedi, Jean Kanellopoulos, Jean-François Mouscadet, David M. Ojcius, Mauro Piacentini, Marie-Lise Gougeon, Guido Kroemer e Jean-Luc Perfettini. Extracellular ATP acts on P2Y2 purinergic receptors to facilitate HIV-1 infection; doi:10.1084/jem.20101805).
Un team internazionale di astronomi, tra cui Giuseppe Bono dell’Inaf-Osservatorio Astronomico di Roma e dell’Università di Roma "Tor Vergata", ha individuato tre stelle cefeidi a meno di cento anni luce di distanza dal buco nero supermassiccio che si trova al centro della Via Lattea. Per diversi anni gli studiosi hanno cercato questo tipo di stelle in quella parte di cielo, ma finora non erano riusciti a individuarle. Questo tipo di stelle è molto importante poiché è possibile determinarne la distanza e l'età con notevole precisione. Proprio conoscere la loro età, infatti, ha permesso di stabilire il tasso di formazione di nuovi astri in prossimità del buco nero, 25 milioni di anni. A quanto pare, ci sarebbe stato un picco preceduto da un lungo periodo di quiescenza. Finora non era stato possibile capire se il tasso di formazione fosse costante nel tempo o avesse un andamento irregolare. L'ago della bilancia pende ora in favore di questa seconda ipotesi. Per questo studio, pubblicato su Nature, gli astronomi hanno esaminato una grande quantità di immagini realizzate tra il 2001 e il 2008 dalla camera SIRIUS del telescopio Infrared Survey Facility presso il South African Astronomical Observatory.
Lo scorso maggio (vedi Galileo - Scienza made in Italy del 27/05/11) l'équipe del Tigem coordinata da Andrea Ballabio aveva individuato nel gene TFEB il direttore d'orchestra che controlla l'intero processo di smaltimento delle sostanze tossiche dalle cellule, conquistando le pagine di Science. Ora un nuovo studio dello stesso gruppo di ricerca ha dimostrato che, stimolando questo gene, si attiva una importante proteina, la mucolipina. Questa promuove la fusione dei lisosomi (gli organelli cellulari deputati allo smaltimento) con la membrana della cellula e il rilascio all’esterno del loro contenuto tossico. Finora si pensava che questo fenomeno riguardasse soltanto cellule molto specializzate del sistema immunitario. Non solo: alcuni esperimenti su modelli animali con malattie lisosomiali hanno mostrato che alla stimolazione del gene consegue una riduzione dell’infiammazione e dell’accumulo di sostanze tossiche nelle cellule. Lo studio sarà presentato il 4 settembre al ESGLD Workshop a Långvik, in Finlandia, e successivamente pubblicato su Developmental Cell (D. Medina, A. Fraldi, V. Bouche, F. Annunziata, G. Mansueto, C. Spampanato, C. Puri, A. Pignata, J. Martina, M. Sardiello, M. Palmieri, R. Polishchuk, R. Puertollano, A. Ballabio - Transcriptional activation of lysosomal exocytosis promotes cellular clearance).
Infine segnaliamo che i ricercatori italiani del Cnr di Pisa e del Centro Extreme (che vede la collaborazione tra l'Istituto di Fisiologia clinica (Ifc), l'Istituto di scienze e tecnologie dell’informazione (Isti) del Cnr e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa) seguiranno la scalata di due aspinisti italiani del Cho Oyu in Tibet, la sesta vetta più alta del mondo, effettuata per la prima volta senza portatori d’alta quota né ossigeno. L'obiettivo è monitorare le condizioni psicofisiche dei due scalatori. Sostenitori e appassionati potranno seguire l'impresa giorno per giorno sulla relativa pagina di Facebook.
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