The aids 2031 Consortium: cosa accadra'
The aids 2031 Consortium: cosa accadra'
AIDS 2031: cosa accadrà entro i prossimi anni
25 luglio 2011
Eleonora Tiso
La Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, meglio conosciuta come AIDS, è una condizione patologica in cui versano le persone colpite dal virus HIV. Il virus, che si ipotizza sia nato in Africa nel secolo scorso, ha causato una delle più grandi epidemie della storia con oltre 25 milioni di vittime in tutto il mondo. L’AIDS ha la forza di indebolire fino a debellare completamente il sistema immunitario, e dunque le difese, delle persone che ne sono affette, esponendole così a ogni genere di infiammazione o malattia.
Come sappiamo, sono molti i tentativi che, negli anni, scienziati, medici e ricercatori hanno sperimentato nella speranza di porre fine al contagio globale che avviene, solitamente, per via sessuale, genetica o attraverso il contatto con sangue infetto. La ricerca non si ferma ma, almeno per il momento, non ci sono soluzioni mediche per guarire dalla malattia. Nel 2031 cadrà il 50esimo anniversario dell’inizio dell’epidemia e, perciò, è stato creato “The aids2031 Consortium“.
Si tratta, in sostanza, di un gruppo che include i più preparati ed esperti scienziati e ricercatori sull’argomento a livello mondiale. Guido Silvestri della Emory University di Atlanta e Stefano Vella dell’Istituto Superiore di Sanità hanno partecipato alla Conferenza dell’International Aids Society, facendo delle previsioni sul futuro della malattia fra 30 anni in base ai cambiamenti climatici, ai flussi migratori, agli interessi politici ed economici. Con loro, Anthony Fauci, uno dei maggiori conoscitori del virus HIV nel mondo:
“La scienza dovrà occuparsi di quello che ancora non abbiamo e cioè del vaccino e della ‘cura’. La politica, invece, si deve occupare dell’applicazione pratica di quello che già sappiamo.”
Il vaccino è un traguardo ancora molto lontano, gli anticorpi presenti nel nostro organismo non sono abbastanza forti e veloci per contrastare il virus e, perciò, si sta lavorando utilizzando un approccio diverso alla vaccinazione. L’idea è quella di individuare gli anticorpi più efficienti e forzare l’organismo a produrre solo quelli. Le parole di Silvestri, però, non sono ottimiste:
“Se il sistema immunitario non fabbrica anticorpi efficaci ci sarà un motivo. Probabilmente passeranno venti o trent’anni prima di avere un vaccino.”
La strada che la ricerca sta cercando di percorrere riguarda il motivo per cui le scimmie sembrano essere “portatori sani” della malattia. Succede, infatti, che il virus si posizioni nelle cellule meno importanti, lasciando intatte quelle adibite alla difesa dell’organismo. Di conseguenza, il sistema immunitario è salvo. Si potrebbe tentare anche di far convivere l’HIV con le cellule del corpo o, addirittura, di fare in modo che le cellule infette lo rigettino per poi debellarlo.
Riguardo alla maggiore causa di trasmissione del virus, quella dei rapporti sessuali non protetti e della scarsa informazione, Stefano Vella ha posto l’attenzione sulla necessità di aiutare le popolazioni africane più colpite, di fornire farmaci e test, di informare:
“Ci vuole tempo, intanto la priorità è, comunque, trattare chi sta morendo. Ci vuole lo sforzo di tutti, governi compresi. E ci vogliono i soldi. I sieropositivi ‘sommersi’ devono venire allo scoperto grazie ai test. E questo vale sia qui che in Africa. L’implementazione vera parte dal test.”
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25 luglio 2011
Eleonora Tiso
La Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, meglio conosciuta come AIDS, è una condizione patologica in cui versano le persone colpite dal virus HIV. Il virus, che si ipotizza sia nato in Africa nel secolo scorso, ha causato una delle più grandi epidemie della storia con oltre 25 milioni di vittime in tutto il mondo. L’AIDS ha la forza di indebolire fino a debellare completamente il sistema immunitario, e dunque le difese, delle persone che ne sono affette, esponendole così a ogni genere di infiammazione o malattia.
Come sappiamo, sono molti i tentativi che, negli anni, scienziati, medici e ricercatori hanno sperimentato nella speranza di porre fine al contagio globale che avviene, solitamente, per via sessuale, genetica o attraverso il contatto con sangue infetto. La ricerca non si ferma ma, almeno per il momento, non ci sono soluzioni mediche per guarire dalla malattia. Nel 2031 cadrà il 50esimo anniversario dell’inizio dell’epidemia e, perciò, è stato creato “The aids2031 Consortium“.
Si tratta, in sostanza, di un gruppo che include i più preparati ed esperti scienziati e ricercatori sull’argomento a livello mondiale. Guido Silvestri della Emory University di Atlanta e Stefano Vella dell’Istituto Superiore di Sanità hanno partecipato alla Conferenza dell’International Aids Society, facendo delle previsioni sul futuro della malattia fra 30 anni in base ai cambiamenti climatici, ai flussi migratori, agli interessi politici ed economici. Con loro, Anthony Fauci, uno dei maggiori conoscitori del virus HIV nel mondo:
“La scienza dovrà occuparsi di quello che ancora non abbiamo e cioè del vaccino e della ‘cura’. La politica, invece, si deve occupare dell’applicazione pratica di quello che già sappiamo.”
Il vaccino è un traguardo ancora molto lontano, gli anticorpi presenti nel nostro organismo non sono abbastanza forti e veloci per contrastare il virus e, perciò, si sta lavorando utilizzando un approccio diverso alla vaccinazione. L’idea è quella di individuare gli anticorpi più efficienti e forzare l’organismo a produrre solo quelli. Le parole di Silvestri, però, non sono ottimiste:
“Se il sistema immunitario non fabbrica anticorpi efficaci ci sarà un motivo. Probabilmente passeranno venti o trent’anni prima di avere un vaccino.”
La strada che la ricerca sta cercando di percorrere riguarda il motivo per cui le scimmie sembrano essere “portatori sani” della malattia. Succede, infatti, che il virus si posizioni nelle cellule meno importanti, lasciando intatte quelle adibite alla difesa dell’organismo. Di conseguenza, il sistema immunitario è salvo. Si potrebbe tentare anche di far convivere l’HIV con le cellule del corpo o, addirittura, di fare in modo che le cellule infette lo rigettino per poi debellarlo.
Riguardo alla maggiore causa di trasmissione del virus, quella dei rapporti sessuali non protetti e della scarsa informazione, Stefano Vella ha posto l’attenzione sulla necessità di aiutare le popolazioni africane più colpite, di fornire farmaci e test, di informare:
“Ci vuole tempo, intanto la priorità è, comunque, trattare chi sta morendo. Ci vuole lo sforzo di tutti, governi compresi. E ci vogliono i soldi. I sieropositivi ‘sommersi’ devono venire allo scoperto grazie ai test. E questo vale sia qui che in Africa. L’implementazione vera parte dal test.”
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