Lo yoga aiuta malati di Aids
Lo yoga aiuta malati di Aids
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E' ufficiale, meditare fa bene
di Paola Emilia Cicerone
Rafforza il sistema immunitario, previene le malattie, combatte la depressione e attiva il cervello. Non lo dice qualche guru New Age, ma una ricerca dell'università di San Francisco sul cromosoma
(14 febbraio 2011)
foto di Meaghan Major
Forse non ci salverà l'anima, ma promette di allungarci la vita e modificare i geni responsabili di molte malattie. La new age non c'entra. A essere sotto esame oggi sono i benefici molto terreni che si possono ottenere con l'antica pratica della meditazione. Lo dimostra, innanzitutto, uno studio realizzato dall'Università di San Francisco. Che mette d'accordo scienza e tradizione, visto che può contare sull'endorsement del Dalai Lama e di Elisabeth Blackburn, premio Nobel per la medicina nel 2009 per i suoi studi sui telomeri, i cappucci di materiale genetico posti in cima ai cromosomi la cui lunghezza è collegata all'invecchiamento.
Ed è proprio sui telomeri che agisce la meditazione: i ricercatori hanno ingaggiato un maestro e gli hanno chiesto di insegnare la pratica a dei volontari; il protocollo prevedeva due sessioni di gruppo e sei ore di meditazione individuale al giorno per tre mesi. Alla fine, coloro che avevano seguito le indicazioni del maestro avevano un livello di telomerasi (l'enzima che ricostruisce i telomeri quando questi si accorciano) del 30 per cento superiore a quello misurato in 30 volontari sani e simili per età, sesso e condizioni di salute.
Come ricordano gli autori su "Psychoneuroendocrinology", la misurazione della telomerasi è un indice certo e assai preciso, e lo studio mostra che l'antica pratica orientale rallenta di fatto il processo di invecchiamento. E lo fa agendo sul cervello dove induce reazioni capaci di aiutare a gestire lo stress e a capitalizzare le sensazioni di benessere. Tanto che alcuni ricercatori sostengono che la meditazione attivi una naturale tendenza del nostro organismo al rilassamento, insomma l'esatto opposto della classica reazione alla base del meccanismo dello stress, che, invece, accorcia la vita.
Una ulteriore conferma arriva da uno studio realizzato in collaborazione dal Massachusetts General Hospital e dal centro di genomica del Beth Israel Deaconess Medical Center, che mostra come la meditazione modifichi l'attività di geni collegati con l'infiammazione, la morte cellulare e il controllo dei radicali liberi responsabili di molti danni al Dna. E quindi, ancora una volta a rallentare l'invecchiamento, e a farlo con una rapidità insospettabile per una pratica così "soft": due mesi di pratica bastano a modificare circa 1.500 geni. "Abbiamo visto che agire sull'attività della mente può alterare il modo in cui il nostro organismo attiva istruzioni genetiche fondamentali",
spiega Herbert Benson, uno dei responsabili della ricerca.
Neuroni di ricambio
Mentre genetisti e biologi molecolari indagano come è possibile che la meditazione allunghi la vita, molte altre conoscenze si accumulano su come, d'altro canto, possa modificare la struttura del nostro cervello. "Abbiamo visto che diverse pratiche di meditazione attivano aree diverse nel cervello", spiega Antonino Raffone del dipartimento di Psicologia dell'Università di Roma La Sapienza. Lo conferma uno studio da poco pubblicato su "Brain Research Bulletin" e nato da una collaborazione tra Raffone e Antonietta Manna, ricercatrice all'Itab di Chieti. Studi successivi, di cui sono già disponibili i primi risultati, confermano gli effetti della meditazione sulla plasticità del cervello. "Sappiamo che poche settimane di meditazione bastano ad ottenere cambiamenti importanti", spiega Raffone, "con altrettanti importanti benefici: contribuisce a sviluppare aree della corteccia cerebrale legate all'attenzione e all'elaborazione visiva e uditiva". Insomma ci aiuta a essere più attenti all'ambiente che ci circonda, rafforzando la plasticità cerebrale e riducendo i danni legati all'età. E non c'è bisogno di ritirarsi in un monastero: un recente studio dell'università di Wake Forest a Winston-Salem mostra che quattro giorni di pratica meditativa possono essere sufficienti a renderci più lucidi e attenti.
Più forza al sistema immunitario
Diversi studi mostrano con chiarezza che la meditazione riesce a modulare l'attività del sistema immunitario. Come spiega Francesco Bottaccioli, presidente onorario della Società italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia e autore di "Mente Inquieta", manuale di meditazione edito da Tecniche Nuove: "La meditazione mette l'organismo in condizione di reagire con efficacia alle aggressioni, ma evitando pericolosi eccessi di infiammazione". Lo conferma uno studio su donne malate di tumore al seno pubblicato dalla rivista "Brain Behaviour and Immunity": si è visto che le donne che avevano imparato a meditare avevano livelli di cortisolo decisamente più bassi delle altre e riuscivano a recuperare in breve tempo un profilo immunitario analogo a quello di una persona sana. Altri studi mostrano che la meditazione aiuta i malati di cancro a tenere sotto controllo ansia e stress. In particolare, un gruppo di ricercatori dell'università del Wisconsin ha preso in esame 43 studi, arrivando alla conclusione che la meditazione può aiutare a i malati di cancro a combattere l'insonnia ma anche la cosiddetta "fatigue", la spossatezza che è un effetto collaterale di molte terapie.
Io non ho paura
I risultati più rivoluzionari sono forse quelli ottenuti nel controllo del dolore. Lo conferma uno studio recentissimo realizzato dall'Università di Montreal e pubblicato dalla rivista "Pain", secondo il quale la meditazione Zen riduce la sensibilità al dolore. E lo fa in modo particolarmente sofisticato: la risonanza magnetica mostra che la meditazione interrompe le comunicazioni tra le aree del cervello deputate alla ricezione del dolore e quelle legate alla percezione della sensazione dolorosa, come l'amidgala, l'ippocampo e la corteccia prefrontale. "In pratica chi medita mantiene, e persino aumenta, la capacità di percepire il dolore, ma è in grado di escludere l'interpretazione del vissuto soggettivo, e quindi la sofferenza", spiega Bottaccioli. E sottolinea un dato che potrebbe avere implicazioni importanti per chi soffre di dolore cronico. Un altro studio pubblicato sulla stessa rivista indica che la pratica di una meditazione Yoga può contribuire ad attenuare i sintomi della fibromialgia, un disturbo caratterizzato da dolore muscolo scheletrico cronico.
Non solo Prozac
A confermare l'effetto della meditazione come antidepressivo è uno studio pubblicato dall'autorevole "Archives of General Psychiatry": un gruppo di pazienti in cura per depressione è stato trattato con farmaci fino alla scomparsa dei sintomi. A quel punto il gruppo è stato diviso in tre: alcuni pazienti hanno cominciato a praticare una terapia cognitiva basata sulla meditazione mindfulness, finalizzata al controllo delle emozioni, mentre altri hanno continuato ad assumere il farmaco oppure un placebo. Dopo 18 mesi, si è visto che meditazione e farmaci risultavano altrettanto efficaci nel contenere le ricadute, limitate al 30 per cento dei pazienti rispetto al 70 di chi aveva assunto il placebo. Grazie alla meditazione, insomma, sembra possibile far durare nel tempo i risultati ottenuti con i farmaci, venendo incontro alle esigenze dei molti che non vogliono prolungare la terapia, e possono essere a rischio di ricadute. "Sappiamo che la meditazione consente di regolare le emozioni, osservandole con un certo distacco senza esserne sopraffatti", spiega Raffone.
Altri studi mostrano che praticare aiuta a controllare gli stati emozionali estremi, in particolare la paura, agendo sull'attività dell'amigdala. E che ha un effetto non solo sui sintomi ansioso depressivi ma anche sui livelli ormonali legati agli effetti fisiologici dello stress. "È quanto è emerso da uno studio organizzato in collaborazione con l'Università di Ancona sugli operatori sanitari che partecipano ai nostri corsi", racconta Bottaccioli: "Abbiamo visto che con la pratica della meditazione i livelli di cortisolo si sono praticamente dimezzati tra l'inizio e la fine del corso".
ha collaborato Agnese Codignola
E' ufficiale, meditare fa bene
di Paola Emilia Cicerone
Rafforza il sistema immunitario, previene le malattie, combatte la depressione e attiva il cervello. Non lo dice qualche guru New Age, ma una ricerca dell'università di San Francisco sul cromosoma
(14 febbraio 2011)
foto di Meaghan Major
Forse non ci salverà l'anima, ma promette di allungarci la vita e modificare i geni responsabili di molte malattie. La new age non c'entra. A essere sotto esame oggi sono i benefici molto terreni che si possono ottenere con l'antica pratica della meditazione. Lo dimostra, innanzitutto, uno studio realizzato dall'Università di San Francisco. Che mette d'accordo scienza e tradizione, visto che può contare sull'endorsement del Dalai Lama e di Elisabeth Blackburn, premio Nobel per la medicina nel 2009 per i suoi studi sui telomeri, i cappucci di materiale genetico posti in cima ai cromosomi la cui lunghezza è collegata all'invecchiamento.
Ed è proprio sui telomeri che agisce la meditazione: i ricercatori hanno ingaggiato un maestro e gli hanno chiesto di insegnare la pratica a dei volontari; il protocollo prevedeva due sessioni di gruppo e sei ore di meditazione individuale al giorno per tre mesi. Alla fine, coloro che avevano seguito le indicazioni del maestro avevano un livello di telomerasi (l'enzima che ricostruisce i telomeri quando questi si accorciano) del 30 per cento superiore a quello misurato in 30 volontari sani e simili per età, sesso e condizioni di salute.
Come ricordano gli autori su "Psychoneuroendocrinology", la misurazione della telomerasi è un indice certo e assai preciso, e lo studio mostra che l'antica pratica orientale rallenta di fatto il processo di invecchiamento. E lo fa agendo sul cervello dove induce reazioni capaci di aiutare a gestire lo stress e a capitalizzare le sensazioni di benessere. Tanto che alcuni ricercatori sostengono che la meditazione attivi una naturale tendenza del nostro organismo al rilassamento, insomma l'esatto opposto della classica reazione alla base del meccanismo dello stress, che, invece, accorcia la vita.
Una ulteriore conferma arriva da uno studio realizzato in collaborazione dal Massachusetts General Hospital e dal centro di genomica del Beth Israel Deaconess Medical Center, che mostra come la meditazione modifichi l'attività di geni collegati con l'infiammazione, la morte cellulare e il controllo dei radicali liberi responsabili di molti danni al Dna. E quindi, ancora una volta a rallentare l'invecchiamento, e a farlo con una rapidità insospettabile per una pratica così "soft": due mesi di pratica bastano a modificare circa 1.500 geni. "Abbiamo visto che agire sull'attività della mente può alterare il modo in cui il nostro organismo attiva istruzioni genetiche fondamentali",
spiega Herbert Benson, uno dei responsabili della ricerca.
Neuroni di ricambio
Mentre genetisti e biologi molecolari indagano come è possibile che la meditazione allunghi la vita, molte altre conoscenze si accumulano su come, d'altro canto, possa modificare la struttura del nostro cervello. "Abbiamo visto che diverse pratiche di meditazione attivano aree diverse nel cervello", spiega Antonino Raffone del dipartimento di Psicologia dell'Università di Roma La Sapienza. Lo conferma uno studio da poco pubblicato su "Brain Research Bulletin" e nato da una collaborazione tra Raffone e Antonietta Manna, ricercatrice all'Itab di Chieti. Studi successivi, di cui sono già disponibili i primi risultati, confermano gli effetti della meditazione sulla plasticità del cervello. "Sappiamo che poche settimane di meditazione bastano ad ottenere cambiamenti importanti", spiega Raffone, "con altrettanti importanti benefici: contribuisce a sviluppare aree della corteccia cerebrale legate all'attenzione e all'elaborazione visiva e uditiva". Insomma ci aiuta a essere più attenti all'ambiente che ci circonda, rafforzando la plasticità cerebrale e riducendo i danni legati all'età. E non c'è bisogno di ritirarsi in un monastero: un recente studio dell'università di Wake Forest a Winston-Salem mostra che quattro giorni di pratica meditativa possono essere sufficienti a renderci più lucidi e attenti.
Più forza al sistema immunitario
Diversi studi mostrano con chiarezza che la meditazione riesce a modulare l'attività del sistema immunitario. Come spiega Francesco Bottaccioli, presidente onorario della Società italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia e autore di "Mente Inquieta", manuale di meditazione edito da Tecniche Nuove: "La meditazione mette l'organismo in condizione di reagire con efficacia alle aggressioni, ma evitando pericolosi eccessi di infiammazione". Lo conferma uno studio su donne malate di tumore al seno pubblicato dalla rivista "Brain Behaviour and Immunity": si è visto che le donne che avevano imparato a meditare avevano livelli di cortisolo decisamente più bassi delle altre e riuscivano a recuperare in breve tempo un profilo immunitario analogo a quello di una persona sana. Altri studi mostrano che la meditazione aiuta i malati di cancro a tenere sotto controllo ansia e stress. In particolare, un gruppo di ricercatori dell'università del Wisconsin ha preso in esame 43 studi, arrivando alla conclusione che la meditazione può aiutare a i malati di cancro a combattere l'insonnia ma anche la cosiddetta "fatigue", la spossatezza che è un effetto collaterale di molte terapie.
Io non ho paura
I risultati più rivoluzionari sono forse quelli ottenuti nel controllo del dolore. Lo conferma uno studio recentissimo realizzato dall'Università di Montreal e pubblicato dalla rivista "Pain", secondo il quale la meditazione Zen riduce la sensibilità al dolore. E lo fa in modo particolarmente sofisticato: la risonanza magnetica mostra che la meditazione interrompe le comunicazioni tra le aree del cervello deputate alla ricezione del dolore e quelle legate alla percezione della sensazione dolorosa, come l'amidgala, l'ippocampo e la corteccia prefrontale. "In pratica chi medita mantiene, e persino aumenta, la capacità di percepire il dolore, ma è in grado di escludere l'interpretazione del vissuto soggettivo, e quindi la sofferenza", spiega Bottaccioli. E sottolinea un dato che potrebbe avere implicazioni importanti per chi soffre di dolore cronico. Un altro studio pubblicato sulla stessa rivista indica che la pratica di una meditazione Yoga può contribuire ad attenuare i sintomi della fibromialgia, un disturbo caratterizzato da dolore muscolo scheletrico cronico.
Non solo Prozac
A confermare l'effetto della meditazione come antidepressivo è uno studio pubblicato dall'autorevole "Archives of General Psychiatry": un gruppo di pazienti in cura per depressione è stato trattato con farmaci fino alla scomparsa dei sintomi. A quel punto il gruppo è stato diviso in tre: alcuni pazienti hanno cominciato a praticare una terapia cognitiva basata sulla meditazione mindfulness, finalizzata al controllo delle emozioni, mentre altri hanno continuato ad assumere il farmaco oppure un placebo. Dopo 18 mesi, si è visto che meditazione e farmaci risultavano altrettanto efficaci nel contenere le ricadute, limitate al 30 per cento dei pazienti rispetto al 70 di chi aveva assunto il placebo. Grazie alla meditazione, insomma, sembra possibile far durare nel tempo i risultati ottenuti con i farmaci, venendo incontro alle esigenze dei molti che non vogliono prolungare la terapia, e possono essere a rischio di ricadute. "Sappiamo che la meditazione consente di regolare le emozioni, osservandole con un certo distacco senza esserne sopraffatti", spiega Raffone.
Altri studi mostrano che praticare aiuta a controllare gli stati emozionali estremi, in particolare la paura, agendo sull'attività dell'amigdala. E che ha un effetto non solo sui sintomi ansioso depressivi ma anche sui livelli ormonali legati agli effetti fisiologici dello stress. "È quanto è emerso da uno studio organizzato in collaborazione con l'Università di Ancona sugli operatori sanitari che partecipano ai nostri corsi", racconta Bottaccioli: "Abbiamo visto che con la pratica della meditazione i livelli di cortisolo si sono praticamente dimezzati tra l'inizio e la fine del corso".
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