HIV, lopinavir meglio di nevirapina nei bambini sieropositivi
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HIV, lopinavir meglio di nevirapina nei bambini sieropositivi
Per il trattamento di bambini sieropositivi, la combinazione dell’inibitore della proteasi lopinavir più ritonavir si è dimostrata superiore all’inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa nevirapina in uno studio randomizzato opera di ricercatori americani e sudafricani, presentato durante l’ultima Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections (CROI), a Seattle.
In questo trial, i bambini trattati con nevirapina hanno mostrato un rischio di fallimento virologico o morte più che raddoppiato rispetto a quelli trattati con lopinavi/ritornavir (HR 2,29, IC al 95% 1,54-3,39; P < 0,001) e un rischio di decesso quasi tre volte superiore (HR 2,77; IC al 95% 1,08-7,11; P = 0,034).
Gli autori, guidati da Jane Lindsey, del Center for Biostatistics in AIDS Research dell’Università di Harvard, oltre che confrontare efficacia e sicurezza dei due regimi, hanno anche valutato se la risposta al trattamento fosse influenzata o meno da una precedente esposizione alla nevirapina e se fosse possibile identificare altri fattori in grado di predire se una terapia fosse migliore rispetto all’altra per quanto riguarda i vari outcome.
Ebbena, la combinazione lopinavir/ritonavir è risultata migliore di nevirapina sia in bambini già esposti in precedenza alla nevirapina sia - fatto che ha sorpreso gli sperimentatori - in quelli non esposti prima a nevirapina e che, dunque, non avevano alcuna resistenza al farmaco all'inizio dello studio.
Un altro risultato sorprendente della ricerca è stato che nonostante lopinavir sia stato in grado di fornire un migliore controllo della carica virale, i bambini trattati con nevirapina hanno ottenuto risultati leggermente migliori in termini di crescita.
Per questo, ha detto la Lindsay, il dubbio su quale sia il farmaco migliore per la terapia di prima linea dei bambini sieropositivi nei Paesi poveri di risorse rimane e i risultati del lavoro presentato ora al CROI non facilitano il processo decisionale.
Lo studio, durato 24 settimane, è stato fatto su bambini di età compresa tra 6 mesi e 3 anni, di cui 164 (per il 48% maschi) esposti a una singola dose di nevirapina nel periodo perinatale e 288 (per il 47% maschi) no.
La maggioranza dei bambini non esposti alla nevaripina (82%) era allattata prevalentemente al seno mentre quelli esposti alla nevirapina lo erano solo nel 21% dei casi (P <0,001).
L’autrice ha detto che non si sono osservate differenze significative sulle misure di outcome virologico indipendentemente dal fatto che i bambini fossero già stati esposti alla nevaripina oppure fossero naive al farmaco. Tuttavia, quelli trattati con nevaripina hanno mostrato risultati migliori in termini di crescita: erano più alti e in media pesavano di più rispetto a quelli trattati con lopinavir. Ciò potrebbe essere legato al fatto che ritonavir di per sé ha un effetto anoressizzante.
La Lindsey ha fatto peraltro osservare che i bambini non esposti in precedenza alla nevirapina hanno manifestato più eventi avversi. Queste incoerenze e le difficoltà pratiche di utilizzo della combinazione lopinavir/ritonavir nei Paesi poveri, dove potrebbe essere difficile tenere il prodotto refrigerato, complicano la scelta del regime antiretrovirale migliore da utilizzare nei bambini sieropositivi che vivono in tali Paesi.
J. Lindsey, et al. Predictors of virologic and clinical response to nevirapine- vs lopinavir/ritonavir-based ART in infants and children with and without prior nevirapine exposure for the PMTCT. CROI 2012; abstract 25.
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In questo trial, i bambini trattati con nevirapina hanno mostrato un rischio di fallimento virologico o morte più che raddoppiato rispetto a quelli trattati con lopinavi/ritornavir (HR 2,29, IC al 95% 1,54-3,39; P < 0,001) e un rischio di decesso quasi tre volte superiore (HR 2,77; IC al 95% 1,08-7,11; P = 0,034).
Gli autori, guidati da Jane Lindsey, del Center for Biostatistics in AIDS Research dell’Università di Harvard, oltre che confrontare efficacia e sicurezza dei due regimi, hanno anche valutato se la risposta al trattamento fosse influenzata o meno da una precedente esposizione alla nevirapina e se fosse possibile identificare altri fattori in grado di predire se una terapia fosse migliore rispetto all’altra per quanto riguarda i vari outcome.
Ebbena, la combinazione lopinavir/ritonavir è risultata migliore di nevirapina sia in bambini già esposti in precedenza alla nevirapina sia - fatto che ha sorpreso gli sperimentatori - in quelli non esposti prima a nevirapina e che, dunque, non avevano alcuna resistenza al farmaco all'inizio dello studio.
Un altro risultato sorprendente della ricerca è stato che nonostante lopinavir sia stato in grado di fornire un migliore controllo della carica virale, i bambini trattati con nevirapina hanno ottenuto risultati leggermente migliori in termini di crescita.
Per questo, ha detto la Lindsay, il dubbio su quale sia il farmaco migliore per la terapia di prima linea dei bambini sieropositivi nei Paesi poveri di risorse rimane e i risultati del lavoro presentato ora al CROI non facilitano il processo decisionale.
Lo studio, durato 24 settimane, è stato fatto su bambini di età compresa tra 6 mesi e 3 anni, di cui 164 (per il 48% maschi) esposti a una singola dose di nevirapina nel periodo perinatale e 288 (per il 47% maschi) no.
La maggioranza dei bambini non esposti alla nevaripina (82%) era allattata prevalentemente al seno mentre quelli esposti alla nevirapina lo erano solo nel 21% dei casi (P <0,001).
L’autrice ha detto che non si sono osservate differenze significative sulle misure di outcome virologico indipendentemente dal fatto che i bambini fossero già stati esposti alla nevaripina oppure fossero naive al farmaco. Tuttavia, quelli trattati con nevaripina hanno mostrato risultati migliori in termini di crescita: erano più alti e in media pesavano di più rispetto a quelli trattati con lopinavir. Ciò potrebbe essere legato al fatto che ritonavir di per sé ha un effetto anoressizzante.
La Lindsey ha fatto peraltro osservare che i bambini non esposti in precedenza alla nevirapina hanno manifestato più eventi avversi. Queste incoerenze e le difficoltà pratiche di utilizzo della combinazione lopinavir/ritonavir nei Paesi poveri, dove potrebbe essere difficile tenere il prodotto refrigerato, complicano la scelta del regime antiretrovirale migliore da utilizzare nei bambini sieropositivi che vivono in tali Paesi.
J. Lindsey, et al. Predictors of virologic and clinical response to nevirapine- vs lopinavir/ritonavir-based ART in infants and children with and without prior nevirapine exposure for the PMTCT. CROI 2012; abstract 25.
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