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Ottenuti i primi gatti transgenici Aiuteranno a studiare l'Aids, grazie a un gene dei macachi

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Messaggio Da juzz Dom 11 Set - 20:06

D'ora in poi i gatti diventeranno un valido aiuto nella ricerca contro l'Aids, ma anche contro numerose altre malattie, in primo luogo quelle neurologiche. Lo testimoniano le immagini dei primi gatti transgenici, resi fluorescenti dal gene di una medusa se osservati alla luce blu e nel cui Dna è stato introdotto il gene che rende i Macachi Rhesus resistenti al virus dell'Aids.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Methods, è stata condotta nell'americana Mayo Clinic di Rochester. E' un risultato senza precedenti perche' e' per la prima volta viene prodotta questa modificazione genetica in un carnivoro. In questo modo diventa possibile eseguire nei gatti esperimenti finora impossibili su topi e scimmie e si apre la strada alla comprensione di numerose malattie. L'attesa è enorme nel mondo scientifico, considerando che oltre il 90% dei geni dei gatti ha un corrispondente nel Dna dell'uomo. ''Una delle cose più belle di questa ricerca è che porterà benefici sia alla salute umana che a quella dei felini'', spiega il responsabile del progetto, Eric Poeschla.

Il virus dell'immunodeficienza felina (Fiv) causa nei gatti una Sindrome di immunodeficienza acquisita (Aids) allo stesso modo di come l'Hiv fa nell'uomo e le proteine che normalmente difendono gli uomini e i felini dagli attacchi virali risultano inefficaci contro questo tipo di virus. I ricercatori hanno pensato così di imitare le ''armi'' che nel corso dell'evoluzione hanno portato alcune scimmie, come i Macachi Rhesus, ad essere immuni dal virus dell'Aids: hanno utilizzato dei virus come vettori per trasferire i geni che producono due fattori antivirali dei Macachi Rhesus (chiamati TrimCyp ed eGfp) all'interno degli ovociti di gatto. Gli ovuli sono stati poi fecondati e sono nati così tre gattini portatori della modificazione genetica, come dimostra 'l'etichetta fluorescente' che permette di riconoscere i nuovi geni in attività in molti organi, fra i quali i piu' bersagliati dal virus Hiv, come timo, linfonodi e milza. I piccoli sono in buona salute e una volta adulti, saranno in grado di trasmettere alla prole i geni anti-Aids.

La tecnica, rilevano i ricercatori, non sarà utilizzata direttamente per trattare uomini o gatti contro l'Aids, ma permetterà di comprendere al meglio i meccanismi per sviluppare sistemi di difesa efficienti contro questa malattia. Si tratta di un passo in avanti notevole nella ricerca perche' i gatti geneticamente modificati ottenuti finora, come la gattina Copycat ottenuta nel 2002, erano stati ottenuti a partire da cellule adulte fatte regredire e poi trasferite in una nuova cellula privata a sua volta del nucleo. Questo processo di trasferimento nucleare, piu' noto come clonazione, ha dimostrato pero' di non funzionare perchè gli animali nati in questo modo avevano anomalie a livello cellulare e molecolare.
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Messaggio Da Gex Dom 11 Set - 20:18

Grazie Juzz.
Aggiungo la foto del gatto (carino):

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Messaggio Da juzz Dom 11 Set - 20:29

si ma non vorrei trovarmelo davanti di notte Wink
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Messaggio Da Gex Dom 11 Set - 21:57

Dai e' troppo carino, se lo mettono in commercio lo compro.. Very Happy
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Messaggio Da juzz Dom 11 Set - 22:10

spero non lo abbiano creato solo come gadget Wink
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Messaggio Da Gex Sab 17 Set - 13:24

Altri aggiornamenti e altre foto di gatti fluorescenti, forse un po' inquetanti.. Very Happy

Lotta all’Aids: la possibile soluzione arriva dal gatto transgenico fluorescente
Nel Dna combinato del felino la speranza di una vittoria mai così vicina




La sorprendente notizia ha fatto subito il giro del mondo: tre docili gattini nati in laboratorio nel cui DNA sono stati inseriti il gene di una medusa e quello di un macaco.

Stando allo studio, pubblicato sul Nature Methods, il primo li renderebbe fluorescenti agli ultravioletti; il secondo (ed è qui la vera novità) resistenti al virus da immunodeficienza felina, sindrome per molti aspetti simile all’Aids umano.

Merito dell’esperimento condotto da un’equipe di ricercatori del Mayo Clinic College of Medicine di Rochester, in Minnesota (Usa) in collaborazione con la Yamaguchi University (Giappone).

Dopo aver inoculando i geni di macaco e medusa nelle cellule uovo del gatto attraverso un lentivirus (o virus vettore), le cellule fecondate sono state trapiantate in 22 gatte, che hanno dato alla luce tre mici transgenici (ai quali sono stati dati i “nomi” di TgCat1, TgCat2 e TgCat3). Uno dei tre si è poi accoppiato, generando una seconda cucciolata di felini transgenici fluorescenti.

Ma a cosa si deve la scelta di queste tre specie animali?

Non tutti sanno, ad esempio, che il Dna del gatto è per oltre il 90% corrispondente al Dna dell’uomo e che il Fiv (il virus responsabile dell’immunodeficienza felina) è geneticamente simile all’Hiv che colpisce gli organismi umani.

Perché i macachi allora?

Il macaco, rivelando gli autori della ricerca, possiede un particolare gene TRIMCyp (quello introdotto nelle cellule uovo della sperimentazione) capace di sintetizzare una proteina che inibisce la replicazione del Fiv, immunizzando la scimmia dall’infezione virale.

Passi per i macachi, ma la medusa…cosa c’entra la medusa? C’entra eccome invece.

Il gene della medusa ha una proprietà sconosciuta ai noi profani: sintetizza la Gfp (Green fluorescent protein), proteina responsabile della caratteristica fluorescenza verde dell’animale. Il suo ruolo è stato, dunque, decisivo: la Gfp ha infatti permesso di tracciare la presenza del TRIMCyp e di rendere così visibile la reazione dei nuovi geni alla stimolazione virale.

Nell’attesa che questa nuova razza felina (giudizi morali a parte) sviluppi la tanto sospirata resistenza al Fiv, i nostri ricercatori non hanno perso tempo, introducendo il virus anche in colture di globuli bianchi umani. Sorprendente il risultato: il gene TRIMCyp si è dimostrato perfettamente in grado di sintetizzare le proteine incaricate di demolire l’involucro esterno del virus, impedendo di fatto all’agente patogeno ogni accesso al sistema immunitario dell’organismo ospitante.

Al momento, però, restano da sciogliere alcune, importanti riserve. Tuttavia, assicurano gli esperti, la strada è quella giusta.

«Una delle cose più belle di questa ricerca – ha commentato il responsabile del progetto, Eric Poeschla, del Dipartimento di Medicina molecolare del Mayo Clinic College of Medicine - è che porterà benefici sia alla salute umana che a quella dei felini».

Auguriamoci che abbia ragione, non solo per noi ma anche per i nostri amici a quattro zampe. Anche se, su quest’ultimi, non mi farei troppe illusioni, purtroppo.


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