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A proposito di trapianti di cellule staminali

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Messaggio Da Rafael Dom 2 Gen - 21:52

Immunologia.
Rimpiazzare un sistema inmunitario impazzito.
(Science 12 Feb,2010)
I trapianti di midollo sono l’ultima spiaggia per molte malattie autoimmuni. Valutare come e perche’ lavorano e se possono aiutare piu’ pazienti e’ un esercizio di perseveranza.

Nell’autunno del 1996, piu’ di 200 immunologi e oncologi, si sono riuniti a Basilea, Svizzera per discutere una strategia drastica, minacciosa per la vita, per battere le malattie autoimmuni: distruggere il sistema inmunitario di un paziente con un bliz di chemioterapia e radiazioni prima di fornirgli un trapianto di midollo. Poi si guarda e si aspetta che il sistema inmunitario rinasca,immacolato e libero dalla malattia.

I trapianti di midollo osseo, adesso chiamati trapianti di cellule staminali ematopoietiche sono stati per molti anni parte dell’arsenale dell’ oncología per sbarazzare i pazienti di cancri del sangue - e molti pazienti sono morti per l’intensita’ del trapianto o per le conseguenze di esso-. Ma quel settembre, piu’ di 13 anni fa, c’era ottimismo,da studi su animali e aneddoti su umani , che trapianti piu’ gentili fossero possibili e che potessero resettare un sistema immunitario come non poteva fare nessun altro trattamento. Il gruppo di Basilea decise di testare la loro intuizione, lanciando una serie di piccoli trials clinici.

In medicina,il flusso di trattamenti spesso comincia come terapia da ultima risorsa : tossica, rischiosa, strategie disperate per salvare i pazienti piu’ malati. Il tempo li raffina; la scienza chiarisce chi beneficera’ e chi no. Attualmente, grosso modo,1500 adulti e bambini in tutto il mondo hanno sostenuto trapianti di cellule staminali per malattiae autoimmuni, includendo la sclerosi multipla,la sclerodermia, lupus, diabete, e artrite giovanile. Piu’ o meno tutti sono stati seguiti e monitorati, con molti prelievi di sangue e tessuti cosicche’ i ricercatori possono seguire l’evoluzione del loro nuovo sistema inmunitario per mesi ed anni.

I risultati sono stati confusi, ma ci sono storie di successo: circa un terzo dei partecipanti- molti debilítati dalla loro malattia, in sedia a rotelle, o fronteggiando una morte imminente- vanno in remissione e non hanno piu’ bisogno di terapia a lungo termine, qualcosa che non puo’ essere ottenuto con i trattamenti esistenti. Un altro terzo, beneficia per un anno o due, prima di avere una recidiva. E un terzo non risponde affatto, con circa dall’1% al 5% che muore durante il trattamento.

I ricercatori non possono ancora spiegare perche’ alcuni seguono cosí’ bene al trapianto ed altri no, in parte perche’ non capiscono come, esattamente, i trapianti rifanno un sistema inmunitario deficitario. E si preoccupano che, pur se il campo matura ed i trials si espandono, valutare quanto funzionino bene i trapianti diventa sempre piu’ difficile. Pietre miliari includono finanziamenti irrisori- i trials mancano di supporto commerciale perche’ non stanno testando nuovi farmaci- e difficilmente trovano pazienti, perche’ i reumatologi e neurologi sono scettici riguardo ai trapianti, e nuove promettenti, e generalmente piu’ sicure terapia biologiche stanno competendo per l’attenzione del paziente.

C’e´anche una crescente prova che i trapianti di cellule staminali lavorano meglio in gente piu’ sana la cui malattia non ha danneggiato gli organi maggiori. Ma per la maggior parte, quelli non sono i pazienti che riceveranno i trapianti: la tossicita’ del trattamento,l’incertezza su quanto meglio indurlo a lavorare e rigide restrizioni delle agenzie di regolamentazione su chi trapiantare significa che molti studi sono limitati ai piu’ malati dei malati e che la terapia rischia di attuare al di sotto del suo potenziale.

Schacciare il bottone di reset
I medici sono arrivati ai trapianti da differenti punti di partenza. Per Keith Sullivan, un oncologo e medico dei trapianti della Duke University a Durham Nord Carolina, un successo in una malattia al di fuori della sua area, l’ha condotto a (trattare) condizioni autoimmunitarie. Nel 1990 lui e i suoi colleghi hanno scoperto che giovani adulti con malattia a cellule falciformi, che causa dolori atroci e accidenti vascolari, rispondeva rimarchevolmente bene a trapianti di cellule staminali. “Abbiamo detto”Okay…puoi mettere un nuovo sistema per formare il sangue in un paziente con cellule falciformi ed essenzialmente curare quella persona, qualcosa non possibile con i trattamenti esistenti. Cosi’, perche’ non cercare di mettere un nuovo sistema immunitario in un paziente con malattia autoimmunitaria?”

Nei trapianti di cellule staminali per cancro, i pazienti sono generalmente bombardati con dosi vicine a quelle letali, di chemioterapia e spesso radiazioni, che cancellano le cellule che formano il sangue nel midollo osseo - insieme con ogni cellula maligna che persista- per fare posto a cellule sane infuse da un donatore. Nel tempo,le cellule del donatore proliferano, dando luogo ad un nuovo sistema sanguigno,con cellule T, cellule B ed altri componenti immunitari.

La maggior parte dei pazienti con cancro che si sottomettono a trapianti morirebbero per la loro malattia senza di esso. Le malattie autoimmuni sono meno spesso fatali. Per questo, i medici si sono focalizzati su piu’ sicuri trapianti autologhi, che usano cellule dello stesso paziente, piuttosto che allogenici, in cui le cellule vengono tratte da un donatore, quale un consanguineo. Negli ultimi mesi del 1990 quando i trapianti per malattie autoimmuni cominciavano, dal 3% al 5% dei pazienti sono morti in seguito a trapianti autologhi, dal 15% al 35% in seguito a trapianti allogenici.

I medici dei trapianti si sono preoccupati, tuttavia , se stavano barattando sicurezza per efficacia. Se le cellule dei loro pazienti erano predisposte ad attaccare i loro propri tessuti, non sarebbe ritornata la malattia dopo averle reinfuse? “E’ questo che abbiamo pensato occupandoci di questo”dice Sullivan “la incertezza dei trattamenti e l’alto tasso di mortalita’” . Come altri medici dei trapianti che lavorano su condizioni autoimmunitarie, Sullivan ha anche trattato la tossicita’ del trattamento pretrapianto perche’ non aveva bisogno di distruggere cellule cancerogene. Dapprima ha raccolto sangue dai suoi pazienti e isolato le cellule progenitrici CD34- cellule primitive del sangue che si differenziano in cellule piu’ mature del sangue e in elementi immunitari. Queste sono le cellule che riceveranno i suoi pazienti nel trapianto.

Nel frattempo anche altri medici stavano facendo esperimenti. Paolo Muraro, un neuroimmunologo, ora all’Imperial College di Londra, stava lavorando al U.S. National Institutes of Health a Bethesda, Maryland dal 2001 al 2005 , studiando le cellule sanguigne di pazienti con Sclerosi Multipla che avevano ricevuto trapianto di cellule staminali per trattare la loro sclerosi multipla. “La prima domanda che ci siamo fatti “c’e´il cosiddetto ristabilimento” dopo il trapianto? Sta prendendo piede?”

Studiando queste cellule,raccolte nel tempo, Muraro ha riconosciuto un grande numero di cellule T che erano da poco filtrate dal timo- un indicatore che si erano formate recentemente. “Non erano rinnovate al 100%” ha detto “alcune cellule che erano presenti prima del trapianto erano rimaste. Ma stavano sbocciando abbastanza nuove cellule T, che Muraro concluse che era stato piantato un nuovo sistema immunitario.
Pubblico’ il lavoro nel 2005 nel Journal of Experimental Medicine.

Il laboratorio confermava quello che i medici stavano vedendo in alcuni pazienti. Il timore di Sullivan del risorgere della malattia dopo il trapianto si rivelo’ vero per alcuni pazienti , ma altri rímasero in remissione per anni. Egli lo attribuisce ad una particolare serie di circostanze che lanciavano un attacco autoimmune inizialmente, una certa combinazione di fattori scatenanti ambientali, quali un’infezione virale, e fattori genetici sfortunati. Poiche’ il nuovo sistema immune si rigenera piu’ tardi nel tempo i fattori ambientali che originariamente hanno scatenato attacchi autoimmuni possono essere assenti “Questo puo’ significare che hai una predisposizione genetica”dice Sullivan.

Piu’ recentemente, un numero di studi ha scavato piu’ profondamente, provando come i trapianti stanno alterando l’immunita’. L’anno scorso, un gruppo tedesco ha descritto scoperte su cinque persone con lupus che erano state in remissione per circa 8 anni dall’epoca del loro trapianto. Tutti e cinque avevano perso i loro anticorpi legati al lupus, ed il numero di cellule B nel loro sangue si era normalizzato. Altri ricercatori stanno trovando dati riguardo varie malattie , che le cellule T regolatorie, che mantengono il sistema immunitario in azione, fioriscono dopo il trapianto.

Questi sono appena dei pezzi di un piu’ grande puzzle, ed ha molti buchi. “C’e’ un enorme scatola nera qui: “Perche’ sta lavorando? Chiede Ann Woolfrey, una pediatra ematologo-oncologo del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, Washington. Non e’ chiaro quali cellule devono essere distrutte prima del trapianto. Ne’ si sa quali mantengono la malattia a bada, dopo.

Avanti piano
In alcuni tuttavia, i trapianti fanno meraviglie. Nel 2006, i ricercatori riportarono che il 50% con lupus rimaneva in remissione, insieme con un 30% di quelli che avevano sclerosi multipla o sclerodermia. Un equipe di europei l’anno scorso ha guardato indietro negli ultimi 12 anni e 900 trapianti e scoperto che 59 pazienti erano morti di complicanze relazionate con i trapianti e circa il 40% non aveva avuto pregressione della malattia.
Ma per quanto pieni di speranza siano questi numeri, quasi tutti sono d’accordo che i trapianti di cellule staminali resteranno per sempre sperimentali a meno che vengano comparati favorevolmente con altri trattamenti particolarmente nella loro capacita’ di indurre remissione. Tuttavia la maggior parte dei medici sono d’accordo che i pazienti dovrebbero trovare terapie piu’ sicure prima di fare ricorso a rischiosi trapianti di cellule staminali, anche se la migliori terapie biologiche che raggiungono il mercato non funzionerebbero per tutti- e quando lo fanno, devono essere assunte per tutta la vita.

Il problema , su cui i medici sono d’accordo, e’ che gli esperti di trapianti, abituati a trattare pazienti con cancro in momenti terribili
guardano fondamentalmente attraverso un prisma differente da quello dei neurologi, reumatologi ed altri specialisti che vedono ogni giorno i pazienti autoimmuni “Secondo una prospettiva di trapianto il 5% di mortalita’ e’ un buon dato” dice Camillo Ricordi direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca sul Diabete dell’Universita’ di Miami in Florida””In un tratamiento per il diabete l’1% di mortalita’ sarebbe inaccettabile”.

Le percentuali di morte nei trapianti sono scese negli ultimi 10 anni, benche’ dipendano molto dall’approccio. Alcuni medici stanno sperimentando trapianti allogenici piu’ rischiosi in piccoli trials, raccogliendo cellule da donatori che credono siano piu’ disponibili ad una cura. Altri si stanno muovendo in direzione opposta, gettando a mare le radiazioni e alleggerendo il carico della chemioterapia quanto piu’ possibile.

Nello scegliere i pazienti per i trials, molti medici sono divisi tra istinto e realta’. La loro pancia dice loro che la terapia piu’ probabilmente aiuta quelli che hanno una malattia agli inizi che non hanno ancora danni al cervello, ai reni o ai polmoni. Ma i rischi di trapianto e l’incertezza di come la malattia evoluzionerebbe senza di esso rendono il trapianto di questi pazienti eticamente discutible.
Rafael
Rafael

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