HAART piu' immunotossine per eliminare i reservoirs
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HAART piu' immunotossine per eliminare i reservoirs
Complementazione con immunotossina della HAART per eliminare i persistente reservoirs dell’HIV
(PloS Pathogens june 6,2010)
Risultati e limitazioni della terapia antiretrovirale
Lo sviluppo di combinazioni di farmaci che sopprimono potentemente la replicazione HIV, cui e’ stato dato collettivamente l’acronimo di HAART, ha trasformato la vita delle persone sieropositive, specialmente nei Paesi sviluppati. Benche’ i moderni regimi HAART possano portare le cariche virali plasmatiche sotto i limiti dei campioni clinici standard (inf o uguale a 50 copie di HIV RNA/ml)i trattamenti a lungo termine non riescono ad eradicare il virus dell’infezione come rivela la persistenza del DNA pro vírale e l’HIV nel sangue periferico e tessuti linfoidi, come pure il basso livello di viremia (1-50 copie RNA/ml) nella maggior parte delle persone trattate come rivelato dai campioni di singola copia ultrasensible. Inoltre, reservoirs di linfociti T CD4+ di memoria a riposo si stabiliscono presto dopo l’infezione e persistono durante il trattamento con percentuali di decadimento eccezionalmente basse; questi reservoirs latenti non riescono ad essere elimínati dalla HAART sola e quindi hanno il potenziale di reiniziare l’infezione se attivati dopo che la terapia viene fermata.
Un’ulteriore complicazione e’ l’esistenza di molteplici santuari di infezione nei tipi cellulari di varie linee (monocito-macrófago, cellule dendritiche, cellule staminali ematopoietiche etc.) rilevate in diversi compartimenti anatomici (sangue, linfonodi periferici, mucosa intestinale, sistema nervoso centrale, tratto genitale).
Queste scoperte fanno sorgere un numero di domande critiche interrelazionate: l’estrema stabilita’ dei reservoirs latenti delle cellule infette riflette semplicemente la lunga emivita intrinseca dei linfociti T CD4+ e/o i reservoirs sono continuamente riforniti da un basso livello di replicazione?
A quale estensione la residuale viremia riflette l’incompleta soppressione della replicazione contro l’emissione di virus da uno stabile (forse rinnovabile) reservoir di cellule infette?
Qual’e´la fonte e il significato dei blips di viremia intermittente e da dove l’HIV rimbalza dopo la cessazione della HAART?
La deliberata attivazione dei linfociti T CD4+ a riposo sotto continua HAART da’ un reale beneficio clinico diminuendo i reservoirs latenti di cellule infette?
Mentre questi fatti rimangono controversi , una maggiore conseguenza pratica e’ che la irrefutable cessazione della HAART da’ luogo ad un rapido rimbalzo virale , in molti casi a livelli pre- trattamento. Come risulta il trattamento dev’essere a lungo termine presumibilmente per tutta la vita.
Una nuova visione sull’eradicazione dell’HIV
La profonda soppressione virale ottenibile con i moderni regimi HAART insieme con le limitazioni e le preoccupazioni di trattamenti prolungati (effetti collaterali cumulativi, difficolta’ di aderenza, emergenza di resistenze farmacologiche, alti costi) hanno rivitalizzato serie considerazioni della prospettiva di eradicare l’HIV dal corpo, o almeno di conseguire una “cura funzionale” laddove la terapia possa essere fermata senza rimbalzo virale. I reservoirs di cellule T CD4+ latentemente infette sono stati generalmente visti come il maggior ostacolo all’eradicazione; dunque c’e´stata un’attenzione considerevole sulle strategie terapeutiche per guidare il genoma provirale fuori dalla latenza includendo le citokine (es. IL-2), gli inibitori dell’Istone deacetilasi (es l’acido valproico) esteri del forbolo non tumorogenico (es. Prostratina) anticorpi anti cellule T (p.es. OKT3) e antagonisti delle kinasi.
Viene tipicamente argomentato che aumentando la HAART con deliberata attivazione si dovrebbe ottenere come risultato un’eventuale morte di tutte le cellule T produttivamente infette con una combinazione di meccanismi naturali che includono effetti citopatici virali l’inerente corta vita delle cellule T attivate, e vari meccanismi immuno effettori.
Attualmente , i trial che hanno sperimentato tali approcci non hanno dimostrato benefici clinici, con, nel migliore dei casi, una riduzione nella frequenza di cellule T latentemente infette in abbassamento nei pazienti.
Quindi, i trials clinici basati strettamente sulla ripulitura dell’HIV quiescente per purgare i reservoirs delle cellule infette si sono dimostrati deludenti. A complicare ulteriormente il fatto sono recenti studi che indicano che nella maggioranza dei pazienti la viremia residuale e’ invariata e geneticamente distinta dai pro virus a riposo e cellule TCD4+ attivate; questo ha condotto a ipotesi dove la maggior parte della viremia residuale sorge da un tipo cellulare sconosciuto , forse una cellula staminale della linea monocito-macrofagica, con la capacita’ di proliferaree continuare il rilascio del virus.
Razionale per trattamento citotossico mirato come complemento della HAART
Quali che siano le fonti ed i meccacnismi che stanno alla base dell’HIV persistente, un maggior punto che viene enfatizzato e’ che tutti i farmaci nell’attuale arsenale HAART condividono una caratteristica comune : la loro efficacia risulta dal blocco dei passi specifici del ciclo di replicazione HIV, quindi prevengono nuove cicli di infezione delle cellule nuove.
Quello che non riescono a fare, almeno direttamente e’ uccidere le cellule che sono gia’ infettate.
Il tema che dev’essere sviluppato e’ semplice. Perche’ non complementare la soppressione indotta dalla HAART della replicazione virale con un trattamento che direttamente uccida le cellule infette?
Un mezzo diretto per ottenerlo si trova sull’esposizione della glicoproteína del rivestimento dell’HIV (Env) sulla superficie esterna delle cellule productivamente infette, dove puo’ essere riconosciuta da una molécula legante specifica come un anticorpo o un frammento soluble del recettore CD4. Il bersaglio Env puo’ essere collegato a vari tipi di agenti citotossici, costituiti da nuove molecole che selectivamente uccidono cellule infettate dall’HIV.
Questo concetto di “magico proiettile” e’ stato preminente nel campo del cancro, con considerazione data a dominii di tossine proteiche, molecole citotossiche a basso MW e radionuclidi come alternativi carichi citotossici. Il primo successo si e’ avuto un decennio fa, con l’approvazione del FDA USA di ONTAK (IL-2 collegato al dominio della tossina difterica) per il linfoma delle cellule T e Mylotarg (un anticorpo monoclonale anti-CD33 legato alla calcheamicina) per recidive di leucemia mieloide acuta in pazienti anziani.
Il concetto puo’ avere un particolare vantaggio per le malattíe infettive dal momento che la molecola bersaglio viene codificata dal patogeno, quindi minimizzando gli effetti collaterali incontrati nelle applicazioni anticancro associate con l’uccisione delle normali cellule che esprimono bassi livelli degli antigeni umani bersaglio.
Naturalmente, l’eliminazione selettiva richiede che l’antigene bersaglio del patogeno infettante venga espresso sulla superficie della cellula infetta, facendo sorgere ovvie perplessita’ per le applicazioni quali nell’infezione da HIV che sono caratterizzate dalla presenza di cellule latentemente infette.
Approcci con immunotossine contro l’HIV nell’era pre-HAART
Non molto tempo dopo la scoperta della natura retrovirale dell’ agente aziologico dell’AIDS, numerosi gruppi hanno sviluppato agenti citotossici indirizzati contro il rivestimento Env usando anticorpi o CD4 solubili collegati biochimicamente o geneticamente alle proprieta’ di tossine proteiche batteriche o di piante. Strategie alternative sono state considerate dove le tossine sono indirizzate a proteína cellulari espresse in forma endogena sulle cellule T come il recettore IL-2 sui linfociti TCD4+ attivati o il CD45RO sulle cellule di memoria T.
Negli ultimi vent’anni i nostri gruppi di ricerca hanno collaborato a sviluppare tossine bersaglio dell’Env dell’HIV basate sulla tossina esogena A dello Pseudomonas aeruginosa (PE).
Discrete proprieta’ strutturali dentro la sequenza lineare dello PE
sono associate a specifiche funzioni. Questa organizzazione di proprieta’ e’ stata sfruttata per la terapia del cancro costruendo immunotossine ricombinanti in cui la proprieta’ legante del nativo N-terminale viene sostituita da un frammento di anticorpo diretto contro un antigeno sovraespresso sulla specifica cellula maligna tipo. Per applicare questa strategia all’HIV noi dapprima abbiamo progettato il CD4-PE40 in cui l’elemento bersaglio sono le prime due proprieta’ del CD4, che si lega direttamente alla subunita’ gp120 di Env.
La specifica citotossicita’ contro le cellule che esprimono l’Env
sono state dimostrate in due sistemi in vitro: a) campioni di eliminazione diretta in cui le cellule che esprimono Env (sia linee cellulari stabili infettanti o costitutivamente infettate da HIV) venivano potentemente eliminate in maniera dipendente dalla dose, laddove le corrispondenti cellule parentali che mancavano di Env non venivano colpite, e b) campioni in cui l’inibizione della diffusione dell’infezione, in cui l’infettante HIV-1 viene aggiunto a cellule bersaglio permissive e la produzione di virus viene misurata (p24 o trascrittasi inversa).
CD4-PE inibiva la concentrazione dove venivano osservati minimi effetti con sCD4 quindi dimostrando che le attivita’ osservate erano dovute ad eliminazione selettiva delle cellule infette piuttosto che semplicemente a neutralizzazione del virus.
Xxxxxxxx
Basato su queste scoperte promettenti in vitro, il CD4-PE e’ stato sperimentato in Fase I dei trials clinici nell’era pre-HAART . Non sono stati osservati effetti antivirali o di rinforzo inmunitario alla massima dose tollerata di 10-15 microgrammi/kg che era ben sotto i 40 microgrammi/kg x 3 dosi dati tipicamente per le immunotossine per il cancro basate su PE.
La maggiore dose di tossicita’ limitante causava un danno epatocellulare reversible.
Questi deludenti risultati con CD4-PE hanno diminuito grandemente l’entusiasmo per le immunotossine contro l’HIV e da allora non sono stati piu’ condotti trials clinici.
Approccio con immunotossine contro l’HIV: perche’ ora?
I trials clinici con CD4-PE sono stati condotti nell’era pre-HAART e quindi, essenzialmente, rappresentano una monoterapia (benche’ alcuni individui ricevettero inibitori nucleosidici della trascriptasi inversa che fallirono nel sopprimere le cariche virali). Lo sviluppo della HAART ci ha suggerito di riconsiderare il concetto della tossina anti-Env. Nella presente relazione, proponiamo che progressi sperimentali e tecnici nella seguente decade hanno reso questo argomento sempre piu’ obbligatorio in numerosi sensi critici: a) la persistenza dell’HIV di fronte alla soppressiva HAART rivela la necessita’ di approcci per aumentare le deplezione dei reservoirs di cellule infette, b) esperimenti in vitro e su modelli animali rivelano un punto cruciale: le immunotossine hanno una limitata efficacia nel bloccare la diffusione dell’infezione HIV quando usate da sole; tuttavia esse dimostrano fenomenale attivita’ sinergistiche quando vengono usate in combinazione con inibitori della replicazione di HIV, c) sono disponibili nuovi metodi per assessorare vari parámetri efficaci sulla complementazione dell’HAART con le immunotossine, d) trials clinici con immunotossine basate su PE contro certe leucemie hanno dimostrato risultati impressionanti e e) abbiamo sviluppato immunotossine migliorate con grandemente aumentata potenza e minima tossicita’ potenziale.
(PloS Pathogens june 6,2010)
Risultati e limitazioni della terapia antiretrovirale
Lo sviluppo di combinazioni di farmaci che sopprimono potentemente la replicazione HIV, cui e’ stato dato collettivamente l’acronimo di HAART, ha trasformato la vita delle persone sieropositive, specialmente nei Paesi sviluppati. Benche’ i moderni regimi HAART possano portare le cariche virali plasmatiche sotto i limiti dei campioni clinici standard (inf o uguale a 50 copie di HIV RNA/ml)i trattamenti a lungo termine non riescono ad eradicare il virus dell’infezione come rivela la persistenza del DNA pro vírale e l’HIV nel sangue periferico e tessuti linfoidi, come pure il basso livello di viremia (1-50 copie RNA/ml) nella maggior parte delle persone trattate come rivelato dai campioni di singola copia ultrasensible. Inoltre, reservoirs di linfociti T CD4+ di memoria a riposo si stabiliscono presto dopo l’infezione e persistono durante il trattamento con percentuali di decadimento eccezionalmente basse; questi reservoirs latenti non riescono ad essere elimínati dalla HAART sola e quindi hanno il potenziale di reiniziare l’infezione se attivati dopo che la terapia viene fermata.
Un’ulteriore complicazione e’ l’esistenza di molteplici santuari di infezione nei tipi cellulari di varie linee (monocito-macrófago, cellule dendritiche, cellule staminali ematopoietiche etc.) rilevate in diversi compartimenti anatomici (sangue, linfonodi periferici, mucosa intestinale, sistema nervoso centrale, tratto genitale).
Queste scoperte fanno sorgere un numero di domande critiche interrelazionate: l’estrema stabilita’ dei reservoirs latenti delle cellule infette riflette semplicemente la lunga emivita intrinseca dei linfociti T CD4+ e/o i reservoirs sono continuamente riforniti da un basso livello di replicazione?
A quale estensione la residuale viremia riflette l’incompleta soppressione della replicazione contro l’emissione di virus da uno stabile (forse rinnovabile) reservoir di cellule infette?
Qual’e´la fonte e il significato dei blips di viremia intermittente e da dove l’HIV rimbalza dopo la cessazione della HAART?
La deliberata attivazione dei linfociti T CD4+ a riposo sotto continua HAART da’ un reale beneficio clinico diminuendo i reservoirs latenti di cellule infette?
Mentre questi fatti rimangono controversi , una maggiore conseguenza pratica e’ che la irrefutable cessazione della HAART da’ luogo ad un rapido rimbalzo virale , in molti casi a livelli pre- trattamento. Come risulta il trattamento dev’essere a lungo termine presumibilmente per tutta la vita.
Una nuova visione sull’eradicazione dell’HIV
La profonda soppressione virale ottenibile con i moderni regimi HAART insieme con le limitazioni e le preoccupazioni di trattamenti prolungati (effetti collaterali cumulativi, difficolta’ di aderenza, emergenza di resistenze farmacologiche, alti costi) hanno rivitalizzato serie considerazioni della prospettiva di eradicare l’HIV dal corpo, o almeno di conseguire una “cura funzionale” laddove la terapia possa essere fermata senza rimbalzo virale. I reservoirs di cellule T CD4+ latentemente infette sono stati generalmente visti come il maggior ostacolo all’eradicazione; dunque c’e´stata un’attenzione considerevole sulle strategie terapeutiche per guidare il genoma provirale fuori dalla latenza includendo le citokine (es. IL-2), gli inibitori dell’Istone deacetilasi (es l’acido valproico) esteri del forbolo non tumorogenico (es. Prostratina) anticorpi anti cellule T (p.es. OKT3) e antagonisti delle kinasi.
Viene tipicamente argomentato che aumentando la HAART con deliberata attivazione si dovrebbe ottenere come risultato un’eventuale morte di tutte le cellule T produttivamente infette con una combinazione di meccanismi naturali che includono effetti citopatici virali l’inerente corta vita delle cellule T attivate, e vari meccanismi immuno effettori.
Attualmente , i trial che hanno sperimentato tali approcci non hanno dimostrato benefici clinici, con, nel migliore dei casi, una riduzione nella frequenza di cellule T latentemente infette in abbassamento nei pazienti.
Quindi, i trials clinici basati strettamente sulla ripulitura dell’HIV quiescente per purgare i reservoirs delle cellule infette si sono dimostrati deludenti. A complicare ulteriormente il fatto sono recenti studi che indicano che nella maggioranza dei pazienti la viremia residuale e’ invariata e geneticamente distinta dai pro virus a riposo e cellule TCD4+ attivate; questo ha condotto a ipotesi dove la maggior parte della viremia residuale sorge da un tipo cellulare sconosciuto , forse una cellula staminale della linea monocito-macrofagica, con la capacita’ di proliferaree continuare il rilascio del virus.
Razionale per trattamento citotossico mirato come complemento della HAART
Quali che siano le fonti ed i meccacnismi che stanno alla base dell’HIV persistente, un maggior punto che viene enfatizzato e’ che tutti i farmaci nell’attuale arsenale HAART condividono una caratteristica comune : la loro efficacia risulta dal blocco dei passi specifici del ciclo di replicazione HIV, quindi prevengono nuove cicli di infezione delle cellule nuove.
Quello che non riescono a fare, almeno direttamente e’ uccidere le cellule che sono gia’ infettate.
Il tema che dev’essere sviluppato e’ semplice. Perche’ non complementare la soppressione indotta dalla HAART della replicazione virale con un trattamento che direttamente uccida le cellule infette?
Un mezzo diretto per ottenerlo si trova sull’esposizione della glicoproteína del rivestimento dell’HIV (Env) sulla superficie esterna delle cellule productivamente infette, dove puo’ essere riconosciuta da una molécula legante specifica come un anticorpo o un frammento soluble del recettore CD4. Il bersaglio Env puo’ essere collegato a vari tipi di agenti citotossici, costituiti da nuove molecole che selectivamente uccidono cellule infettate dall’HIV.
Questo concetto di “magico proiettile” e’ stato preminente nel campo del cancro, con considerazione data a dominii di tossine proteiche, molecole citotossiche a basso MW e radionuclidi come alternativi carichi citotossici. Il primo successo si e’ avuto un decennio fa, con l’approvazione del FDA USA di ONTAK (IL-2 collegato al dominio della tossina difterica) per il linfoma delle cellule T e Mylotarg (un anticorpo monoclonale anti-CD33 legato alla calcheamicina) per recidive di leucemia mieloide acuta in pazienti anziani.
Il concetto puo’ avere un particolare vantaggio per le malattíe infettive dal momento che la molecola bersaglio viene codificata dal patogeno, quindi minimizzando gli effetti collaterali incontrati nelle applicazioni anticancro associate con l’uccisione delle normali cellule che esprimono bassi livelli degli antigeni umani bersaglio.
Naturalmente, l’eliminazione selettiva richiede che l’antigene bersaglio del patogeno infettante venga espresso sulla superficie della cellula infetta, facendo sorgere ovvie perplessita’ per le applicazioni quali nell’infezione da HIV che sono caratterizzate dalla presenza di cellule latentemente infette.
Approcci con immunotossine contro l’HIV nell’era pre-HAART
Non molto tempo dopo la scoperta della natura retrovirale dell’ agente aziologico dell’AIDS, numerosi gruppi hanno sviluppato agenti citotossici indirizzati contro il rivestimento Env usando anticorpi o CD4 solubili collegati biochimicamente o geneticamente alle proprieta’ di tossine proteiche batteriche o di piante. Strategie alternative sono state considerate dove le tossine sono indirizzate a proteína cellulari espresse in forma endogena sulle cellule T come il recettore IL-2 sui linfociti TCD4+ attivati o il CD45RO sulle cellule di memoria T.
Negli ultimi vent’anni i nostri gruppi di ricerca hanno collaborato a sviluppare tossine bersaglio dell’Env dell’HIV basate sulla tossina esogena A dello Pseudomonas aeruginosa (PE).
Discrete proprieta’ strutturali dentro la sequenza lineare dello PE
sono associate a specifiche funzioni. Questa organizzazione di proprieta’ e’ stata sfruttata per la terapia del cancro costruendo immunotossine ricombinanti in cui la proprieta’ legante del nativo N-terminale viene sostituita da un frammento di anticorpo diretto contro un antigeno sovraespresso sulla specifica cellula maligna tipo. Per applicare questa strategia all’HIV noi dapprima abbiamo progettato il CD4-PE40 in cui l’elemento bersaglio sono le prime due proprieta’ del CD4, che si lega direttamente alla subunita’ gp120 di Env.
La specifica citotossicita’ contro le cellule che esprimono l’Env
sono state dimostrate in due sistemi in vitro: a) campioni di eliminazione diretta in cui le cellule che esprimono Env (sia linee cellulari stabili infettanti o costitutivamente infettate da HIV) venivano potentemente eliminate in maniera dipendente dalla dose, laddove le corrispondenti cellule parentali che mancavano di Env non venivano colpite, e b) campioni in cui l’inibizione della diffusione dell’infezione, in cui l’infettante HIV-1 viene aggiunto a cellule bersaglio permissive e la produzione di virus viene misurata (p24 o trascrittasi inversa).
CD4-PE inibiva la concentrazione dove venivano osservati minimi effetti con sCD4 quindi dimostrando che le attivita’ osservate erano dovute ad eliminazione selettiva delle cellule infette piuttosto che semplicemente a neutralizzazione del virus.
Xxxxxxxx
Basato su queste scoperte promettenti in vitro, il CD4-PE e’ stato sperimentato in Fase I dei trials clinici nell’era pre-HAART . Non sono stati osservati effetti antivirali o di rinforzo inmunitario alla massima dose tollerata di 10-15 microgrammi/kg che era ben sotto i 40 microgrammi/kg x 3 dosi dati tipicamente per le immunotossine per il cancro basate su PE.
La maggiore dose di tossicita’ limitante causava un danno epatocellulare reversible.
Questi deludenti risultati con CD4-PE hanno diminuito grandemente l’entusiasmo per le immunotossine contro l’HIV e da allora non sono stati piu’ condotti trials clinici.
Approccio con immunotossine contro l’HIV: perche’ ora?
I trials clinici con CD4-PE sono stati condotti nell’era pre-HAART e quindi, essenzialmente, rappresentano una monoterapia (benche’ alcuni individui ricevettero inibitori nucleosidici della trascriptasi inversa che fallirono nel sopprimere le cariche virali). Lo sviluppo della HAART ci ha suggerito di riconsiderare il concetto della tossina anti-Env. Nella presente relazione, proponiamo che progressi sperimentali e tecnici nella seguente decade hanno reso questo argomento sempre piu’ obbligatorio in numerosi sensi critici: a) la persistenza dell’HIV di fronte alla soppressiva HAART rivela la necessita’ di approcci per aumentare le deplezione dei reservoirs di cellule infette, b) esperimenti in vitro e su modelli animali rivelano un punto cruciale: le immunotossine hanno una limitata efficacia nel bloccare la diffusione dell’infezione HIV quando usate da sole; tuttavia esse dimostrano fenomenale attivita’ sinergistiche quando vengono usate in combinazione con inibitori della replicazione di HIV, c) sono disponibili nuovi metodi per assessorare vari parámetri efficaci sulla complementazione dell’HAART con le immunotossine, d) trials clinici con immunotossine basate su PE contro certe leucemie hanno dimostrato risultati impressionanti e e) abbiamo sviluppato immunotossine migliorate con grandemente aumentata potenza e minima tossicita’ potenziale.
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