Gheddafi ha coperto l’epidemia di Aids dei bambini libici
Gheddafi ha coperto l’epidemia di Aids dei bambini libici
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Gheddafi ha coperto l’epidemia di Aids dei bambini libici
11 marzo 2011
La ribellione nel paese africano rompe anche il muro del silenzio che finora aveva circondato la vicenda.
Non c’è più paura, negli occhi delle madri che oggi decidono di raccontare la loro storia. O meglio, quella dei loro figli. Una storia raccapricciante che finora era rimasta sepolta dietro il muro della dittatura di Muhammar Gheddafi, e che ora emerge libera. I cronisti si aggirano per Benghazi, alla ricerca di storie, mentre il vento fa muovere le bandiere della nuova Libia – nere, rosse e verdi, il vecchio regno abbattuto dal colpo di stato militare – e non sempre quello che trovano è piacevole, anzi.
AIDS – Bambini morti. In maniera terribile. Morti per le complicanze dell’Aids, prima di aver raggiunto i dieci anni di età; Aids che non hanno contratto per una terribile fatalità, magari per uno sbaglio o una complicanza nella gravidanza dei loro genitori. No, Aids contratto negli ospedali libici. Un contagio di massa che ha mietuto le sue vittime in silenzio, e noi oggi ne abbiamo solo i racconti.
Zakia Saltani è stata incoraggiata a non parlare con la stampa. Ma a lei non importa. Ha aspettato 13 anni per raccontare la sua storia, e le minacce del governo libico non possono fermarla. “Dopo ciò che è successo alla mia famiglia, che cosa ancora possono farmi?”, chiede. “Sono oltre la paura”. Nella sua casa di Benghazi, con la bandiera rossa, nera e verde della ribellione anti-Gheddafi legata orgogliosamente alle spalle, mostra una fotografia danneggiata di suo figlio, Ashur. E’ morto di complicanze da Aids nel maggio 2005, ad appena 8 anni. E’ uno dei 400 e più bambini libici che sono stati ammessi all’ospedale pediatrico di Al Fatih di Benghazi più di 13 anni fa con complicanze di routine come febbre e orecchioni. Sono usciti con l’HIV. Come Ashur, circa 60 sono morti. E altri ancora lottano.
L’ospedale di Benghazi è la porta dell’inferno.
IN OSPEDALE – Bambini che devono farsi curare per malattie banali ne escono irrimediabilmente infettati dal virus più mortale della modernità. La colpa? Per le autorità, è dei medici, che sono finiti anche sotto ispezione e il ruolo dei quali è tutto da chiarire. Ma la storia non si ferma qui.
La verità iniziò ad emergere pochi mesi dopo. “In Ottobre siamo venuti a conoscenza del fatto che i dottori stavano nascondendo qualcosa”, ricorda Saltani. “Dicevano che c’era qualcosa nel sangue che non erano in grado di identificare. Il capo dell’ospedale ci disse di non dire nulla. Quando capimmo che era HIV, il governo ci disse che l’infezione si era originata da fuori la Libia, e che aveva solo coinvolto 10 bambini. Un altro dottore aveva anche tentato di convincerci che non si trattava di HIV, ma di tubercolosi”. Quando le famiglie finalmente scoprirono quanti bambini erano stati infetti, il regime mandò molti dei pazienti in Italia per analisi e trattamenti.
FARE SILENZIO – Il governo fa di tutto per tenerla a bada. Ma le voci corrono in città, e tutti i genitori portano i bambini a fare il test per l’HIV. Quando salta fuori che in moltissimi sono infetti, il panico dilaga. La città è in subbuglio. Il governo centrale deve fare qualcosa: la prima necessità, secondo Gheddafi in persona, è che del fatto non si sappia niente.
Gheddafi invitò tutte le famiglie in una tenda nel deserto fuori Sirte, dicendo che avrebbe dato loro qualsiasi cosa avessero voluto, ma che dovevano rimanere calmi. “Non vogliamo che gli stranieri siano coinvolti in tutto questo”, di disse Gheddafi: “Tutto deve rimanere in Libia”. Ci disse che i nostri parenti fuori dalla Libia sarebbero stati in pericolo se avessimo parlato. Eravamo spaventati. Abbiamo dovuto tacere”.
Prima necessità, silenzio di tomba sulla vicenda.
LA COLPA E’ DEGLI ALTRI – Secondo, dare la colpa a qualcun altro. Come se fosse colpa degli stranieri se gli ospedali libici sono dei lazzaretti. Le indagini italiane – di cui, peraltro, non si è mai saputo niente: perchè il nostro governo ha continuato a supportare un paese di cui si sapeva chiaramente la politica ospedaliera, talmente efficace da garantire a moltissimi bambini un contagio virale? – hanno dimostrato che le condizioni igieniche in cui venivano mantenuti i piccoli pazienti erano inaccettabili.
Anche se le cause del contagio rimangono un mistero, studi esterni lamentano il poco igiene all’ospedale piuttosto che alcuna delle teorie cospiratorie che abbondano in Libia. Secondo un rapporto del 2002 dagli ispettori medici italiani, tutti i bambini infetti hanno ricevuto fluidi intravena, antibiotici, steroidi o broncodilatatori, ma niente sangue o prodotti connessi. Saltani afferma di trovare però difficile l’accettare le accuse del regime contro i medici stranieri.
Già, perchè Gheddafi e i suoi scaricarono l’intero barile sui lavoratori stranieri dell’ospedale, accusandoli di essere responsabili del contagio. Non solo, sfruttarono anche l’occasione per farsi dare parecchi soldi dai paesi di origine del personale medico coinvolto, e stringere patti militari con i governi interessati.
(Il regime) addossò il contagio a cinque infermiere Bulgare e ad un dottore palestinese che lavoravano all’ospedale, accusandole falsamente di aver deliberatamente infetto i giovani pazienti, sentenziandoli a morte. I medici sono stati finalmente rilasciati nel 2007, ma non prima che il regime abbia estorto un pacchetto di rimozione del debito dall’Est-europa e circa tre quarti di miliardo di dollari in supposte compensazioni e assistenza medica, insieme ad un patto civile di sviluppo nucleare e ad un “accordo militare veramente buono” (nelle parole del figlio educato ad Oxford di Gheddafi, Saif al-Islam) con il governo francese “e altre informazioni confidenziali di cui non diremo”
Insomma, ecco la storia: i fatiscenti ospedali libici fanno ammalare dei bambini innocenti di Aids; la colpa, dice Gheddafi, è dei medici stranieri (e non del governo, che avrebbe dovuto ispezionare gli ospedali), si interfaccia con i paesi d’origine del personale accusato per strappare ricche concessioni, che ottiene. Mette a silenzio tutta la vicenda, con la complicità dell’Italia che sa dal 2002 ma non denuncia. Tutto qui, che altro dire.
Gheddafi ha coperto l’epidemia di Aids dei bambini libici
11 marzo 2011
La ribellione nel paese africano rompe anche il muro del silenzio che finora aveva circondato la vicenda.
Non c’è più paura, negli occhi delle madri che oggi decidono di raccontare la loro storia. O meglio, quella dei loro figli. Una storia raccapricciante che finora era rimasta sepolta dietro il muro della dittatura di Muhammar Gheddafi, e che ora emerge libera. I cronisti si aggirano per Benghazi, alla ricerca di storie, mentre il vento fa muovere le bandiere della nuova Libia – nere, rosse e verdi, il vecchio regno abbattuto dal colpo di stato militare – e non sempre quello che trovano è piacevole, anzi.
AIDS – Bambini morti. In maniera terribile. Morti per le complicanze dell’Aids, prima di aver raggiunto i dieci anni di età; Aids che non hanno contratto per una terribile fatalità, magari per uno sbaglio o una complicanza nella gravidanza dei loro genitori. No, Aids contratto negli ospedali libici. Un contagio di massa che ha mietuto le sue vittime in silenzio, e noi oggi ne abbiamo solo i racconti.
Zakia Saltani è stata incoraggiata a non parlare con la stampa. Ma a lei non importa. Ha aspettato 13 anni per raccontare la sua storia, e le minacce del governo libico non possono fermarla. “Dopo ciò che è successo alla mia famiglia, che cosa ancora possono farmi?”, chiede. “Sono oltre la paura”. Nella sua casa di Benghazi, con la bandiera rossa, nera e verde della ribellione anti-Gheddafi legata orgogliosamente alle spalle, mostra una fotografia danneggiata di suo figlio, Ashur. E’ morto di complicanze da Aids nel maggio 2005, ad appena 8 anni. E’ uno dei 400 e più bambini libici che sono stati ammessi all’ospedale pediatrico di Al Fatih di Benghazi più di 13 anni fa con complicanze di routine come febbre e orecchioni. Sono usciti con l’HIV. Come Ashur, circa 60 sono morti. E altri ancora lottano.
L’ospedale di Benghazi è la porta dell’inferno.
IN OSPEDALE – Bambini che devono farsi curare per malattie banali ne escono irrimediabilmente infettati dal virus più mortale della modernità. La colpa? Per le autorità, è dei medici, che sono finiti anche sotto ispezione e il ruolo dei quali è tutto da chiarire. Ma la storia non si ferma qui.
La verità iniziò ad emergere pochi mesi dopo. “In Ottobre siamo venuti a conoscenza del fatto che i dottori stavano nascondendo qualcosa”, ricorda Saltani. “Dicevano che c’era qualcosa nel sangue che non erano in grado di identificare. Il capo dell’ospedale ci disse di non dire nulla. Quando capimmo che era HIV, il governo ci disse che l’infezione si era originata da fuori la Libia, e che aveva solo coinvolto 10 bambini. Un altro dottore aveva anche tentato di convincerci che non si trattava di HIV, ma di tubercolosi”. Quando le famiglie finalmente scoprirono quanti bambini erano stati infetti, il regime mandò molti dei pazienti in Italia per analisi e trattamenti.
FARE SILENZIO – Il governo fa di tutto per tenerla a bada. Ma le voci corrono in città, e tutti i genitori portano i bambini a fare il test per l’HIV. Quando salta fuori che in moltissimi sono infetti, il panico dilaga. La città è in subbuglio. Il governo centrale deve fare qualcosa: la prima necessità, secondo Gheddafi in persona, è che del fatto non si sappia niente.
Gheddafi invitò tutte le famiglie in una tenda nel deserto fuori Sirte, dicendo che avrebbe dato loro qualsiasi cosa avessero voluto, ma che dovevano rimanere calmi. “Non vogliamo che gli stranieri siano coinvolti in tutto questo”, di disse Gheddafi: “Tutto deve rimanere in Libia”. Ci disse che i nostri parenti fuori dalla Libia sarebbero stati in pericolo se avessimo parlato. Eravamo spaventati. Abbiamo dovuto tacere”.
Prima necessità, silenzio di tomba sulla vicenda.
LA COLPA E’ DEGLI ALTRI – Secondo, dare la colpa a qualcun altro. Come se fosse colpa degli stranieri se gli ospedali libici sono dei lazzaretti. Le indagini italiane – di cui, peraltro, non si è mai saputo niente: perchè il nostro governo ha continuato a supportare un paese di cui si sapeva chiaramente la politica ospedaliera, talmente efficace da garantire a moltissimi bambini un contagio virale? – hanno dimostrato che le condizioni igieniche in cui venivano mantenuti i piccoli pazienti erano inaccettabili.
Anche se le cause del contagio rimangono un mistero, studi esterni lamentano il poco igiene all’ospedale piuttosto che alcuna delle teorie cospiratorie che abbondano in Libia. Secondo un rapporto del 2002 dagli ispettori medici italiani, tutti i bambini infetti hanno ricevuto fluidi intravena, antibiotici, steroidi o broncodilatatori, ma niente sangue o prodotti connessi. Saltani afferma di trovare però difficile l’accettare le accuse del regime contro i medici stranieri.
Già, perchè Gheddafi e i suoi scaricarono l’intero barile sui lavoratori stranieri dell’ospedale, accusandoli di essere responsabili del contagio. Non solo, sfruttarono anche l’occasione per farsi dare parecchi soldi dai paesi di origine del personale medico coinvolto, e stringere patti militari con i governi interessati.
(Il regime) addossò il contagio a cinque infermiere Bulgare e ad un dottore palestinese che lavoravano all’ospedale, accusandole falsamente di aver deliberatamente infetto i giovani pazienti, sentenziandoli a morte. I medici sono stati finalmente rilasciati nel 2007, ma non prima che il regime abbia estorto un pacchetto di rimozione del debito dall’Est-europa e circa tre quarti di miliardo di dollari in supposte compensazioni e assistenza medica, insieme ad un patto civile di sviluppo nucleare e ad un “accordo militare veramente buono” (nelle parole del figlio educato ad Oxford di Gheddafi, Saif al-Islam) con il governo francese “e altre informazioni confidenziali di cui non diremo”
Insomma, ecco la storia: i fatiscenti ospedali libici fanno ammalare dei bambini innocenti di Aids; la colpa, dice Gheddafi, è dei medici stranieri (e non del governo, che avrebbe dovuto ispezionare gli ospedali), si interfaccia con i paesi d’origine del personale accusato per strappare ricche concessioni, che ottiene. Mette a silenzio tutta la vicenda, con la complicità dell’Italia che sa dal 2002 ma non denuncia. Tutto qui, che altro dire.
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