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Hiv: vecchi pregiudizi e nuove mancanze

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Messaggio Da Gex Lun 14 Nov - 20:17

Da molto tempo i mass media non trattano correttamente il problema relativo alla qualità della vita delle persone sieropositive, sia in termini clinici che da un punto di vista sociale. Eppure l'argomento dovrebbe essere di pubblico interesse, non solo perché i dati sulle nuove infezioni risultano in crescita, ma anche (e soprattutto) perché tra le giovani generazioni si è verificato un pericolosissimo abbassamento del livello di guardia verso la malattia dovuto proprio alla disinformazione.
Come sottolinea Alessandro Battistella, responsabile scientifico del Centro Studi NPS Italia Onlus (Networh Persone Sieropositive) la prova di una minore attenzione al problema si evince infatti da due indicatori: il primo è il crescere del numero di nuove infezioni nella comunità gay, un tempo molto attenta ed in grado di limitare i contagi; il secondo è che più del 70% dei ragazzi dichiara di non proteggersi durante i rapporti sessuali, pur conoscendo i rischi di contagio.
Significa che alla conoscenza teorica dell’esistenza della malattia non corrisponde la messa in atto delle necessarie precauzioni e che oggi l’Aids non viene più vissuto da molti giovani come un malattia preoccupante.
Un'altra grande lacuna dovuta alla mancanza di informazione è poi relativa alle difficoltà che incontrano le persone sieropositive sia a curarsi che a condurre una vita normale. Come è fatta concretamente la realtà di chi convive con questa malattia? Sono sempre le associazioni a sostenere con convinzione che parlarne potrebbe avere sulla popolazione un effetto positivo molto maggiore di quanto non abbiano le campagne di informazione mirate, che anzi in alcuni casi possono addirittura far aumentare la paura, il rifiuto e il pregiudizio. “E' molto importante riuscire a trasmettere il concetto che l’Aids si cura e che è fondamentale accedere alle cure non tardivamente”, spiega ancora Alessandro Battistella.

Tuttavia, proprio l'accesso alle cure sembrerebbe uno degli aspetti attualmente più trascurati da parte delle istituzioni. L'esempio più attuale è la denuncia e la presa di posizione del CNCA e di Giovanni Laino, dell'Associazione Quartieri Spagnoli, per la chiusura delle uniche due case-alloggio per sieropositivi e ammalati di Aids nella città di Napoli.
“Si tratta di un grave danno per un centinaio di persone (spesso ex prostitute, eroinomani, immigrati clandestini, senza fissa dimora) affette da una patologia mortale se non ben trattata con farmaci e condizioni di vita decenti-spiega Laino. In verità credo che il destino di queste persone stia a cuore a pochi. La questione, però, è irragionevole dal punto di vista dei costi e della sicurezza sociale della collettività. A Napoli le ASL riconoscono una retta di 80 euro al giorno per l'accoglienza di una persona sieropositiva o con AIDS, ma quando queste persone non più ben assistite finiscono in ospedale, costano fino a 800 euro al giorno. Se abbandonate a loro stesse vivono, invece, in ambienti in cui cresce molto il rischio di diffusione del contagio”.
In altre parole la cura, unita ad una civile accoglienza, risulterebbe essere la più efficace politica di controllo della spesa e dei costi sociali: per questo Laino definisce la situazione “emblematica della crisi delle politiche sociali e sociosanitarie in Campania”. Ma c'è anche un altro fattore da considerare.
In Lombardia le case attive per sieropositivi e malati di Aids sono, attualmente, 30 di cui 11 solo a Milano. Ben 28 in più rispetto alla Campania, dove i soldi e i fondi aggiuntivi che erano stati assicurati per queste strutture non sono stati erogati. Le uniche due case hanno infatti funzionato grazie soltanto al lavoro volontario di suore e altri operatori, che però non è riuscito ad evitare la chiusura del servizio nonostante una legge dello Stato preveda un fondo dedicato per questi pazienti.
Come sostengono tutte le associazioni, i progressi farmacologici, le cure e l'accoglienza riescono oggi ad innalzare di molto la qualità della vita e la durata della vita stessa per chi è sieropositivo o malato di Aids, ma non per chi è spinto ai margini e non ha possibilità di accesso alle terapie adeguate. Molto spesso la destinazione dei fondi per questi servizi non è controllata dagli enti pubblici, con il risultato che i costi finanziari ricadono sulle spalle di enti gestori come avviene in Campania. Le risorse pubbliche per un problema sociale risultano, cioè, ancora una volta sottodimensionate rispetto ai bisogni e al divario nord-sud.
La disinformazione e le inefficienze di politici e burocrazie fanno il resto.
Martina Lacerenza


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