E voi quanti vestitini avete?
E voi quanti vestitini avete?
Moda. Una proposta per dare i voti alle griffe responsabili
di Giorgio Fiorentini, professore associato presso il Dipartimento di analisi delle politiche e management pubblico
Il Social dressing è la proposta avanzata da Università Bocconi e l’assessorato alla moda della Provincia di Milano di creare un rating per valorizzare i prodotti del settore della moda (produzione e distribuzione) facendo percepire al cliente il valore aggiunto sociale generato. Moda sostenibile o moda sociale: denominazioni che testimoniano un’evoluzione di ciò che si considerava solo effimero e superficialmente estetico.
Oltre alla storica iniziativa Convivio (1992), il cui ricavato ha finanziato in modo consistente la ricerca scientifica della sindrome da hiv, si notano oggi sia politiche di responsabilità sociale delle imprese di moda (Cucinelli e il progetto Solomeo, Brums con il progetto Mamme ed altri) sia frequenti azioni di marketing legate a campagne sociali di alcune griffe, orientate al finanziamento di progetti nazionali ed internazionali oppure a tutela di beni comuni come l’ambiente o l’acqua.
Ne sono esempio Ferragamo con la shopping bag ecologica, la linea scarpe uomo a favore di Acumen Fund; Armani e Acqua di Giò con la campagna Acqua For Life, il progetto Goodie Bag di Coccinelle-Gruppo Menini a favore della Fondazione Rava, Fifty outlet group con il progetto Near:better shopping, better you; Carpisa a favore di Medici senza Frontiere. O ancora imprese sociali non profit che fanno ‘critical fashion’, per esempio Sartoria Sanvittore e Cangiari Alta Moda.
Queste e altre iniziative potrebbero essere ancor più valorizzate, se si creasse un rating che attesta l’efficacia del valore sociale unitamente al valore aziendale. E si uscirebbe così dal comune sentire che si tratti solo di meri artifici commerciali. In questa ottica si propone di creare una guida (cartacea, con applicazione su cellulare, su internet) la quale, dal 2012 fino all’Expo2015, attesti via via la relazione fra il mondo della moda (accessori, alta moda, calzature, distribuzione, prêt a porter, tessuti) e il sociale (principi etici e imprese sociali non profit).
Il Progetto “Sdressing”o “Social dressing” coniuga quindi con la moda temi centrali anche di Expo 2015, quali la sostenibilità della società e il business etico. Infatti, sviluppando un rating sociale per le imprese del settore e assegnando un numero variabile di ‘Vestitini della moda sociale’ (come rappresentazione simbolica) agli operatori del settore in funzione dell’autodichiarazione volontaria del proprio valore sociale (controllato anche tramite visite-controllo campione da parte di un advisory board) si può integrare il legittimo valore di marketing con quello dell’intervento sociale per il capitale sociale del sistema paese.
Il rating da comunicare al potenziale consumatore, e con l’Expo si stimano 30 milioni di visitatori, si basa su alcuni parametri: la tracciabilità della produzione, le donazioni a favore di non profit filantropiche e di ricerca scientifica, l’integrazione di personale di etnie diverse, il rapporto con il volontariato interno ed esterno (si veda Gucci con il progetto di employee volunteering).
Ed ancora la gestione di progetti di conciliazione e bilanciamento di vita e lavoro dei dipendenti, la preferenza per linee di fornitura a km zero con un approccio equo e solidale, il cambiamento della logistica della supply chain, l’impatto sociale generato sul territorio (in una logica anche di critical fashion).
A livello di rete distributiva il rating potrà essere esposto con una vetrofania all’entrata dei punti vendita (retail, outlet), stampato su lettere e buste, applicato ai prodotti in vendita e così via.
È, insomma, un modo nuovo e sociale di fare moda.
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di Giorgio Fiorentini, professore associato presso il Dipartimento di analisi delle politiche e management pubblico
Il Social dressing è la proposta avanzata da Università Bocconi e l’assessorato alla moda della Provincia di Milano di creare un rating per valorizzare i prodotti del settore della moda (produzione e distribuzione) facendo percepire al cliente il valore aggiunto sociale generato. Moda sostenibile o moda sociale: denominazioni che testimoniano un’evoluzione di ciò che si considerava solo effimero e superficialmente estetico.
Oltre alla storica iniziativa Convivio (1992), il cui ricavato ha finanziato in modo consistente la ricerca scientifica della sindrome da hiv, si notano oggi sia politiche di responsabilità sociale delle imprese di moda (Cucinelli e il progetto Solomeo, Brums con il progetto Mamme ed altri) sia frequenti azioni di marketing legate a campagne sociali di alcune griffe, orientate al finanziamento di progetti nazionali ed internazionali oppure a tutela di beni comuni come l’ambiente o l’acqua.
Ne sono esempio Ferragamo con la shopping bag ecologica, la linea scarpe uomo a favore di Acumen Fund; Armani e Acqua di Giò con la campagna Acqua For Life, il progetto Goodie Bag di Coccinelle-Gruppo Menini a favore della Fondazione Rava, Fifty outlet group con il progetto Near:better shopping, better you; Carpisa a favore di Medici senza Frontiere. O ancora imprese sociali non profit che fanno ‘critical fashion’, per esempio Sartoria Sanvittore e Cangiari Alta Moda.
Queste e altre iniziative potrebbero essere ancor più valorizzate, se si creasse un rating che attesta l’efficacia del valore sociale unitamente al valore aziendale. E si uscirebbe così dal comune sentire che si tratti solo di meri artifici commerciali. In questa ottica si propone di creare una guida (cartacea, con applicazione su cellulare, su internet) la quale, dal 2012 fino all’Expo2015, attesti via via la relazione fra il mondo della moda (accessori, alta moda, calzature, distribuzione, prêt a porter, tessuti) e il sociale (principi etici e imprese sociali non profit).
Il Progetto “Sdressing”o “Social dressing” coniuga quindi con la moda temi centrali anche di Expo 2015, quali la sostenibilità della società e il business etico. Infatti, sviluppando un rating sociale per le imprese del settore e assegnando un numero variabile di ‘Vestitini della moda sociale’ (come rappresentazione simbolica) agli operatori del settore in funzione dell’autodichiarazione volontaria del proprio valore sociale (controllato anche tramite visite-controllo campione da parte di un advisory board) si può integrare il legittimo valore di marketing con quello dell’intervento sociale per il capitale sociale del sistema paese.
Il rating da comunicare al potenziale consumatore, e con l’Expo si stimano 30 milioni di visitatori, si basa su alcuni parametri: la tracciabilità della produzione, le donazioni a favore di non profit filantropiche e di ricerca scientifica, l’integrazione di personale di etnie diverse, il rapporto con il volontariato interno ed esterno (si veda Gucci con il progetto di employee volunteering).
Ed ancora la gestione di progetti di conciliazione e bilanciamento di vita e lavoro dei dipendenti, la preferenza per linee di fornitura a km zero con un approccio equo e solidale, il cambiamento della logistica della supply chain, l’impatto sociale generato sul territorio (in una logica anche di critical fashion).
A livello di rete distributiva il rating potrà essere esposto con una vetrofania all’entrata dei punti vendita (retail, outlet), stampato su lettere e buste, applicato ai prodotti in vendita e così via.
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