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Epatite C, via libera al rimborso AIFA per boceprevir e telaprevir

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Epatite C, via libera al rimborso AIFA per boceprevir e telaprevir Empty Epatite C, via libera al rimborso AIFA per boceprevir e telaprevir

Messaggio Da Gex Dom 5 Ago - 20:51

05 agosto 2012



L'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha dato il via libera alla rimborsabilità di due nuovi farmaci per la cura dell'Epatite C. Il Comitato Prezzi e Rimborso (CPR) dell'Aifa ha infatti ammesso alla rimborsabilità a carico del Servizio Sanitario Nazionale i due nuovi farmaci boceprevir e telaprevir.

L'iter per la commercializzazione dei due medicinali proseguirà con la ratifica della decisione da parte del CdA AIFA e la successiva pubblicazione dei provvedimenti in Gazzetta Ufficiale. L'utilizzo di questi farmaci sarà monitorato tramite Registri AIFA.

Boceprevir e Telaprevir appartengono alla nuova classe degli inibitori della proteasi, farmaci per uso orale attivi contro il virus dell'epatite C (HCV) ed efficaci anche nelle forme resistenti alla terapia tradizionale.

Boceprevir, che verrà messo in commercio con il marchio Victrelis, è un inibitore della proteasi HCV NS3. Boceprevir si lega in modo covalente, ma reversibile, al sito attivo della serina proteasi NS3 (Ser139) tramite un gruppo funzionale (alfa)-chetoamidico e inibisce così la replicazione virale nelle cellule ospiti infettate da HCV.

Telaprevir, che verrà messo in commercio con il marchio Incivo, è un inibitore strutturale delle serina proteasi NS3 4A dell’HCV, essenziale per la replicazione virale.

''Si tratta - rileva l'Aifa in una nota - di una decisione di grande importanza per la salute dei pazienti affetti da questa grave patologia a cui le Commissioni Tecniche AIFA sono giunte immediatamente dopo la ripresa dei lavori seguita alle nomine dei nuovi componenti''.

Si tratta dei primi due nuovi trattamenti per l'epatite C comparsi negli ultimi 20 anni e gia' approvati, lo scorso anno, dall'ente regolatorio americano per i farmaci, la Food and Drug Administration.

Epatite C
L’Epatite C è un’infiammazione del fegato causata da un virus denominato hepacavirus (HCV) che, attraverso l’attivazione del sistema immunitario, provoca la morte delle cellule epatiche (necrosi epatica). Le cellule epatiche distrutte dal virus sono sostituite da un tessuto di cicatrizzazione, con la comparsa di noduli e di cicatrici che determinano la perdita progressiva della funzionalità del fegato. Come la B, infatti, anche l’Epatite C può cronicizzare, trasformandosi in una patologia di lunga durata. A seguito del contagio, circa il 60-70% degli individui diventa portatore cronico del virus. Ciò significa che anche un’incidenza relativamente modesta dell’infezione contribuisce ad alimentare efficientemente il pool dei portatori cronici del virus.

L’hepacavirus responsabile dell’Epatite C è stato identificato nel 1989, attraverso tecniche di biologia molecolare che hanno isolato un singolo clone di DNA complementare, ma la sua esistenza era stata già stata scoperta negli Anni ’70, poiché determinava una forma di epatite chiamata, infatti, non-A, non-B. Successivamente sono state identificate sette varianti virali dell’HCV, con diverso genotipo, numerati da 1 a 7, e oltre 90 sub‐tipi, nominati con lettere.
Il genotipo 1, responsabile di circa il 60% delle infezioni globali e diffuso prevalentemente nel Nord America (1a) e in Europa (1b), ha dimostrato di essere il più difficile da trattare con successo.

La condivisione di aghi o siringhe è a tutt’oggi il maggior fattore di rischio di contrarre la malattia. Ma non è il solo. Altri fattori includono il tatuaggio e il body piercing eseguiti in ambienti non igienicamente protetti o con strumenti non sterilizzati; la trasmissione dell’infezione per via perinatale al proprio figlio; la trasfusione di sangue non sottoposto a screening; tagli/punture con aghi/strumenti infetti in contesti ospedalieri; ma anche la condivisione dei dispositivi per l’assunzione di droghe inalabili e di spazzolini dentali o spazzole da bagno contaminati, se utilizzati in presenza di minime lesioni della cute o delle mucose.
Anche se l’Epatite C non è facilmente trasmissibile attraverso i rapporti sessuali, rapporti non protetti, anche con più partner, sono associati a un rischio maggiore di contrarre l’HCV.

Si stima che al mondo le persone affette siano 170 milioni e che ogni anno vengono infettati tra i 3 e i 4 milioni di individui. L’infezione cronica da HCV può provocare il carcinoma epatico o altre gravi patologie epatiche, a volte fatali. Si calcola, infatti, che circa un quarto dei trapianti di fegato, realizzati nel 2004 in 25 Paesi europei, sia attribuibile all’HCV.

La terapia standard riconosciuta per l’infezione da HCV è a base di interferone pegilato in associazione a ribavirina, anche se questa è in grado di guarire il 40-50% dei pazienti con il genotipo 1.

L’epatite C rappresenta un peso rilevante per i pazienti e per la società. La WHO stima che, nel 2002, in Europa l’infezione da HCV è stata la causa di più di 86mila decessi, inoltre 1,2 milioni di persone hanno un’aspettativa di vita ridotta (il 95% dei quali negli stadi iniziali della malattia) a causa della disabilità provocata dalla patologia.

L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di persoe positive al virus dell'Epatite C. Circa il 3% della popolazione italiana è entrata in contatto con l'HCV e il 55% dei soggetti con HCV è infettata dal genotipo 1.
Nel nostro Paese i portatori cronici del virus sono circa 1,6 milioni, di cui 330.000 con cirrosi epatica: oltre 20.000 persone muoiono ogni anno per malattie croniche del fegato (due persone ogni ora) e, nel 65% dei casi, l’Epatite C risulta causa unica o concausa dei danni epatici. A livello regionale il Sud è il più colpito: in Campania, Puglia e Calabria, per esempio, nella popolazione ultra settantenne la prevalenza dell'HCV supera il 20%.

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