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Virus Hiv, Sos per Est Europa e crisi

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Messaggio Da Gex Mar 20 Mar - 23:03

"Nell'Ue troppi sieropositivi inconsapevoli"
Medici, ricercatori e associazioni riuniti a Copenaghen per la conferenza biennale sulla situazione in Europa. Gli allarmi riguardano soprattutto l'ex Urss per l'assenza di campagne di prevenzione e cura e i Paesi colpiti dalla recessione a causa dei tagli alla sanità

COPENAGHEN - "Oggi l'accesso a un trattamento per l'Hiv in Malawi è migliore di quanto sia possibile a San Pietroburgo". Non usa mezzi termini Jens Lundgren, virologo all'Università di Copenaghen e copresidente della conferenza biennale "Hiv in Europe", voluta dall'Unione europea, in corso di svolgimento nella capitale danese. Ricercatori, clinici, organismi sovranazionali (dal globale Oms al paneuropeo Ecdc, centro per il controllo e prevenzione delle malattie), ong e società civile parlano di un'Europa divisa dall'accesso ai farmaci antiretrovirali e dai programmi di screening. Un allarme, poi, è lanciato per l'Est europeo, fuori controllo, e per Paesi dell'Ue come il Portogallo o la Grecia, alle prese con tagli "selvaggi" al sistema sanitario.

La Russia ignora il problema - Dal 2001 a oggi in Russia, Ucraina e Bielorussia le persone che convivono con l'Hiv sono triplicate e la mortalità aumentata: l'incremento dei sieropositivi nel 2010 è stato del 250% (da 400mila a 1,5 milioni nel 2010, secondo Unaids). E' un'emergenza che riguarda anche il resto d'Europa, in un mondo dove le distanze si annullano, le frontiere divengono inesistenti e la mobilità è elevata. "Questioni assai diverse sono quelle legate alla crisi economico-finanziaria, come in Portogallo, Grecia, Irlanda o anche in Italia, dove, comunque, i sistemi sanitari esistono e funzionano; al contrario - insiste Lundgren - in Russia non se ne fanno proprio un problema, non esistono di fatto programmi di prevenzione e presa in carico per le cure".

Abbassare i prezzi per curare tutti - Il Forum della società civile (Aids Action Europe; European Aids Treatment Group) durante la Conferenza richiama l'Unione europea all'accesso universale al trattamento antiretrovirale contro i tagli in sanità, lanciando un ulteriore allarme sulle interruzioni delle cure (pericolose anche per il formarsi di sacche di resistenza ai farmaci). La questione dei prezzi dei farmaci è messa nel mirino, con particolare attenzione alle diverse compatibilità economiche dei Paesi membri: "Bisogna ridurre i prezzi per mantenere e aumentare i trattamenti antiretrovirali", dicono Anna Zakowicz e Lella Cosmaro del Forum.

Il caso Italia - In un panorama così difficile, all'Italia viene riconosciuto il merito di essere il primo Paese dell'Unione europea ad avere adottato (da pochissimo, ma ora si tratta di metterlo in pratica) il documento di consenso sul test per l'Hiv, sollecitato dall'Ue a tutti i Paesi membri. Si tratta di indicazioni guida, elaborate da società scientifiche e associazioni dei pazienti, su come e chi deve fare i test (gruppi a rischio e nuovi indicatori che lo consigliano).

40mila malati di Aids - Matteo Schwarz, di Nps Italia onlus, ne ha parlato a conclusione dei lavori a Copenaghen con una relazione su "Diagnosi precoce, cure precoci: il caso Italia". Con circa 150mila persone sieropositive, circa 40mila malati di Aids, si stima che anche da noi un terzo dei soggetti coinvolti (ma per l'Europa si parla di un 50%) non sappiano di avere un'infezione da Hiv in corso per il fatto che spesso è asintomatica. Gli "inconsapevoli" sono considerati delle vere mine vaganti per la diffusione del contagio. Il primo passo, per l'individuo ma anche nell'ottica della sanità pubblica, è cercare di fare i test e prendersi cura delle persone attraverso gratuità e facilità di accesso ai servizi sanitari.

Perché i casi non diminuiscono - "Ma non confondiamo comunque il bisogno di individuare precocemente la sieropositività con la prevenzione: condom e programmi di informazione - accusa Schwarz - da troppo tempo sottovalutati o censurati, spiegano anche perché non si ha da anni un decremento di nuovi casi. E i più giovani sono le vittime". Critico è infatti l'aspetto relativo ai minori, in particolare i cosiddetti "grandi minori" (tra i 16 e i 18 anni). Al contrario di quanto avviene, per esempio, in Danimarca o anche negli Usa (dove dai 13 anni ai 64 le autorità raccomandano test per coloro che si presentano per motivi vari a una struttura sanitaria), in Italia i ragazzi possono eseguire i test Hiv solo con il consenso dei genitori. Un problema di non facile soluzione, nonostante molti servizi e centri abbiano trovato da soli intelligenti compromessi. Senza mai dimenticare il counseling e il percorso da fare quando si propone un test che può "segnare" per tutta la vita.

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