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Messaggio Da Gex Ven 12 Ago - 18:07

I nuovi Archimede della salute
idee low cost al servizio dell'Africa
Dal chip per diagnosticare Hiv e sifilide all'elmetto che legge i segnali cerebrali: un viaggio tra chi usa l'ingegno per ricostruire con pochi spiccioli le strumentazioni dei paesi ricchi. E combattere infezioni, tumori e malattie mentali dove finora non era possibile
di GIULIA BELARDELLI

Il chip sviluppato dalla Columbia per diagnosticare Hiv e sifilide
QUANDO HANNO tra la mani un dispositivo tecnologico – che si tratti di uno smartphone, una console o addirittura un elmetto per la realtà virtuale – il loro primo pensiero è uno: come trasformare quell'oggetto nato per rendere i nostri giorni un po' più piacevoli in qualcosa in grado di salvare vite umane? Sono gli Archimede della salute globale, una schiera di ricercatori animati dalla convinzione che la tecnologia, mobile e non solo, possa riempire almeno in parte il vuoto di infrastrutture e personale sanitario che spesso affligge i paesi in via di sviluppo.

L'INTERVISTA "Così rivoluzioniamo la medicina" 1

La maggior parte dei progetti arriva dagli Stati Uniti ed è già in fase di sperimentazione in diversi paesi dell'Africa. Ecco un assaggio delle idee più innovative, dal chip in grado di diagnosticare Hiv e sifilide alle cuffie per leggere i segnali cerebrali.

Il chip che analizza il sangue. Il circuito integrato a microfluidi messo a punto da Samuel Sia 2, ricercatore della Columbia University, costa appena dieci centesimi ed è capace di diagnosticare l'Hiv, la sifilide e altre infezioni nel giro di un quarto d'ora. La tecnologia utilizza piccole cialde per manipolare nanolitri di fluido così da innescare una sequenza di reazioni chimiche.

L'invenzione, descritta pochi giorni fa su Nature Medicine 3, non necessità di elettricità né di dispositivi ottici per la lettura, e può quindi essere usata anche in zone remote. Basta prelevare un microlitro di sangue per avere risultati della stessa accuratezza di quelli condotti in laboratorio. Il chip è già stato testato a Kigali, la capitale del Rwanda, con esiti positivi. L'obiettivo di Sia e dei suoi colleghi è di dotare il maggior numero possibile di cliniche prenatali in Africa della loro minuscola creazione.

Neurologia a distanza. Al Children's Hospital di Boston 4, invece, c'è chi si sta ingegnando per alleviare la sofferenza mentale in nazioni come la Sierra Leone, dove la diagnosi dei disturbi neurologici e psichiatrici è pressoché impossibile. William Bosl, esperto in neuroinformatica, è convinto che utilizzando elmetti per la realtà virtuale come quelli sviluppati da Emotiv Epoc 5 sia possibile inviare - tramite cellulare - i segnali elettrici cerebrali a una sede centrale, cui spetterebbe poi il compito di interpretarli.

“Questi caschetti per elettroencefalogramma – spiega Bosl a Repubblica.it – possono essere usati anche in zone lontane dalle città: si ricaricano come un telefono cellulare e il segnale può essere inviato attraverso uno smartphone per essere poi salvato in un sistema elettronico”. Nei paesi in via di sviluppo uno strumento del genere potrebbe rivelarsi estremamente utile per disturbi neurologici di base come l'epilessia, in cui il significato dei segnali è chiaro ma mancano le strutture e il personale necessario. “Con una cuffia EEG – ha proseguito il ricercatore – i dati potrebbero essere raccolti da volontari, operatori e infermieri. L'interpretazione avverrebbe altrove, senza bisogno di allestire vere e proprie unità di neurologia”.

Carta per salvare il fegato. Un altro esempio di progetto innovativo per la salute globale è il test di carta elaborato da Diagnostics for All 6, una startup no profit con base a Cambridge. In questo caso i ricercatori sono partiti da un materiale povero come la carta per creare uno strumento capace di valutare il livello di danneggiamento del fegato in pazienti sottoposti a terapie antiretrovirali o curati con farmaci contro la tubercolosi.

Il test si presenta come un piccolo pacchetto plastificato di strati di carta, le cui dimensioni ricordano quelle di un francobollo. Un sistema di filtri e reagenti fa sì che una singola gocciolina di sangue basti a 'comunicare' tramite una particolare gradazione di colori il livello di sofferenza del fegato, un indicatore che nei paesi ricchi viene costantemente tenuto sotto controllo durante i trattamenti per Hiv e Tbc. Anche qui il costo del test è di pochi centesimi: basterebbe darlo ai singoli operatori e volontari sul campo per conoscere in pochi minuti la tossicità epatica dei farmaci per il paziente.

Combattere i tumori low cost. Una sfida ancora più grande è quella intrapresa da alcuni ricercatori della Rice University di Houston 7 (Texas): costruire sistemi di diagnostica ottica dei tumori che siano al tempo stesso economici, portatili e relativamente facili da usare. Per molto tempo il problema della diagnosi dei tumori nei paesi in via di sviluppo è stato offuscato da drammi più impellenti, ma ora che le aspettative di vita stanno aumentando è chiara la necessità di nuove soluzioni di screening.

Va in questa direzione la ricerca di Mark C. Pierce e Rebecca Richards-Kortum, due esperti di bioingegneria che stanno creando versioni economiche e a batterie di una serie di metodi diagnostici tipicamente costosi, come la tomografia ottica a coerenza di fase e la microscopia confocale. “Oggi - spiegano i ricercatori in un articolo 8 - più del 70 per cento delle morti per tumore avviene in paesi con redditi medi o bassi, con l'80 per cento dei pazienti che arriva alla diagnosi in uno stadio già avanzato. Solo l'introduzione di sistemi economici per l'imaging tumorale potrà contribuire a cambiare queste percentuali”.

Per la conservazione dei dati, gli Archimede della salute globale puntano gli occhi sul cloud computing 9 (la nuvola dell'immagazzinamento di cui tanto si parla), talvolta con il sostegno dei grandi dell'informatica.

Un esempio è il progetto anti-malaria lanciato qualche settimana fa in Botswana, frutto della collaborazione tra Hewlett-Packard 10 e l'organizzazione non profit Positive Innovation for the Next Generation 11(Ping). Scopo dell'iniziativa è migliorare la prevenzione contro le epidemie di malaria, utilizzando il cloud computing per immagazzinare ed elaborare dati geo-taggati raccolti via smartphone direttamente dagli operatori sul campo.

Per quanti non ne avessero abbastanza, il consiglio è di fare un giro sul sito di D-Lab Health 12, il laboratorio del Massachusetts Institute of Technology (il Mit di Boston) dedicato allo sviluppo di tecnologie mediche per la salute globale. Qui ogni anno la fantasia degli studenti si traduce in dispositivi dai nomi surreali (Monicor, Nososano e Ambuzap, tanto per citarne alcuni) ma capaci di fare la differenza laddove le più grandi organizzazioni umanitarie non erano ancora riuscite a portare un defibrillatore.

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